Un detenuto su tre è straniero: ma la colpa è degli urlatori razzisti

Un detenuto su tre è straniero: ma la colpa è degli urlatori razzisti

L’8-9% DEGLI STRANIERI PRESENTI IN ITALIA ESPRIME UN TERZO DELLA POPOLAZIONE CARCERARIA COMPLESSIVA DEL NOSTRO PAESE: SONO DAVVERO “SCOMPOSTE” LE “URLA” DI CHI ASSOCIA LA CONDIZIONE D’IMMIGRATO (IRREGOLARE) A QUELLA DI CRIMINALE?”

Di Dalila di Dio

Ancora una volta l’ideologia supera la ragione, i numeri lasciano il posto all’interpretazione in una direzione, come sempre, ostinata e contraria a quella suggerita dal buonsenso.

Come ogni anno, lo scorso 11 marzo l’associazione Antigone ha pubblicato il suo rapporto – il XVII, intitolato “Oltre il virus” –  sulle condizioni di detenzione in Italia.

Si tratta di un’importante risorsa per la tutela dei diritti dei detenuti, una battaglia in cui Antigone profonde tutte le proprie energie da anni.

Il report, quest’anno, offre un quadro della condizione delle carceri italiane in tempo di Covid: anche a seguito dei provvedimenti dovuti alla pandemia, la popolazione carceraria è diminuita in un anno di oltre 7.500 unita ed il tasso di sovraffollamento è sceso al 106% circa.

Tuttavia, per almeno 20 istituti penitenziari il tasso rimane prossimo 150% con picchi di oltre il 190% nei casi di Taranto e Brescia.

La popolazione carceraria complessiva, al 19 febbraio 2021 consta di 53.697 detenuti, contro i 61.230 del 29 febbraio 2020.

Di questi, il 68% è ristretto in forza di una sentenza irrevocabile.

Ad un certo punto del pregevole rapporto, nella sezione dedicata ai numeri, si legge: “La parziale riduzione della popolazione detenuta intervenuta nell’ultimo anno non ha cambiato le proporzioni tra stranieri e italiani. I primi oramai da alcuni anni si attestano al 32,5% del totale dei detenuti. Va ricordato che erano il 37,15% del totale alla fine del 2009, calando in termini assoluti di ben 6.723 unità nel giro di undici anni. Dunque le urla scomposte di chi associa la condizione dello straniero a quella del criminale non hanno fondamento statistico”.

Ora gli stranieri in Italia costituiscono l’8-9% della popolazione. Questo 8-9% esprime un terzo della popolazione carceraria complessiva: questo, ad avviso di Antigone, dimostrerebbe che “le urla scomposte di chi associa la condizione dello straniero a quella del criminale non hanno fondamento statistico”.

Un’affermazione, quest’ultima, quantomeno singolare. Poco dopo, si legge: “paradigmatico, nel considerare questa riduzione di presenza di stranieri, è il caso dei rumeni. Al 28 febbraio 2021 sono 2.049 pari al 3,81% del totale dei detenuti presenti. Nel 2009 erano ben 2.966 pari al 4,57% del totale. Un calo enorme sia in termini percentuali che assoluti”.

Ebbene, tra il 2001 ed il 2010 il numero di romeni in Italia è passato da 74.885 a 968.576 (con una media di circa centomila nuovi ingressi all’anno).

Negli ultimi 10 anni, con una straordinaria inversione di tendenza, il numero di romeni è aumentato di poco meno di 180mila unità, 18mila circa all’anno.

Solo noi notiamo la diretta. chiara, correlazione tra il calo di nuovi ingressi ed il “calo enorme sia in termini percentuali che in termini assoluti” dei detenuti di origine romena?

Riassumiamo.

Da un lato, il rapporto minimizza un dato evidentemente abnorme: un terzo dei detenuti è straniero.

Dall’altro, si valorizza la diminuzione del numero di romeni detenuti, senza tener conto che tale diminuzione corrisponde esattamente al significativo calo di accessi di cittadini romeni nel nostro Paese nell’ultimo decennio.

Non dubitiamo della buona fede di Antigone ma queste posizioni denunciano, quantomeno, una certa parzialità nell’analisi dei dati

Probabilmente è la prospettiva da cui si osserva il fenomeno ad essere sbagliata.

Nessuno sano di mente associa, aprioristicamente, la condizione dello straniero a quella del criminale: la questione è altra e la sua analisi richiede un po’ di onestà intellettuale.

Chi si trova in un Paese che non è il suo e che non può offrirgli possibilità, lavoro ed integrazione – perché non è in grado di provvedere neppure agli autoctoni – ha davanti a sè due opzioni per sopravvivere: ridursi a schiavo o delinquere.

E’ nella natura delle cose e quel 32% di detenuti stranieri lo prova.

Buttarla in caciara, stigmatizzando le “urla scomposte” di chi si limita a prendere in esame i numeri ed accusando di razzismo, ad ogni piè sospinto, chi dissente dalla narrazione ufficiale, serve solo a spostare l’attenzione dal nodo cruciale della questione e a deresponsabilizzare i veri colpevoli di questa vergogna: quelli che con voce melliflua, senza urla scomposte, continuano a predicare l’accoglienza incontrollata, i porti aperti e welcome Africa.

Quelli per cui gli stranieri “ci servono” perché “se no chi li raccoglie i pomodori e le fragole a due euro l’ora?”.

Insomma, anziché puntare il dito contro i soliti fasciorazzisti, per spiegare quel 32,5% di detenuti stranieri potreste citofonare Gassman, Boldrini ed allegra accozzaglia petalosa.

Magari vi rispondono.

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