“Circuiti inceppati”, quando l’amore parla in prima persona all’umanità

“Circuiti inceppati”, quando l’amore parla in prima persona all’umanità

“CON UNA PENNA DIROMPENTE NEL CONSUETO TAGLIO UMORISTICO-SATIRICO”, BARBARA APPIANO METTE IN SCENA L’AMORE COME “UN ELETTRICISTA, CHIAMATO A FUNGERE DA SALVAVITA RISPETTO AL CORTOCIRCUITO DELL’UMANITÀ, DI FRONTE AL QUALE L’UNIVERSO FEMMINILE COSTITUISCE L’UNICA POSSIBILITÀ DI SALVEZZA”

Di Angelica La Rosa

“Circuiti inceppati, quando l’amore versa in cattivo stato di manutenzione”, libro di Barbara Appiano (vedi qui), pone al centro l’amore, descritto come forza naturale, amore che parla in prima persona all’umanità.

L’autrice, come spiega nella prefazione la Prof.ssa Francisetti Brolin, “con una penna dirompente nel consueto taglio umoristico-satirico”, mette in scena l’amore non come “un Cupido con le frecce” ma come “un elettricista, chiamato a fungere da salvavita rispetto al cortocircuito dell’umanità, di fronte al quale l’universo femminile costituisce l’unica possibilità di salvezza”.

La Appiano, attraverso una scrittura simbolista ed ermetica, non sempre facile da comprendere per chi non ama il genere, si pone delle domande a cui tutti noi cerchiamo delle risposte: che cosa significa amare e qual è il ruolo delle donne in materia?

Anche per questo, spiega la Francisetti Brolin, la narrazione rappresenta anche una storia di donne, a partire dalla Vergine Maria col suo dono divino della vita, fino ad arrivare alle attuali generazioni di donne siliconate che rivendicano il loro “diritto” a diventare madri in tarda età con la fecondazione assistita o con l’utero in affitto.

La Appiano riflette sulle libertà sfrenate nelle relazioni e  mette in luce come l’emancipazione femminista abbia reso le donne d’oggi meno consapevoli del dono divino della vita perché, per scopiazzare malamente l’uomo, hanno rinunciato all’essenza stessa della sensibilità femminile, sacrificata sull’altare di un sesso fluido e senza impegno.

Barbara Appiano ha il coraggio anche di ricordare che se l’amore indica una forza primordiale scaturita dal divino, come si può coniugare il libero fluire delle emozioni con attrazioni tra persone dello stesso sesso?

Rispetto a una società priva di punti di riferimento, l’autrice si richiama alla donna quale genitrice, educatrice e portatrice di vita, affinché riscopra la parte migliore di sé, particolarmente nella maternità, un mistero divino, da non ridurre a una questione di ovuli e di orologio biologico.

Il libro è una condanna della deificazione del progresso scientifico, che rischia di ridurre l’umanità a dei robot con microchip. Per la Appiano è il sentimento che costituisce la vera spinta per la rinascita.

Se non vogliamo diventare umanoidi, sostiene la Appiano, dobbiamo ripartire dalla Natività di Gesù, perché non dobbiamo mai dimenticare il grande privilegio delle donne, scelte da Dio per generare la vita.

“Asfaltato, maltrattato, ricattato, messo in un utero in affitto, come se fosse un frullatore, resisto perché sono l’amore che unisce sempre”, scrive la Appiano. “Elettricista” che interviene “quando i circuiti della vostra esistenza si inceppano, grippando dove manca il carburante per farvi ripartire”.

Nel testo l’amore, in veste di elettricista interroga ormoni, embrioni, gameti per risvegliare la meraviglia di una nascita, la sua venuta non come una programmazione ma come un concepimento, che è progetto e quindi futuro. L’autrice infine non dimentica di affrontare anche il delicato tema delle adozioni.

 

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