Il Presidente dell’Avepro: “l’humanum non deve tradire se stesso diventando tecnicismo”
PADRE ANDRZEJ WODKA (PRESIDENTE DELL’AGENZIA DELLA SANTA SEDE PER LA VALUTAZIONE E LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ DELLE UNIVERSITÀ E FACOLTÀ ECCLESIASTICHE): “L’ARTE NON SI BASA SOLTANTO SULL‘IMMEDIATO CALCOLO DELL’OPPORTUNO, DEL CONVENIENTE O DEL GUADAGNO… È ARS VIVENDI, UN’ARTE PROFONDA DEL DONARSI, DELLO SPENDERSI GRATUITAMENTE”
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Di Rossella Cea
Volano alti gli stormi di uccelli su San Pietro, in una gelida mattina di Febbraio. Proprio come quelli di cui, con tanta emozione, ci parla padre Andrzej Wodka, chiacchierando di arte, dello stato della Cultura in questo periodo, e di come cambieranno i rapporti umani dopo la pandemia.
Accogliendoci con un’affabilità talmente amabile da renderci sensibili e attenti al grande fascino della sua immensa cultura, il monsignore dal 5 giugno 2018 è Presidente dell’Agenzia della Santa Sede per la Valutazione e la Promozione della qualità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche (AVEPRO), per il quinquennio 2018-2023.
Cos’è l’arte per lei?
“Innanzitutto per me l’arte non si basa soltanto sull‘immediato calcolo dell’opportuno, del conveniente o del guadagno… È Ars Vivendi, un’arte profonda del donarsi, dello spendersi gratuitamente. L’ars divina, quella che apre profondità che non hanno limiti. È l’arte dell’essere. È questo tipo di interfaccia tra visibile e invisibile. Fra il ponderabile e lo sconfinato. Fra quello che dà senso e luce, e ciò che resta ombra, oscurità. Perché anche la notte e l’ombra sono funzionali alla salvezza. Questo mirabile insieme di significati ed elementi diventa per me rivitalizzante. Quando sono a contatto con l’arte comincio a sorridere”.
Come cambieranno i rapporti umani dopo la pandemia?
“La profezia della virtualità attrae molti. Molte persone credono che nulla potrà fermare la scienza. Nel senso di empirìa e di tecnica. Io non so se questo accadrà, ma ritengo che l’humanum non potrà mai tradire se stesso diventando un miscuglio di mero tecnicismo e meccanicismo. Non saremmo più noi. Ci dovrà essere quindi un limite. Ci sarà senz’altro un’accelerazione tecnologica crescente, anche verso l’algoritmo, ovvero il calcolo immediato della cosiddetta scelta più conveniente. Che non è morale perché non può esserlo. Ma proprio per lo spavento per quello che sta accadendo e per quello che le macchine possono farci, decidendo tutto su di noi che abbiamo una coscienza e un cuore. Torneremo alle cose più essenziali. A tutto ciò che la pandemia ci ha costretti a rinunciare, una volta usciti da questa situazione, rivaluteremo lo scambio umano più profondo. Torneremo di nuovo ad amare il tocco, lo sguardo, l’abbraccio. Scambiati in un altro modo rispetto a prima, che erano diventati sfuggenti e superficiali. Tutto acquisterà un valore nuovo proprio in virtù di quello che abbiamo passato. Ricordando il testo Fides et ratio di Giovanni Paolo II, articolandolo come due ali di una colomba che senza una di esse non può volare, quindi le due ali sono necessarie per cogliere il volo, per vedere la prospettiva. Per capire la rotta e per apprezzare la brezza del vento. Penso per esempio a quel gioco nell’aria quando vedo ogni tanto gli uccelli su San Pietro disegnare il tramonto. Quindi ribadisco questo concetto a me caro: sono due le ali che debbono sostenersi a vicenda, e mai in contrapposizione tra loro. La sola scienza che va verso il calcolo e il tecnicismo, senza tener conto dell’anima, è solo un operare meccanico e noioso. Non lascia spazio allo spirito per l’arte e la gratuità. E viceversa, la sola disincarnata teologia si smarrisce nel vuoto, perché noi siamo fatti anche di corpo”.
Quale filosofia di vita ci attende?
“La filosofia è l’amore per la Sapienza. Il problema è questo, che la Sapienza come termine sembra non esistere, è diventata piuttosto un accumulo di tecnica. Mentre la Sapienza è quella ‘alterità’ che va oltre il calcolo. Ciò che intercetta. Il senso che non è calcolabile. Perciò la filosofia in questo senso se non mantiene il legame profondo anche con il passato, con la storia e con l’evoluzione dell’empatia umana e non sa tradursi in una successione crescente dei valori, è una filosofia falsa, che produrrà semmai effetti disastrosi di morte.”
Qual è lo stato attuale della Cultura nel mondo?
“Il mio compito è quello di promuovere la qualità accademica ecclesiastica. Ho partecipato poco tempo fa ad una conferenza all’Università Cattolica in Polonia dedicata proprio all’argomento della guerra tra Culture. Un concetto e una realtà che mi hanno sconvolto. La cultura per sua definizione non dovrebbe mai causare pericolose polarizzazioni. Nessuna cultura deve eliminare l’altra. Ho appreso da Papa Francesco una dinamica che prima non avevo mai approfondito, e cioè che la realtà si polarizza in tensioni. In senso hegeliano tesi e antitesi non si devono a vicenda annullare, perché queste polarizzazioni sono di natura vitale. Quindi la sfida che io rappresento per il mondo delle istituzioni dell’educazione è questa. Far sì che non si portino queste istanze all’ esasperazione, perché poi si corre il rischio che si distruggano a vicenda. Fare in modo quindi che l’una aiuti l’altra a cogliere ciò che nella realtà è chiamato a trovare una sintesi di livello superiore. E traducendosi, infine, come un altro anello nella catena dello sviluppo umano”.