Che si affronti la morte pur di testimoniare la risurrezione di Cristo non è una prova della sua storicità?

Che si affronti la morte pur di testimoniare la risurrezione di Cristo non è una prova della sua storicità?

LA RESURREZIONE È LA PROVA SCHIACCIANTE DELLA SUA DIVINITÀ, PER TESTIMONIARE LA QUALE VAL BENE IMPEGNARE TUTTA LA VITA ED AFFRONTARE SERENAMENTE LA MORTE.

Di Diego Torre

Un’ ultima ipotesi per negare la Resurrezione reale e corporale di Nostro Signore è quella che vedrebbe il fondamento di tale “mito” nelle leggende pagane simili di quel tempo: la favola cristiana sulla falsariga di quelle pagane. Gli apostoli succubi delle culture dominanti salvano la vicenda cristiana cucinandola in salsa pagana e omologandola così al mondo circostante.

Ma potevano questi pescatori rozzi ed ignoranti conoscere i miti del mondo pagano, quello che comunque, da buoni giudei, abborrivano? Inoltre in quei miti i confini tra la vita e la morte sono confusi e sfumati; con caratteri naturalistici e simbolici. Per Gesù i contorni sono netti: l’unico vero Dio che si offre alla Passione per la salvezza eterna di tutti gli uomini, muore realmente e risorge, stando fra gli uomini visibilmente e manifestandosi per quello che Egli si è definito: vincitore della morte, vero uomo e Figlio dell’unico Dio.

Ma una domanda a questo punto sgorga imperiosa, fondata sul più elementare buon senso e che tacita ogni superstite obbiezione: si crede alla morte di Gesù descritta nei vangeli; perché non si dovrebbe credere alla Sua resurrezione?

CHE SUCCEDE DOPO?

La Chiesa inizia il suo inarrestabile sviluppo, con grandi rischi per la vita dei discepoli, e dei neofiti che si convertono. La persecuzione inizia da subito ad opera dei giudei, gli stessi che avevano organizzato il processo e il deicidio di Gesù. Pensiamo alla lapidazione di S. Stefano e all’attività persecutoria ed omicida dello stesso S. Paolo.

Certamente le numerosissime conversioni si spiegano umanamente con la predicazione ed i miracoli operati per mezzo degli apostoli. Ma costoro traggono forza, citano e indicano quale prova della divinità quanto asserisce Pietro dinanzi ad anziani, scribi e sommi sacerdoti: “Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato (…) Dio l’ha resuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni, proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi” (At 3,12-16).

La resurrezione è la prova schiacciante della Sua divinità, per testimoniare la quale val bene impegnare tutta la vita ed affrontare serenamente la morte.

Verranno poi le  persecuzioni delle autorità romane, degli eretici, degli islamici, degli anglicani, di protestanti, dei giacobini, dei liberali, dei fondamentalisti indù, dei nazisti, dei comunisti . Saranno milioni coloro che moriranno (e muoiono ancora) martiri, fedeli a quella resurrezione, prefigurazione della propria personale resurrezione nell’eternità. Le membra del corpo mistico percorrono il cammino del Capo divino. Che tanti affrontino volontariamente la morte solo per testimoniare “quel fatto”… non è anche questa una prova della sua storicità?

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