Shemà. Commento al Vangelo del 24 febbraio della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà. Commento al Vangelo del 24 febbraio della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

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IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: Lc 11, 29-32

mercoledì 24 febbraio 2021

Oggi il Vangelo continua a darci indicazioni preziose per proseguire il nostro cammino di Quaresima, offrendoci un grande insegnamento sul senso della conversione: quanto sia importante per noi cercare la conversione, il cambiamento, il ritorno a Dio “con tutto il cuore e con tutta l’anima”. Convertirsi infatti è cercare Dio e solo Lui, senza attaccarci ai segni, perché i segni ci indicano la via, ma non sono loro la nostra salvezza. Per questo oggi la liturgia ci fa ascoltare e celebrare questo testo del Vangelo secondo Luca, in cui Gesù, circondato dalla folla, afferma che l’unico segno dato alla sua generazione, come anche alla nostra, è il “segno di Giona”. Questo è l’unico segno che Lui ci dona per portarci alla conversione e quindi tornare a Dio, che è sempre, per noi, il Padre di misericordia e di tenerezza, Colui che ci aspetta, con pazienza infinita. Ora, per noi è difficile capire che cosa sia questo “segno di Giona”, ma per gli ascoltatori di Gesù non era poi così difficile intuire cosa volesse dire Gesù. Giona infatti è conosciuto nella cultura biblica ed è un profeta che fa fatica ad accogliere la sua chiamata: si tira indietro, anzi, si ribella alla chiamata di Dio. Quando il Signore lo chiama per mandarlo a Ninive a predicare la conversione in quella città corrotta, Giona si ribella, si imbarca per Tarsis, una città diametralmente opposta a Ninive, ma, sulla barca, nella notte, vive l’esperienza di una tempesta e, mentre i marinai pagani pregano gli dei, Giona si nasconde, arriva fino al fondo della barca perché si sente in colpa, tanto che decide poi di farsi gettare in mare, perché la tempesta venisse placata. Ma Dio, che è misericordioso, non fa morire Giona quella notte, perché il profeta venne inghiottito da un grande pesce, in mare aperto. Ributtato sulla terra il mattino dopo, Giona si ritrova a Ninive e lì compirà la sua missione di predicare la conversione e ottenere la penitenza dei niniviti. Il libro continua in modo curioso e il finale resta aperto, ma vale la pena leggerlo direttamente dalla Bibbia per meditarlo, in questo tempo così prezioso, perché, come comprendiamo, il riferimento del Vangelo scelto per questo tempo dalla liturgia, non è a caso: il racconto di quello che è successo a questo profeta ci è molto utile per andare a fondo sul tema della conversione. Ora, per quello che si può dire in riferimento a queste parole di Gesù, il “segno di Giona” è proprio la salvezza che il profeta ha incontrato in quella notte di tempesta. Non sono state le sue preghiere a salvarlo, non il suo senso di colpa, ma Dio stesso che, nel concedergli l’esperienza di dimorare nel ventre del pesce e dell’essere rigettato, ha potuto vivere come una “seconda nascita”, che l’ha messo in grado di compiere la sua missione profetica. I Padri della Chiesa e gli esegeti hanno saputo cogliere come anche Gesù abbia saputo dimorare per tre giorni nel ventre della morte prima di ritornare in vita, perciò il “segno di Giona” di cui parla Gesù qui, secondo una certa lettura propria della tradizione cristiana, potrebbe essere l’esperienza della Resurrezione, che è l’unico grande segno dato ai credenti, perché possano vivere nella fede. La conversione per i cristiani è, infatti, accogliere il mistero della Pasqua del Signore, la sua Passione, Morte e Risurrezione, mistero di fede che ci fa nascere a nuova vita e che, come è accaduto a Giona, ci rende capaci, nonostante le nostre ribellioni lecite o meno, di compiere la nostra missione di credenti, nel mondo. Chiediamo al Signore oggi di accogliere sempre di più la sua salvezza, la sua opera di risurrezione che agisce in noi, perché convertirsi significa soprattutto stupirsi, della sua amicizia, di come ci ama, nonostante tutte le nostre resistenze. Accogliamo questo dono che oggi il Signore ci fa, perché qui, con noi, in questo giorno e in questo tempo, vi è uno più grande di Giona. Buona giornata!

Lc 11, 29-32

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

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