Una nuova Caporetto sul fronte del lavoro

Una nuova Caporetto sul fronte del lavoro

IL FALLIMENTO DELLE RIFORME RENZIANE È SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI

Di Matteo Impagnatiello

La pandemia ha provocato una nuova Caporetto. E’ l’ennesima catastrofe sul fronte del lavoro. Basta scorrere gli ultimi dati Istat: a febbraio 2021 gli occupati erano 22.197.000, ovvero 945.000 in meno rispetto a febbraio 2020. Tasso di disoccupazione al 10,2%, al 31,6 quello dei giovani.

E se non bastasse, bisognerebbe riflettere sulle tante serrande abbassate nelle vie delle città, nessuna risparmiata dalle mal gestite conseguenze della crisi sanitaria, tramutatasi anche in crisi economica.

Il 2016 ha visto la nascita dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal) all’interno di un’ampia riforma globale, che doveva rispondere ad una visione generale del lavoro e della sua disciplina. L’Esecutivo di allora predicava la modernizzazione del mercato del lavoro, nell’ottica della “flexicurity”. Si voleva superare “l’ingessatura dei singoli rapporti di lavoro” e giungere ad un sistema di contratti professionali caratterizzati dalla flessibilità, seppur garantendo la continuità del reddito e gli investimenti necessari per i lavoratori che perdevano la stabilità lavorativa. Erano questi gli obiettivi governativi.

Il fallimento delle riforme renziane è sotto gli occhi di tutti. Il Decreto Legislativo 150/2015 ha istituito l’Anpal, affidandole il ruolo di coordinamento della rete dei servizi per le politiche del lavoro. Di politiche attive, però, si continua a non vedere neanche l’ombra. Al disastro relativo alla formazione e all’avvio all’impiego, devono essere aggiunti i costi di gestione della misteriosa Agenzia che, nell’anno in corso, costerà ai contribuenti 177 milioni di euro.

Da questa cifra di 24,7 milioni saranno assorbiti per la gestione della sezione dell’Agenzia che si occupa del Reddito di cittadinanza; e parte notevole di quest’ultima somma viene utilizzata per il rafforzamento dei Servizi per l’impiego.

Nei cinque anni dalla sua istituzione la quota più consistente non viene destinata alla creazione di misure e interventi di politica attiva del lavoro, ma è riservata alla copertura delle spese di gestione dell’ente. Si aggiunga il moltiplicarsi degli scandali legati al Reddito di cittadinanza.

In questi giorni, la procura di Genova ha aperto un’inchiesta che vede almeno 500 immigrati beneficiare del Reddito, senza averne i requisiti: sono diversi milioni di euro che dal 2019 vengono erogati ai cittadini stranieri.

Gli ultimi tre Esecutivi succedutisi (Conte I, Conte II e l’attuale presieduto da Mario Draghi) non sono riusciti ad arginare il terribile impatto legato al covid 19 sul mondo occupazionale. Organizzazioni internazionali come l’Ocse e l’Ilo prevedono una generale ripresa nella maggior parte dei Paesi, dalla seconda metà del 2021, nonostante le incertezze future e le situazioni e i contesti differenti da Stato a Stato.

Si tratta di capire se si vorrà percorrere la strada per una ripresa insostenibile, caratterizzata da un aumento delle disuguaglianze e con la prospettiva di una nuova crisi. O perseguire una ripresa sostenibile, inclusiva e duratura e intraprendere un percorso teso a privilegiare i diritti dei lavoratori e il dialogo sociale, favorendo l’occupazione, il reddito e la protezione sociale: questa seconda via realizzerebbe i principi contenuti nelle disposizioni costituzionali dell’art. 3 comma 2 e dell’articolo 46.

 

* Componente del Comitato Scientifico di Unidolomiti

 

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