La vera “Bestia” è la tecnica, che sta sfuggendo al controllo dell’uomo
IL NUOVO TEMPO E L’APOCALISSE DELL’UMANITÀ
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Di Francesco Bellanti
Stiamo entrati in un tempo decisivo, dal quale forse non usciremo più. Niente sarà come prima. Vivremo in spazi e in tempi diversi, a noi estranei, cambieranno le nostre solitudini, il nostro approccio con l’amata compagnia. Cambieranno i nostri sentimenti, le nostre abitudini, i nostri sogni, cambierà la nostra percezione degli eventi. Cambieranno i nostri progetti, le nostre aspettative. Vivremo in spazi sempre più esigui e insicuri, in preda al terrore e all’angoscia.
Vivremo, come in un mondo kafkiano, in una tana in attesa del nemico invisibile, dove si consumerà un destino di solitudine che già avvolge l’uomo moderno, come animali in preda alla disperazione correremo in tutte le direzioni senza meta, dentro la nostra tana. Nemmeno il più perfetto complesso sistema di corridoi, di gallerie e labirinti, di grotte e di caverne servirà a difenderci contro un nemico esterno indefinibile, arcano, misterioso, oscuro, che può giungere da un momento all’altro, silenzioso, perché in realtà il nemico siamo noi, è la nostra paura che si trasforma in angoscia, la minaccia siamo noi, e con questa dobbiamo fare i conti, con la nostra angoscia che ci conduce solo alla deriva di una solitudine che mai ci darà pace.
Siamo stati noi, siamo noi a creare questa angoscia. Nessun vaccino, nessuna mascherina ci salverà. Questo tempo passerà di calamità in calamità, tempo di sciagura, di disastro, di catastrofe. Vivremo come nel Medioevo, dove ad ogni calamità vedevano davanti a loro il baratro della fine, e anche noi vedremo sempre spuntare la Bestia o il Demonio o l’Anticristo da ogni oscuro recesso o dal mare, ma – lo ripeto – la vera Bestia siamo noi, la Bestia è la tecnica che sta sfuggendo al controllo dell’uomo, sta distruggendo la natura.
Si apriranno davanti a noi territori metafisici, spazi mai abitati prima, destini mai annunciati dalla storia. È l’Apocalisse, l’epoca che sigilla i secoli e i millenni. Il mondo domani sarà altro, e non sappiamo nemmeno se sarà quello definitivo. Ci siamo fatti trovare smarriti, impreparati, non abbiamo saputo cogliere il vento della storia che giunge sempre annunciandosi anche da lontano con tutta la sua tragica grandezza. Milioni di esseri umani muoiono in ogni parte del mondo.
In questo momento, non sappiamo quale sarà il nostro destino individuale, quello dell’Europa, del mondo. Non sappiamo che cosa sia stato responsabile di questa catastrofe, se un incidente di laboratorio, o un virus uscito da un vampiro o pipistrello, o da una cospirazione mondiale. Tutto è oscuro, non si vedono all’orizzonte spiragli di salvezza, politici capaci, da quasi un anno e mezzo solo risse, montagne di chiacchiere inondano l’etere. Se anche l’Europa fallisce con le sue enormi risorse economiche, culturali, storiche, politiche, non si comprende dove è possibile trovare l’approdo.
Ci sono stati momenti nella storia in cui uomini di statura politica gigantesca – Cesare, Carlo Magno, Napoleone – hanno indicato il sentiero dentro il bosco, la luce dentro il buio. Ci sono state rivoluzioni – Lenin, Hitler, Mussolini, Mao – che hanno sconvolto il mondo e sono terminate solo nella tragedia o in un vicolo cieco. Oggi non temiamo che questo possa accadere, perché vediamo intorno a noi solo nani, l’avidità di pochi preda della cupidigia e del denaro.
Questa pandemia è una terribile deviazione della natura, è il prodotto della distruzione della natura. Guardatevi intorno, i mari sono inquinati e inquinate sono le terre, la società tutta è inquinata, il sangue degli animali nelle foreste, gli allevamenti, l’agricoltura, tutto è inquinato, e inquinata è pure la nostra anima. Ora più che mai bisogna realizzare un sistema sociale che riporti l’uomo al centro della natura, un nuovo approccio con l’ecosistema. L’attuale progresso tecnologico e industriale guidato dal capitalismo e dalla grande finanza tesa solo al profitto è un’illusione, ci sta portando alla distruzione.
Le categorie economiche e politiche di oggi – diciamo quelle dominanti nelle attuali democrazie liberali secondo il concetto di fine della storia di Francis Fukuyama – non sono più adeguate ai bisogni dell’umanità. Curiosamente, le uniche ideologie che nel secolo scorso predicavano un ritorno alla natura – il nazionalsocialismo, il fascismo e in parte lo stalinismo – sono state sconfitte dalla storia, e nessuno certo oggi vorrebbe riproporre simili modelli autocratici, dittatoriali, totalitari e nazionalisti.
Occorre, invece, un accordo tra governi che controlli le politiche di tutti i Paesi, quelle che possono avere conseguenze nefaste nell’intera ecumene, un accordo di governo tra nazioni che tuteli le culture e le storie nazionali purché diano sempre il proprio contributo al progresso e alla salvezza dell’umanità in ogni dispiegarsi del processo storico. Solo così, a mio avviso, è possibile controllare la tecnica che sta portando alla rovina l’umanità. Gli uomini ormai sono diventati schiavi di un sistema senza reale partecipazione politica e senza uguaglianza di diritti.
Il capitalismo e il cosiddetto progresso tecnologico che produce bisogni superflui non sono la felicità. Chiudersi a riccio non serve a difenderci dal nemico, egli giunge dalle viscere della terra, dall’aria, dal mare, non trova barriere. Le Nazioni devono misurarsi con le altre Nazioni mettendo sul tavolo il retaggio dei propri valori per trovare soluzioni mondiali a un problema mondiale.
Adesso, invece, accade che si celebrano giornate retoriche sull’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo per dimenticarsene il giorno dopo. Noi in Italia dovremmo avvertire di più questa tragedia, perché il nostro è un Paese fragile, ha un paesaggio bellissimo ma delicato, l’opposto di una storia solida e grande. Siamo di fronte a un mostro, siamo sull’orlo dell’abisso, ma l’abisso siamo noi. Per dirla con Nietzsche, “chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se tu scruterai a lungo dentro l’abisso, anche l’abisso vorrà scrutare dentro di te”. Mentre i potenti della Terra sembrano vivere in un altro pianeta, solo un uomo sembra rappresentare la speranza.
Quest’uomo è Papa Francesco. Solo Papa Francesco, che non è in realtà un potente materiale ma una guida spirituale, sembra preoccuparsi del problema ecologico e non solo con lettere pastorali e con encicliche ma anche con costanti interventi. È il primo Papa ad essersi occupato del problema ecologico con una enciclica scritta il 24 maggio 2015 e pubblicata il 18 giugno successivo, Laudato si’, la sua seconda enciclica scritta nel suo terzo anno di pontificato.
Il nome Laudato si’ deriva dal Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi – per tradizione, il primo testo scritto della letteratura italiana – che loda il Signore per le sue meravigliose creature, ed è per questa interconnessione tra crisi ambientale della Terra e crisi sociale dell’umanità che Papa Francesco ha precisato che “non si tratta di un’enciclica verde ma di un’enciclica sociale”, intuendo peraltro il vero senso vero del problema ecologico odierno.
Si è spezzata l’armonia tra Dio e il Creato, dice Papa Francesco, l’armonia che predicava il Poverello di Assisi, “l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità”. La natura non è separata da noi, dice ancora con San Francesco Papa Francesco, la tenerezza di Francesco spaventa i potenti perché egli predica un mutamento radicale nella condotta dell’umanità, perché, senza un “…autentico progresso sociale e morale, la crescita economica e il progresso tecnologico più prodigioso possono ripercuotersi contro l’uomo. Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode, tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità”. Così Papa Francesco.
Di fronte a questo grandioso affresco sul mondo, nel quale la scienza, l’economia, i problemi sociali, l’agire umano e la politica, non sono più a sé stanti o predominanti ma convivono nella “casa comune” che è oggetto dell’ecologia, di fronte a questo respiro potente della storia, anche il pensatore laico, come il sottoscritto, si inchina, consapevole che, forse ancora una volta, la salvezza, che non è mai nella ricchezza e nell’avere, ma nella pace, nella povertà, nell’amore, nella compassione, nella fraternità, nella solidarietà, viene dalla religione, da uomini che vissero e predicarono felici negli eremi solitari, nei deserti, nelle foreste. Da San Francesco, da Papa Francesco. Da Gesù Cristo.