Santa Pasqua: la dignità perduta che torna alla vita
NEL GIORNO DI PASQUA, LA CELEBRAZIONE DELLA RISURREZIONE DI CRISTO È ANCHE IL RITORNO ALLA VITA DELLA DIGNITÀ CHE L’UOMO HA PERSO CON IL PECCATO
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Di Enzo Vitale
La bellezza dell’esser cristiani sta nel fatto che, contrariamente a quanto i più vogliono farci credere, la fede non sia qualcosa di isolato, personale, staccato dal resto del mondo.
La fede ci inserisce all’interno di un cammino che ci supera e ci sovrasta, lungo il tempo e la storia, e ci innesta, noi “piccoli mortali”, in un cammino di immortalità. Siamo chiamati dall’Eterno per l’eternità.
Il Sabato Santo, che abbiamo appena celebrato, ci offre un fiore – che raccogliamo nell’immenso giardino di Dio quale è la Tradizione della Chiesa – di straordinaria bellezza: è l’antica «Omelia sul Sabato santo», di autore sconosciuto. L’autore parla del Sabato Santo come il momento in cui il Cristo discende agli Inferi per richiamare Adamo, in attesa della Sua venuta.
E fa pronunciare al Cristo queste parole:
«Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! Siate illuminati!
Risorgi dai morti!
Risorgi, opera delle mie mani!
Risorgi mia effige, fatta a mia immagine!
Risorgi, usciamo di qui!
Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura.
Sorgi, allontaniamoci di qui.
Ho posto dei cherubini che, come servi, ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio».
Questo “grido” del Cristo rivolto ad Adamo serve a scuoterlo, a richiamarlo a quella dignità primordiale a cui noi creature siamo stati chiamati, ma che poi,a causa del peccato, si è adombrata.
Sì, perché la nostra colpa, maggiore di ogni peccato, è aver dimenticato la dignità che abbiamo: esser figli di Dio.
E anche per questo Cristo ha patito!
Quanto aiuterebbe ricordare il grande valore che abbiamo ai Suoi occhi.
Quanto aiuterebbe ricordare il grande valore che ogni persona ha ai Suoi occhi.
Facciamo una constatazione molto pratica, apparentemente banale, ma che forse ci aiuta a capire: sapendo che stiamo indossando l’abito bello, “quello della festa”, non mettiamo tutta l’attenzione per evitare di macchiarlo?
Se ognuno di noi ricordasse che ha questo “abito bello”, e che tale abito altro non è che l’animo candido ottenuto grazie al Sangue del Cristo, non faremmo in modo da evitare il peccato?
Ecco, vedete, ogni nostro peccato è un dimenticare chi siamo, a cosa siamo chiamati, e abbiamo allora bisogno che Cristo ci urli in faccia «Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio».
Probabilmente anche per questo motivo Cristo chiese a santa Faustina che si celebrasse, al termine dell’Ottava di Pasqua, la Festa della Sua Misericordia. Ma di questo ne parleremo tra otto giorni.
Nel frattempo, gioiamo di quanto Dio è stato capace di fare. Rallegriamoci di quanto Dio ci ha donato. Senza dimenticare che Lui ha “risolto il problema” che nessun altro era mai stato capace di risolvere: la morte.
Buona Pasqua a tutti! Alleluia.
Seconda Lettura
Da un’antica «Omelia sul Sabato santo». (Pg 43, 439. 451. 462-463)
La discesa agli inferi del Signore
Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.
Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura.
Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta.
Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.
Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.
Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».