Il rogazionista padre Raffaele Sacco ritorna a Dio
Un sorriso di uomo di Dio, un parroco custode e amabile
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Di Benedetta De Vito
Buio e bagnato era il giorno quando, attraversate le strade dell’Arcella, a Padova, che separavano la casa di mia suocera dalla Parrocchia del Buon Pastore, vedevo la lucina accesa della cappelletta rannicchiata sotto la grande chiesa dei rogazionisti in via Tiziano Minio.
Varcato il cancello, trovavo, ed erano le sette appena, la porta a vetri accostata e dentro il motore del riscaldamento che, rumoreggiando, regalava il teporino e accendeva anche la gioia di starsene in ginocchio e raccolti davanti al Santissimo, prima di recitare i salmi, il rosario e poi sentire messa. Pochi i devoti.
C’ero io, quando ero a Padova con marito e figlio, e c’erano le signore fedelissime, che ancora ricordo, nome e viso. E tra loro, Gianna, con i grandi occhi sereni e sensibili. E a dire messa Padre Raffaele Sacco, un sorriso di uomo di Dio, un parroco, custode e amabile, che ora è volato in cielo e vive nelle dolci mani del Signore.
Domani, 13 aprile, ci saranno i funerali e io, che non ho potuto, ahimè, salutarlo né assistere da un anno a oggi alle sue messe (lontana come abito), non potrò partecipare alla mesa dell’estremo saluto.
Così, ho pensato, per quel che posso, lo saluto da qui e, nello scrigno dell’anima mia, in Eterno Riposo, lo accompagno lassù.
Non si sa bene come è morto il parroco del Buon Pastore (che era buon pastore lui pure e rogazionista), forse di infarto, chissà. Ma scorrendo le poche righe a lui dedicate dai giornali padovani, ho scoperto che aveva fatto, dieci giorni prima il vaccino. Ma nessuno ha associato la sua morte alla mania vaccinale che imperversa nel nostro povero Paese. E quindi non so, altri dovrebbero dire qualcosa, ma tutto tace e così, nel silenzio, ecco i passi che furono della sua vita e che lo portarono dai peperoncini di Calabria alle nebbie padovane.
Era nato a Falerna, in provincia di Catanzaro, il 18 ottobre del 1946. Entrèò nella Congregazione dei rogazionisti (la cui missione è chiedere che Dio mandi buoni pastori nel mondo “rogate ergo Dominus messis ut mittat operaios in messem suam”) il 10 ottobre del 1958.
Al termine del suo anno di noviziato, emise la sua prima professione religiosa a Zagarolo nel 1966 e la professione perpetua a Grottaferrata nel 1973.
Viene ordinato sacerdote il 14 agosto 1975 nella sua città natale. Padre Raffaele Sacco ha ricoperto negli anni diversi incarichi di responsabilità in ambito pastorale e formativo. In questi ultimi anni, era parroco del Buon Pastore in Padova.
Ed è lì, nella enorme chiesa padovana, pensata per le famiglie numerose degli anni del baby boom, che lo ho incontrato e apprezzato. Ricordo le belle omelie che sapeva fare nei giorni solenni del Natale quando, nella Chiesa grande, mio marito e io, ci recavamo alle funzioni.
Il bel coro che cantava i canti natalizi di sempre: Venite adoremus, Tu scendi dalle stelle, In notte placida… Mia cognata Sara, poco fa, mi ha ricordato il suo amore per i Re Magi, i potenti della terra che si inchinano davanti al Bambinello Santissimo. E quanto soffriva nel vedere i banchi vuoti perché i parrocchiani, magari, sceglievano di andare a Sant’Antonino, poco più in là. Si dava animo, non mostrava mai la delusione e io voglio ricordarlo il giorno in cui, incuriosito per la mia presenza di “forestiera” durante le messe mattutine infrasettimanali nella cappellina, si avvicinò e mi chiese soltanto: “Lei chi è?”.
Quando gli spiegai chi ero, cioè la nuora di una parrocchiana, lui scosse il capo e rispose: “Non intendevo questo…” Poi, via, con quel suo modo riservato che però nascondeva, lo so, un cuore d’oro.
Se ne è andato e non sono riuscita a salutarlo, ma quando, sabato mattina, mia cognata Sara, che è tanto vicina al Signore, mi ha mandato un messaggio per darmi la notizia, ho sentito che una lacrima bagnava il mio cuore.
Non sono riuscito a salutarlo, ma in me il ricordo suo è vivo e, con la memoria, mentre, al mattino ancora in pigiama, ascolto la mia messa quotidiana a Sant’Agata dei Goti, mi par di ritornare all’Arcella, e lo vedo, Padre Raffaele, che mi sorride…