Suor Anna Monia Alfieri riflette sulla stampa che diventa strumento di diffamazione
LA TRAGEDIA CHE HA COINVOLTO LA DOTT.SSA GIOVANNA BODA HA FATTO SENTIRE COME URGENTE L’ESIGENZA DI UNA CORRETTA INFORMAZIONE
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Di Suor Anna Monia Alfieri
La tragedia che ha coinvolto la dott.ssa Giovanna Boda (link) ha fatto sentire come urgente l’esigenza di una corretta informazione. Avremmo potuto tacere, far finta di niente, girarci dall’altra parte per una falsa prudenza o, peggio, per opportunità. Il rischio, infatti, è chiudersi nell’individualismo perbenista, abituandosi al puzzo della mafia che è anche (soprattutto?) omertà. Di conseguenza, nei nostri giovani si sedimenta nel subconscio che basta essere indagati per essere finiti. Poca importa che tu sia innocente o colpevole: per l’opinione pubblica sei finito, la gogna mediatica ti distrugge.
Ricordo, con una certa nostalgia, gli anni di studi presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano: luminari del diritto come Borgonovo, Schlesinger, Castronovo, Pastori, insegnavano a noi giovani studenti che il valore della pena è sempre riabilitativo, come leggevamo nel testo del prof. Giarda. Non bisogna temere le indagini. La magistratura, in modo libero e indipendente, fa il suo corso e, sino al terzo grado di giudizio, la persona è innocente, non si potrebbe pensare diversamente, pena la diffamazione. Nessuna paura se, per errore materiale o volontario, un “reato” è stato commesso: la pena con la sua funzione riabilita la persona e il sistema. Questo il mio pensiero di studentessa.
Con il tempo ho compreso che questo percorso naturale non è scontato: i limiti dell’essere umano lo porteranno a servirsi della giustizia, macchiando l’onore di magistrati eroici che compiono in modo indefesso e integro il proprio lavoro, sino a mettere a rischio la propria esistenza. Ho anche compreso che la stampa può cessare di essere capace di informare e diventare strumento di diffamazione. In questo circolo vizioso i veri perdenti sono i nostri ragazzi, privati di quei punti di riferimento di cui hanno bisogno, le istituzioni, la magistratura, la stampa che informa e, non dimentichiamolo, forma. Ogni tanto qualcuno nel mucchio emerge, si sdegna, ma poi, isolato, verrà posto in silenzio.
Il Covid, ancora una volta, ci ha offerto una nuova chiave di lettura. La pandemia ci ha sfidato in quel nostro individualismo, esasperato ed esasperante, e ci ha portato a fare i conti con il nostro dovere di avere un alto senso civico, con quella innata capacità di prossimità.
L’essere vivente è, infatti, un essere sociale, non è fatto per vivere e per morire per se stesso: ecco perché occorre restituire ai nostri giovani una nuova chiave di lettura. Solo così diremo una parola differente. E allora, come ci insegna Rita Levi Montalcini, si ritorna agli “elementi semplici”, alle fondamenta di quel pensiero di giovane studente che oggi, dopo 25 anni, non credo più fosse un pensiero ingenuo, bensì un pensiero radicato sui fondamentali.
Il coro di attestazioni di stima e di affetto per la dott.ssa Boda, che ha servito le scuole, gli studenti, i più poveri, certamente ci impegna a far sì che il suo gesto ci sproni a cambiare rotta.
Vi invito a leggere alcune testimonianze, fra le tante: quella di a) una dirigente scolastica calabrese, b) un ex magistrato della Pubblica accusa e c) degli studenti siciliani.
Carissima Giovanna, mi rivolgo direttamente a te: negli anni ho imparato che la saggezza sospende sempre il giudizio e si accosta con rispetto alle vite degli altri, quasi andando in punta di piedi. Credo che quella stampa che oggi tenta un approccio alla tua vicenda più rispettoso possa dare un’indicazione di metodo per raccontare le vicende di tutti gli altri indagati. Forse ci insegni anche questo. E allora tu, matita in mano a Dio, hai scritto una pagina: la pena è riabilitativa, l’informazione non è una gogna. In sintesi: la dignità dell’uomo.
Coraggio Giovanna, siamo davvero in tanti e fare il tifo per te. Grazie per questa ennesima lezione di vita.
Tu, Giovanna, ci hai insegnato che le persone non sono una percentuale, una statistica, ci hai portato a fare i conti con il nostro individualismo, ad abbandonare per un attimo le nostre comode poltrone, da dove dispensiamo giudizi, e a far scorrere le dita sulla testiera trovando parole che costruiscono, come ha fatto questa giovane giornalista Serenella Bettin che ho conosciuto l’altro giorno e che dalla sua pagina Fb scrive “E allora ieri, mentre intervistavo Suor Anna Monia Alfieri ,mi è tornata in mente la mia tesi che feci in Diritto Penale, Dio quanto l’ho amato il Diritto Penale, intitolata: “Ma che colpa abbiamo noi – inteso noi giornalisti – Il confine tra il diritto di cronaca e il diritto di riservatezza” e mi sono detta che abbiamo una grossa responsabilità. Che le parole nel nostro lavoro pesano come il piombo. Che un giornalista è uno che le parole le mette in fila. Si immerge dentro le storie. Dà loro un corpo, un’anima, ridona loro un equilibrio. È uno che quando le dita scivolano via sulla tastiera sente la tensione sul collo, sulle mani, sulle dita. Di quello che potrà provocare nel resto del mondo. “ (link)
Ecco cosa produce una carta positiva buttata sul tavolo, innesca un processo virtuoso, scendono in campo in tanti e allora sì che è possibile cambiarlo, il mondo, ognuno per la sua parte.
Noi non siamo magistrati, lasciamo fare a ciascuno il proprio dovere, noi siamo cittadini responsabili, con alto senso civico, che ci accostiamo alla vita degli altri, custodendo sempre la loro dignità. Ne ho parlato in un’intervista rilasciata a Il Giornale (link)
Carissimi ragazzi mi auguro che noi adulti possiamo darvi l’occasione di leggere la realtà con nuove lenti fatte di rispetto, accoglienza, solidarietà, equità. In una parola farci prossimo: solo questo consente al Paese di ritrovare il suo armonico sviluppo.
Non occorre scomodare i massimi principi della fede: basta fare appello all’etica e ai principi di diritto che ispirano un Paese civile. Allora non temete, ristabiliamo il giusto ordine delle cose, torniamo agli elementi semplici (suddivisione dei tre poteri, ne parleremo la prossima volta) e nulla avremo da temere. La vita sarà una carta vincente per noi e per gli altri. Andiamo avanti con coraggio e con quell’alto senso civico che ora è quanto mai necessario.