Shemà. Commento al Vangelo del 31 marzo della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà. Commento al Vangelo del 31 marzo della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

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IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: mercoledì 31 marzo 2021

Nel Vangelo di oggi troviamo lo stesso racconto di ieri, cioè il racconto dell’ultima cena. Ieri l’evangelista Giovanni ci ha fatto contemplare il cuore turbato di Gesù, oggi l’evangelista Matteo ci accompagna ad entrare nell’atteggiamento giusto, davanti al cuore turbato di Gesù. Il testo inizia con l’atto di tradimento di Giuda, fissato col prezzo di trenta monete d’argento. Un particolare studiato, perché può indicare qualcosa, visto che la paga di un pastore per il suo compito quotidiano, secondo il libro di Zaccaria (11,12-14), è proprio di 30 denari, ma per la maggior parte dei commentatori e degli studiosi del testo, questi 30 denari fanno riferimento al prezzo di uno schiavo che veniva ucciso, come è scritto nel libro dell’Esodo (21,32). Esiste poi una teoria più recente, che fa riferimento al denarius romano, per cui si tratterebbe di un costo più elevato. In ogni caso l’indicazione dei 30 denari resta il prezzo del tradimento e, come ben sappiamo, è costato la vita a Giuda, che sicuramente non immaginava gli eventi cruenti della Passione. Il testo ci informa anche sui preparativi della Pasqua nel primo giorno degli Azzimi, così è scritto, infatti gli Ebrei fanno precedere la Pasqua da un tempo di preparazione in cui viene eliminata ogni traccia di lievito. Conosciamo anche lo stato d’animo dei discepoli alla frase di Gesù «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà», un sentimento indicato nel testo come tristezza, il verbo è lupew che significa rendere addolorato, eppure Giuda viene provocato solo dopo altre parole di Gesù, parole molto dure pronunciate davanti a tutti i discepoli:  “Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”. Una frase che suona come un’imprecazione ha provocato lo svelamento della verità, altrimenti non c’era nessuna presa di coscienza da parte di Giuda del suo peccato. Ecco, il Vangelo ci mostra che il peccato è una questione di coscienza, e perciò, quando siamo già dentro un sistema di peccato, quando, come Giuda, ci si trova già in una situazione di complotto e di tradimento, la coscienza personale è oscurata. Perciò Gesù, come vediamo, mette in situazione Giuda per non accusarlo direttamente, perché non si senta giudicato, e arriva anche a dire parole dure pur di risvegliare la coscienza di bene che gli resta. E il cuore di Giuda riceve una piccola luce, ma non basta a salvarsi, perché non arriva ad accusare il suo peccato, non dice “Rabbi, ti chiedo perdono, amici, vi chiedo perdono, sono stato io”, ma chiede a Gesù “Rabbi, sono forse io?”. Giuda era compromesso col male, e in profondità, nel suo cuore, era convinto di non essere abbastanza libero per tornare indietro. Forse anche noi oggi, chi più chi meno, siamo in questo stato. Ecco, il Vangelo ci annuncia che c’è una via per liberarsi dal compromesso del male: l’accusa dei propri peccati, delle proprie colpe. Siamo nella settimana santa, alle porte del Santo Triduo Pasquale e la liturgia oggi ci mostra, questo atteggiamento giusto, santo che, come dicevo all’inizio, è alternativo alla durezza di cuore di Giuda e alla spavalderia di Pietro, perché è un dono che oggi lo Spirito Santo ci offre per introdurci in questa Pasqua con una coscienza purificata e quindi con un giusto atteggiamento di umiltà davanti a Gesù che soffre per noi. Buona giornata!

Mt 26, 14-25

In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

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