Lo Stato rende il prelievo fiscale a dir poco immorale
“ELOGIO” DELL’EVASORE (CHE NON ESPORTA CAPITALI ALL’ESTERO)
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Di Pietro Licciardi
Pagare le tasse è un dovere morale, come del resto ricorda anche il Catechismo della Chiesa cattolica che contiene un espresso riferimento al tema dell’imposizione fiscale nella Parte III, relativa ai dieci comandamenti.
Nel commento al IV comandamento, “Onora tuo Padre e tua Madre”, si prescrive di riservare il giusto onore a quanti, per il bene di tutti, ricevono da Dio un’autorità nella società; quindi si richiamano i doveri sia di chi è preposto all’esercizio dell’autorità, sia dei consociati. Poco dopo si legge: «La sottomissione all’autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l’esigenza morale del versamento delle imposte». Nel commento al VII comandamento, “Non rubare”, si considerano tra i comportamenti illeciti la frode fiscale.
Tuttavia, mentre politici, specialmente di sinistra, e sacerdoti non perdono occasione per ricordare ai sudditi e al popolo l’importanza di pagare fino all’ultimo centesimo imposte e balzelli quasi sempre ci si dimentica di ricordare che anche lo Stato ha dei precisi doveri riguardo alle tasse.
Sempre nel Catechismo, nel commento al VII comandamento, si condanna la spesa eccessiva e lo sperpero, nell’intento di garantire innanzitutto il rispetto della giustizia equiparativa, o commutativa ,che regola i rapporti giuridici. I cittadini dunque hanno l’obbligo di pagare ma lo Stato ha il dovere di adottare una condotta che garantisca la giustizia ripartizione di quanto raccolto evitando sprechi e spese inutili o addirittura dannose.
In poche parole se il cittadino viola il patto sociale quando elude il fisco lo Stato compie una analoga e più grave violazione quando il prelievo diventa esorbitante, non rende servizi commisurati al prelievo, li fornisce di pessima qualità, butta risorse dalla finestra con spese inutili, o finanzia clientele di partito, magari sovvenzionando certe associazioni o enti.
E che lo Stato attualmente sia in grave, anzi gravissimo, difetto su questi punti è fuori discussione.
Il prelievo fiscale ormai ha raggiunto livelli di esproprio. A questo proposito i dipendenti, pubblici o privati, possono facilmente verificare come ormai lo Stato si appropri di oltre il 70% del loro guadagno: circa il 35% alla fonte sottoforma di contributi e trattenute in busta paga, il resto subisce la tagliola dell’ Iva che grava ben oltre 20% su qualsiasi acquisto, sia esso cibo o beni cosiddetti voluttuari, oltre il 60% della spesa mensile di carburante è costituita da imposte, e accise; poi ci sono una miriade di bolli, ticket, e tasse nascoste ovunque, dalle borse di plastica del supermercato, ai conti bancari e postali, alle bollette di luce, acqua, gas…
Ormai elencare tutti i prelievi è quasi impossibile, essendosi insinuati e nascosti in ogni minimo anfratto dell’agire quotidiano.
A fronte di tale salasso riceviamo poco o niente: la sanità pubblica in talune regioni è talmente scadente da costringere i malati ad emigrare sobbarcandosi ulteriori spese aggiuntive e spesso – dovendo attendere mesi prima di un esame o una visita in qualche struttura pubblica – occorre rivolgersi ugualmente alla sanità privata. Non parliamo della istruzione pubblica, sempre più disastrata nelle strutture e nella qualità o della cosiddetta giustizia, ormai quasi inesistente con processi civili che in media, quando va bene, durano sette o otto anni, idem per quelli penali.
E poi pensiamo alle nostre strade devastate dalle buche, o ai mezzi di trasporto pubblico, che benché “privatizzati” funzionano malissimo e ci costano un occhio della testa in contributi e sovvenzioni, oltre il costo degli abbonamenti e dei biglietti comprati a bordo, e via elencando.
Stendiamo invece un pietoso velo su come le tasse sono ripartite e spese: dai 119 milioni di euro erogati, secondo il quotidiano La Sicilia, dal ministro dell’istruzione Lucia Azzolina per acquistare i banchi a rotelle e già finiti in magazzino perché “fanno venire il mal di schiena agli studenti”, ai milioni stanziati ogni anno per voci di bilancio di tipo clientelare o ideologico come la “parità” di genere”, le politiche per il “gender”, i contributi regionali o comunali destinati alla organizzazione dei gay pride.
A monte di tanta inefficienza vi è ancora una volta l’ideologia sinistra di chi pensa che solo lo Stato può offrire un servizio pubblico, giusto e imparziale, il che è assolutamente falso se si pensa ad esempio a quanto hanno dato alla società in ogni tempo le confraternite religiose e la Chiesa: ospedali, scuole, ospizi… e a come funzionano ancora oggi ad esempio scuole e ospedali “privati” gestiti da religiosi, sia pure percependo qualche contributo pubblico, e quelli totalmente “statali”.
Ma questo all’ideologia criptocomunista e clerico-comunista non interessa, poiché per essa il prelievo fiscale è lo strumento principale per garantire una “equa redistribuzione dei beni”, inoltre serve a creare una società finalmente socialista, in cui la proprietà privata è abolita tramite esproprio fiscale – tra parentesi la tecnica adottata in Cina da Mao per collettivizzare le terre – ;un argomento questo che meriterebbe una trattazione a parte.
I fatti – che puntualmente smentiscono le ideologie – al contrario dimostrano come tutto ciò che va oltre una minima tassazione – sufficiente a garantire solo quei servizi che eccedono, per costi e complessità, la capacità dei cittadini di potersene dotare – è causa di un grande danno alla intera società, che ne risulta non maggiormente arricchita bensì impoverita, a cominciare dai suoi strati più deboli. Pensate infatti e cosa potreste fare tutti voi con quel 40 o 50% in più in busta paga se lo Stato non fosse così vorace: più cene al ristorante, revisioni più frequenti alla vostra auto, più vestiti, viaggi, cibo acquistato dal contadino anziché al supermercato, per risparmiare.
A loro volta il ristoratore, il meccanico, la manifattura, l’hotel nella località montana o marina assumerebbero più personale per fare fronte alla cresciuta domanda; magari con contratti a tempo indeterminato invece che ricorrere ad espedienti di ogni genere per eludere un costo del lavoro divenuto insostenibile ancora una volta a causa delle imposizioni previdenziali e fiscali. E a guadagnarci sarebbe anche lo Stato stesso, che lucrerebbe sulla maggiore circolazione di denaro, lavoro e ricchezza.
Morale: se riuscite ad evadere o eludere un po’ di tasse, non per esportare capitali all’estero ma per reinvestirli in beni di consumo o nelle vostre attività commerciali e professionali, non sentitevi troppo in colpa, perché a ben vedere se l’Italia non è ancora colata a picco è grazie a voi.
Finalmente una opinione giusta ed equa…grazie, peccato però che queste sante parole non le leggeranno i nostri politici che pensano a come cambiare i nomi alle tasse per far finta di cambiare ma alla fine non cambia mai niente…