Il mondo davanti alla cristianofobia ignorata dai governi

Il mondo davanti alla cristianofobia ignorata dai governi

LA VISITA DEL PAPA IN IRAQ PUO’ FAR RIFLETTERE SULLA CRISTIANOFOBIA CHE AVANZA…

Di Umberto Spiniello

Quello di papa Francesco in Iraq è il primo viaggio apostolico in un Paese a maggioranza sciita, che ha vissuto quattro conflitti negli ultimi quattro decenni, ma anche il primo dell’era pandemica, e può così a ragione considerarsi un viaggio dalla portata enorme.

Proprio in Iraq, a Ur dei caldei, Dio scelse un “arameo errante”, Abramo, per un progetto apparentemente incomprensibile. Fu l’inizio della storia della salvezza.

Abramo viene onorato dai cristiani, dagli ebrei e dai musulmani con il titolo di “amico di Dio”,
un appellativo che si ritrova, caso unico, nell’Antico e nel Nuovo Testamento e nel Corano.

Per capire le coordinate profonde di questo viaggio nell’antica Mesopotamia è dunque ad Abramo che bisogna guardare, padre della fede, che seppe “sperare contro ogni speranza”.

Le popolazioni che papa Francesco si appresta ad incontrare, vivono una persecuzione senza precedenti e che dura da decenni, ma questo non placa l’euforia e la gioiosa attesa che i cristiani stanno vivendo in queste ore.

Dappertutto svettano i cartelloni, sormontati dalle bandiere irachena e vaticana, che danno il benvenuto al Papa, “roccia della nostra fede”, a Baghdeda (così i cristiani preferiscono chiamare Qaraqosh), “regina della speranza”. Su uno di essi si legge: «Il sangue dei martiri di Qaraqosh, sparso per generare la vita, è stato coronato dalla visita del Papa». Il disegno dei cartelloni scelto dalla Chiesa locale non è affatto casuale e riassume questo concetto in immagini.

Sotto la foto del Pontefice, a destra, si vede una donna che tesse il filo e attraverso il suo lavoro racconta la storia dei cristiani della città: subito di fianco a lei sono rappresentati due religiosi martiri uccisi dagli ottomani, poi la fuga dei cristiani per mano dell’Isis e ancora il ritorno dei fedeli a Qaraqosh dopo la sconfitta dei terroristi e l’inizio della ricostruzione, culminata con l’erezione della grande statua della Madonna in cima alla chiesa dell’Immacolata Concezione, avvenuta l’11 gennaio.

Anche a Bartella il Papa porterà conforto ai cristiani, che vivono quotidianamente l’eperienza della discriminazione e del martirio. L’invasione degli shabak a Bartella è iniziata negli anni Ottanta sotto Saddam Hussein, che ha creato nelle città della Piana di Ninive dei quartieri per i militari, confiscando la terra ai cristiani e costruendovi sopra case e moschee, laddove prima c’erano solo chiese.

Era una strategia ben studiata: «Indebolire i cristiani per arrivare a cacciarli in futuro». La differenza tra Bartella e Qaraqosh è che in quest’ultima città i cristiani hanno subito raccolto un’ingente quantità di denaro per convincere i musulmani a rivendere loro la terra. Così sono riusciti a preservare l’identità cristiana della città: Bartella non è stata altrettanto fortunata o lungimirante.

Fino al 2003, però, Saddam Hussein teneva a bada i musulmani stanziati nelle città cristiane. A partire dall’invasione americana, invece, la situazione è cambiata radicalmente. Gli shabak alzano al massimo il volume degli altoparlanti delle moschee, che vengono puntati verso le case dei cristiani e verso le chiese. La polizia molesta apertamente le donne e i bambini, per spaventarli nella speranza di convincerli ad andarsene.

A Bartella i cristiani erano più di 15 mila nel 2014: oggi forse raggiungono la metà. In tanti si lamentano, spiegando che i governi locali hanno ignorato i cristiani in medio oriente e solo ora, perché arriva il Pontefice, si mettono all’opera per non sfigurare davanti a tutto il mondo. La maggior parte delle arterie stradali della città sono ancora impraticabili, e ciò a causa prima dalle devastazioni dell’Isis e poi dall’esercito quando attaccò i terroristi per riconquistare i territori.

Non a caso è diventato virale sui social media il commento di un musulmano di Ur: «Non ho la minima idea di chi sia il Papa ma spero che torni ogni anno. Perché è la prima volta che il governo sistema le strade della città». Ma la delusione generata da decenni, per non dire secoli, di discriminazioni questa settimana passa in secondo piano. A Qaraqosh sta per arrivare il Papa e tutti sperano che la sua presenza eccezionale possa donare speranza e rigenerare la fede degli eroici cristiani in medio Oriente.

 

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