Perché il Premio Nobel Vargas Llosa ha deciso di appoggiare la candidata della destra Keiko Fujimori alle presidenziali del Perù
IN PIENA PANDEMIA IL PAESE ANDINO NON HA RINUNCIATO ALL’ESERCIZIO DEMOCRATICO, PUR IN UNO SCENARIO DI GRANDE INCERTEZZA E CRISI, CONFERMATO ANCHE DALL’ELEVATO NUMERO DI CANDIDATI CHE SI SONO PRESENTATI AL PRIMO TURNO (DICIOTTO). CON OLTRE IL 70% DI AFFLUENZA ALLE URNE, IL POPOLO ANDINO HA COMUNQUE MANDATO AL BALLOTTAGGIO L’OUTSIDER DI ESTREMA SINISTRA PEDRO CASTILLO CON IL 19% DEI VOTI E KEIKO FUJIMORI, LEADER DI DESTRA E FIGLIA DELL’EX PRESIDENTE-DITTATORE ALBERTO (13%)
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Di Giuseppe Brienza
La figlia dell’ex-presidente del Perù Alberto Fujimori, Keiko, leader del movimento di destra Fuerza Popular, andrà al ballottaggio il prossimo 6 giugno contro il maestro e sindacalista Pedro Castillo, sostenitore dei regimi comunisti di Maduro in Venezuela e di Morales in Bolivia. Se Castillo sarà eletto presidente della Repubblica andina, imporrà lo stravolgimento della Costituzione annunciato in campagna elettorale nazionalizzando l’intera economia nazionale.
Keiko Fujimori, dal canto suo, sconta la cattiva fama del padre, attualmente in galera, ma anche i meriti del suo governo presidenziale del passato. Alberto Fujimori, infatti, con metodi sicuramente discutibili e penalmente rilevanti, ha sconfitto la terribile inflazione lasciatagli dal precedente Presidente Alan García ed ha anche tagliato gli artigli ai gruppi terroristi rossi di Sendero Luminoso. Per le sinistre ed i suoi avversari feroce dittatore, Fujimori è stato quindi costretto alle dimissioni nel 2000 e, nel 2009, è stato condannato a 25 anni di reclusione per 25 omicidi compiuti dai paramilitari legati ai servizi segreti durante il suo governo, divenuti poi 32 anni dopo un’altra condanna per corruzione e uso di fondi pubblici a fini illeciti. Dallo scorso marzo, infine, è partito contro di lui un ulteriore processo per la sterilizzazione forzata di 350.000 donne povere peruviani, con fondi dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (Usaid) e l’appoggio dell’Onu e dell’Oms.
Al primo turno delle presidenziali, che si è tenuto l’11 aprile, il candidato comunista si è assicurato un vantaggio di quasi 6 punti percentuali rispetto alla Fujimori (19,06% contro 13,36%). Grazie al recente appoggio a sorpresa incassato dalla leader della destra da parte del Premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa, però, il distacco potrebbe attenuarsi fino al sostanziale pareggio alla vigilia delle urne. Stando a quanto dicono i risultati dei sondaggi sulle intenzioni di voto, la distanza fra i due candidati al secondo turino delle presidenziali si è ridotta al 10% (la leader di Fuerza Popular ha il 34% delle intenzioni di voto contro il 44% di Castillo).
Vargas Llosa, considerato tra i maggiori scrittori di lingua spagnola del Novecento e con un passato filocomunista, ha invitato a votare per Keiko perché «male minore» rispetto alle prospettive collettiviste di una presidenza Castillo. In passato tutti i candidati appoggiati da Vargas Llosa hanno vinto e, il suo editoriale pubblicato dal giornale messicano Crónica e poi rilanciato anche da altre testate, presente un titolo davvero eloquente: “Avvicinandosi all’abisso”.
Rimasto in silenzio durante la campagna elettorale, Vargas Llosa prevede che un governo di Castillo diventerebbe «la copia di quello del Comandante Chávez in Venezuela, che ha obbligato più di cinque milioni di venezuelani a emigrare nei paesi vicini per non morire di fame». Ricordando inoltre che «i due maestri» del sindacalista comunista sono il boliviano Evo Morales, il quale secondo alcune indiscrezioni potrebbe avere persino finanziato la sua candidatura, e l’ecuadoriano Rafael Correa, lo scrittore si dice sicura che la società voluta da Castillo avrebbe «tutte le caratteristiche di una società comunista in una epoca in cui – i peruviani che hanno votato per lui non sembrano ancora essersene resi conto – il comunismo è scomparso dal pianeta, con le eccezioni più orripilanti, cioè Cuba, Venezuela, Nicaragua e Corea del Nord». E c’è pure il rischio che per fermarlo sarà in futuro necessario un golpe che farebbe «retrocedere il paese in maniera barbara».
Di fronte a questo abisso c’è la chance di Keiko Fujimori, perché «con lei al potere ci sono maggiori possibilità di salvare la nostra democrazia, mentre con Pedro Castillo non ne vedo nessuna».
In cambio del suo appoggio, Vargas Llosa chiede a Keiko di accettare alcune condizioni, come quella di rispettare la libertà di espressione, non espellere né cambiare i giudici ed i procuratori e, soprattutto, «indire elezioni a fine mandato, tra cinque anni».
Secondo Álvaro Vargas Llosa, figlio del Premio Nobel, la leader di destra avrebbe letto l’editoriale del padre e si sarebbe subito messa in contatto per accettarne le “condizioni”. La stessa Fujimori l’ha confermato in un comizio con queste parole: «Ringrazio e mi compiaccio del sostegno dello scrittore Mario Vargas Llosa perché in questo momento non stiamo solo sfidando la pandemia e la fame, ma anche il comunismo».
Le quotazioni della leader della destra peruviana sono ulteriormente salite perché ieri, durante un evento a Villa El Salvador (Lima), Keiko ha presentato al pubblico l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze (dal 2006 al 2009) Luis Carranza come suo responsabile economico. Carranza, 54 anni è un economista di fama mondiale con alle spalle un curriculum di studi di tutto rispetto. Due lauree alla Pontificia Universidad Católica del Perú (una in Scienze Sociali con indirizzo economico, l’altra in Economia), un dottorato in economia conseguito in una delle migliori università degli Stati Uniti (University of Minnesota), lo abilitano sicuramente, come assicurato dalla stessa Fujimori, di «riattivare la nostra economia e aiutarci ad allontanare lo spettro del comunismo».
Oggi alle 13 nella Plaza de Armas a Chota (Cajamarca) è previsto il primo confronto pubblico fra i due candidati, secondo le regole di garanzia stabilite dalla Giuria Nazionale delle Elezioni (JNE). L’appuntamento, però, è ancora in forse per il perdurante rifiuto dello staff di Castillo di accettare in tutto e per tutto le regole codificate dal JNE. Circostanza, questa, che non depone certo a favore del leader comunista e, tutto fa pensare, che sia che si tenga sia che sia all’ultimo annullata, ma dalla sfida di Plaza de Armas potrebbero conseguire importanti cambiamenti dei “rapporti di forza” elettorali fra i due sfidanti.