Requiem per la scuola
DUE ANNI SCOLASTICI QUASI PERSI CAUSA PANDEMIA, IL COLPO DI GRAZIA AD UN SISTEMA SCOLASTICO GIA’ AGONIZZANTE?
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Di Pietro Licciardi
Il sistema scolastico italiano è una barca che fa acqua da tutte le parti, crivellata da cervellotiche “riforme” che da decenni ne hanno minato efficienza ed efficacia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: studenti ignoranti che come scriveva il Corriere della Sera già nel 2017 raccogliendo la denuncia di seicento docenti universitari, non sanno scrivere in italiano corretto e ben il 70% di quelli che terminano le scuole superiori sono capaci di leggere ma non di comprendere un testo.
Questo prima della pandemia.
Immaginiamo quali saranno le condizioni dei ragazzi che si diplomeranno da qui a cinque anni dopo aver perduto due anni di lezioni a causa dei lookdown, orari ridotti, didattica a distanza condotta in maniera precaria a causa degli scarsi e improvvisati mezzi a disposizione di istituti scolastici e famiglie o alle inadeguate infrastrutture. Si pensi alla esasperante lentezza dei collegamenti internet, data la scarsa diffusione della fibra ottica.
Lo sfacelo della scuola è tale da far pensare ad un piano preordinato, ordito con determinazione dal Sessantotto ad oggi, per la demolizione dell’istruzione pubblica statale e non statale. Del resto per qualsiasi potere totalitario l’istruzione è un male da eliminare e da sostituire tutt’al più con la propaganda.
Già Aldous Huxley nel suo romanzo “Il Mondo Nuovo” nel1932 descriveva un mondo che allora appariva distropico ma che oggi è drammaticamente vicino alla realtà, in cui i bambini delle caste inferiori venivano spaventati con scoppi e scosse elettriche quando si avvicinavano ai libri: «Essi cresceranno con ciò che gli psicologi usavano chiamare un odio “istintivo” dei libri. I loro riflessi sono inalterabilmente condizionati. Staranno lontano dai libri per tutta la vita»
De resto anche George Orwell nella sua distropia indicava la distruzione della scuola come mezzo per governare, e infatti uno dei tre slogan del suo romanzo 1984 era «L’ignoranza è forza».
Chi si diploma o si laurea oggi non solo sa scrivere male, conosce poco e male i classici della nostra letteratura ma ignora la storia e questo spiega molto bene la crisi di identità che stiamo vivendo come italiani ed europei. Una crisi su cui hanno buon gioco gli ingegneri sociali del Great reset e del globalismo multietnico.
«[…] vi sono, tanto nei paesi democratici d’America come d’Europa, due modi di scrivere la Storia. Vi sono due Storie: la falsa e la vera – affermava nel 1927 lo storico francese Marius André (1868-1927) –.La prima è destinata ai bambini delle scuole primarie, al popolo, e a quei borghesi che, terminati i loro studi all’età di circa sedici anni, non li proseguono e si accontentano di leggere opere dette di volgarizzazione. Insomma, si tratta della Storia dalla quale la gran massa degli elettori attinge idee, opinioni, amori e odi, quella del suffragio universale. L’altra ha un carattere quasi confidenziale, tanto è ristretta l’élite alla quale si rivolge; ne viene insegnata una parte ai candidati alla licenza e all’associazione in storia, soltanto una parte perché, anche nelle più alte sfere dell’università, l’insegnamento pubblico commette errori spesso volontari imposti dall’interesse a difendere, in questo modo, una dottrina o un regime. Infatti, vi sono regimi che non durerebbero più di trent’anni se s’insegnasse la Storia vera nelle scuole primarie e nei licei.[…]
E’ questa falsa storia che circola da sempre nelle nostre scuole pubbliche di Stato, dove ancora si apprende che Garibaldi era un eroe, il Medioevo una epoca oscura, mentre si ignorano le insorgenze antigiacobine, la resistenza delle popolazioni del Sud alla invasione sabauda e si alimenta il mito resistenziale con narrazioni ideologiche e parziali.
Ma una nazione che lascia morire la scuola e con essa la cultura è destinata sul piano politico e morale alla schiavitù e sul piano economico al sottosviluppo. Questo, al momento, è il nostro ineluttabile destino di italiani e di europei.