Gesù, uomo del lavoro
IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, NELLA SECONDA PARTE, APPROFONDISCE LE VARIE REALTÀ SOCIALI CON LE QUALI L’UOMO ENTRA IN CONTATTO E, DOPO AVER PARLATO A LUNGO DELL’IMPORTANZA DELLA FAMIGLIA, PRESENTA NEL CAPITOLO SESTO IL RILIEVO DEL LAVORO UMANO PER L’EDIFICAZIONE DEL BENE COMUNE E PER L’OPERA DI SANTIFICAZIONE PERSONALE (CFR. NN. 255-322)
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Di Don Gian Maria Comolli*
Il Signore Gesù esorta l’uomo ad apprezzare e stimare il lavoro che egli stesso ha esercitato da adolescente, da giovane e da adulto, prima come carpentiere nella bottega di Giuseppe (cfr. Mt. 13,55; Mc. 6,3), in seguito con la predicazione. Trattando del lavoro il Cristo da una parte condanna il fannullone (cfr. Mt. 25,14-30) ma, dall’altra, biasima anche chi si lascia asservire dal lavoro (cfr. Mt. 6,27), preoccupandosi unicamente di quello e, di conseguenza, del profitto, dimenticando di orientare la pienezza della propria vita alla salvezza eterna. Ebbene, il lavoro, «rappresenta una dimensione fondamentale dell’esistenza umana come partecipazione non solo all’opera della creazione, ma anche della redenzione» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 263). Questa coscientizzazione trasforma il lavoro in un mezzo di santificazione animando le realtà terrene nello Spirito di Cristo (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2427).
Il lavoro, per il Compendio della DSC, assume un alto significato valoriale, infatti «con il lavoro e la sua laboriosità, l’uomo, partecipe dell’arte e della saggezza divina, rende più bello il creato, suscita quelle energie sociali e comunitarie che alimentano il bene comune» (n. 266). In altre parole, come affermava sant’Ambrogio Vescovo (339/340-397), «il lavoro umano, è la mano di Cristo che continua a creare e a fare del bene».
Di conseguenza, la persona, ha il dovere di lavorare ma anche il diritto a una giusta retribuzione. Il discepolo del Signore Gesù può offrire al lavoro dei surplus: trasformarlo in opportunità di testimonianza e arricchirlo di religiosità e spiritualità come ricordato da san Benedetto da Norcia (480-547) nel motto: “Ora e labora”.
La seconda parte del Compendio della DSC rimanda ad alcune idee già sottolineate nella prima enciclica sociale, la Rerum novarum di Papa Leone XIII, pubblicata in un periodo storico durante il quale la “questione operaia” era complessa essendo i lavoratori costretti a sottostare a incresciose situazioni, privi di garanzie e diritti fondamentali.
La Rerum novarum ha costituto, durante tutto il XX secolo, il riferimento da cui sono partiti i Pontefici nel proporre riflessioni sulle dinamiche economico-sociali riguardanti i rispettivi periodi storici. Ciò è avvenuto, prevalentemente, in occasione degli anniversari della sua pubblicazione. Della fondamentale enciclica di Papa Pecci ho già parlato, rimando quindi all’articolo: Le Encicliche sociali: il percorso storico della Dottrina Sociale della Chiesa.
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*Don Gian Maria Comolli, ordinato sacerdote nel 1986, da trent’anni è cappellano ospedaliero. Dopo aver conseguito un dottorato in Teologia, una laurea in Sociologia ed aver frequentato diversi master e corsi di perfezionamento universitari, attualmente collabora con l’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano ed è segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia.
Testo pubblicato per gentile concessione dell’autore (tratto dal blog: www.gianmariacomolli.it).