Speranza, Boccia, Zan & company: quando la politica abiura al proprio ruolo

Speranza, Boccia, Zan & company: quando la politica abiura al proprio ruolo

UNA SINISTRA CHE METTE TRA LE SUE PRIORITÀ IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, IUS SOLI, VOTO AI SEDICENNI, DDL ZAN E DONNISMI VARI: SÌ PERCHÉ NON IMPORTA CHE IL PAESE SIA SULL’ORLO DEL BARATRO, QUELLO CHE CONTA È CHE ENRICO LETTA, UOMO DELLA PROVVIDENZA DEL PD, PORGA I SUOI AUGURI PER LA FESTA “DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI” (MALEDETTI LATINI MISOGINI!). LA FUFFA PRIMA DI TUTTO.

Di Dalila di Dio

«L’ITALIA È UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO. Buona festa dei lavoratori e un augurio speciale a chi un lavoro non ce l’ha ancora, a chi lo sta cercando, a chi non è abbastanza tutelato, a chi sta passando un momento di difficoltà. Buon 1° maggio»: con queste parole l’ex Ministro Francesco Boccia, alto dirigente del Partito Democratico, ha celebrato ieri la “Festa dei Lavoratori”, secondo primo maggio dell’era Covid.

Auguri a chi un lavoro non ce l’ha ancora, a chi lo sta cercando, a chi non è abbastanza tutelato e a chi sta passando un momento di difficoltà. Nessun augurio a chi il lavoro ce lo aveva e lo ha perso per causa sua e di quella scellerata accozzaglia di Governo – il Conte bis – di cui non ha mai nascosto di intestarsi la paternità (noi diremmo la colpa, ma tant’è), che con le sue mirabolanti politiche fatte di chiusure e chiusure e ancora chiusure, ha decretato una tragedia socio economica senza precedenti. Nessuna menzione per quegli imprenditori piegati da una politica cieca, incapace di elaborare strategie efficaci e di mettere in campo soluzioni per minimizzare i rischi consentendo al tessuto produttivo del Paese di non essere immolato sull’altare della salute.

«Sono nervoso al pensiero di qualsiasi aggregazione di più di due persone, mi turba persino veder passare le automobili per strada» scriveva il Ministro della Salute Roberto Speranza nel suo libro “Perché guariremo”, destinato a diventare il più venduto nella storia, tra quelli ritirati dalle librerie: che non fosse un’idea geniale lasciare la gestione della più grave crisi degli ultimi 70 anni in mano al Ministro delle chiusure era chiaro sin dal principio.

Queste sue parole lo hanno solo confermato: nessun contemperamento di interessi, nessuna razionalità, scelte animate dalla paura (anche quella di assumersi la responsabilità di scegliere), #LaScienza delegata a prendere decisioni: chiudere come unica risposta, la politica che abdica in favore dei tecnici. La politica che abiura al proprio ruolo.

E poi un susseguirsi di protocolli tardivi e raffazzonati, clientelismo, incapacità gestionale, una campagna vaccinale disastrosa (almeno fino alla nomina del Generale Figliuolo), prese di posizioni incomprensibili – come l’insistere su “tachipirina e vigile attesa”, ancora oggi, nonostante le contrarie evidenze scientifiche – e aprioristiche come la conferma dell’assurdo coprifuoco, su cui pure #LaScienza si è chiamata fuori, ma che serve a non darla vinta alla Lega, compagno di Governo ma pur sempre avversario politico.

Ad oggi, centoventimila morti, un milione di posti di lavoro persi, oltre settantamila imprese chiuse ed una pioggia di inchieste: Speranza, però, è sempre al suo posto. Forse perché lui, quello che si turba a veder passare le automobili per strada, aveva capito tutto già molti mesi fa: il covid è un’opportunità per ristabilire l’egemonia culturale della sinistra, scriveva.

Una sinistra che criminalizza ristoratori e partite IVA, accusate di essere evasori fiscali seriali. Una sinistra che punta il dito sui manifestanti “senza mascherina”, che si scalda per la cittadinanza a Zaki e per il perdono ai terroristi rossi che sì, avranno anche sbagliato ma sono passati 40 anni (era un momento differente, direbbe la Senatrice Taverna).

Una sinistra che «non importa se hai una laurea e un bagaglio di competenze acquisito in anni di lavoro. Guarda che brava Laura, ingegnere che si è riciclata raccoglitrice di pomodori!». Una sinistra che mette tra le sue priorità immigrazione clandestina, ius soli, voto ai sedicenni, DDL Zan e donnismi vari: sì perché non importa che il Paese sia sull’orlo del baratro, quello che conta è che Enrico Letta, uomo della provvidenza del PD, porga i suoi auguri per la festa “delle lavoratrici e dei lavoratori” (maledetti latini misogini!).

La fuffa prima di tutto.

Nessuno che abbia il coraggio di alzarsi ed ammettere che sì, qualcosa è andato storto, che alcune scelte sono state sbagliate, alcune decisioni intempestive, che non eravamo pronti come ci raccontavano a febbraio dell’anno scorso, che il disastro a cui stiamo assistendo è frutto anche di errori della politica.

Nessuno che chieda scusa al Popolo per gli errori – tanti e gravissimi – commessi nell’ultimo anno. Nessuno che si assuma la benché minima responsabilità. Tutti in fila, ordinati e composti, con le loro belle frasi preconfezionate, una per ogni occasione: e se ieri abbiamo festeggiato la libertà in assenza di libertà, oggi non si negano a nessuno due paroline su quanto siano belli e buoni i lavoratori: e pazienza se ce ne sono un milione in meno, si arrangeranno.

Non è mica colpa della loro inettitudine politica. È colpa del covid.

 

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