Ecco perché il relativismo minaccia la nostra civiltà
RELATIVISMO E DITTATURA
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Di Giuseppe Degradi
Sono sempre stato colpito dalla frase di Papa Benedetto XVI riguardo al relativismo. Per essere chiari fin dall’inizio, il relativismo è sicuramente un disvalore, quello che però, a mio avviso, strideva completamente con l’idea del relativismo era la parola dittatura. Papa Benedetto XVI è decisamente chiaro a riguardo, nel suo discorso del 18 aprile 2005 (https://youtu.be/zdbTkdm-Smg, minuto 8:20) ci avvisa profeticamente che: “si va costituendo una dittatura del relativismo”.
Cerco di dare risposta in questo articolo alle seguenti domande:
Cosa si intende per relativismo?
Ma soprattutto perché Papa Benedetto XVI ci metteva fortemente in guardia da esso?
Il relativismo è un bene o un male? E perché mai dovrebbe essere una dittatura?
Esistono idee vere e false?
Quale sarebbe il criterio di verità?
Quali le implicazioni del relativismo nella politica attuale?
Perché il relativismo è un nemico del cristianesimo?
Il relativismo è un nemico della democrazia?
Lo so, che le domande poste richiederebbero un trattato intero, o forse addirittura un libro, ma cerco di compattare in modo chiaro tutto quanto in un breve articolo. Cerco di essere il più chiaro possibile, partendo dall’idea di verità.
Se volete divertirvi quando vi dovesse capitare di discutere con degli amici che sostengono idee relativiste, provate a chiedere loro di definire ciò che intendono per verità, le risposte sono spesso esilaranti, tra l’imbarazzante e l’inconsistente. I più non sanno rispondere, il che non fa ben sperare per il nostro sistema scolastico. Comunque: la conoscenza è una descrizione della realtà. Mentre la verità è una qualità della conoscenza. Una conoscenza è vera se corrisponde alla realtà. La precisione e l’utilità sono altre qualità della conoscenza estremamente importanti. Il criterio di verità è legato alla definizione di verità. Cioè una conoscenza non è vera o falsa se ci piace o non ci piace, ma se corrisponde o meno alla realtà. Cerco di essere più chiaro con degli esempi. Se dicessi che “sul tavolo del soggiorno c’è una bottiglia di vino rosso”, per verificare questa asserzione, o idea, basta andare in soggiorno e verificare. È molto semplice se troveremo la bottiglia di vino sul tavolo l’affermazione è vera altrimenti è falsa. Quindi sì possiamo affermare anche, che esistono idee vere ed idee false.
La conoscenza ci serve per risolvere problemi concreti, per esempio se volessimo dissetarci, e un amico ci dicesse, che “sul tavolo del soggiorno c’è una bottiglia di vino rosso”, potrebbe aiutarci a risolvere il nostro problema, certo che se fossimo astemi, quella conoscenza sarebbe del tutto inutile. L’utilità della conoscenza dipende dall’obbiettivo che abbiamo, nel nostro caso: o bere qualsiasi cosa o bere solo acqua.
Se il nostro amico ci avesse detto che “sul tavolo del soggiorno che pesa 100 kg, attorniato da 6 sedie, che lui apparecchiato, c’è una bottiglia di vino rosso”, l’aumento di precisione nella descrizione della realtà, non avrebbe dato alcun valor aggiunto per risolvere il nostro problema (cioè dissetarci), ma avrebbe sortito l’unico effetto di tediarci o addirittura innervosirci.
Comunque, se non fosse possibile conoscere la realtà non sarebbe possibile neanche comunicare, né ovviamente dialogare, perché nella comunicazione si scambiano conoscenze
Ora, con queste premesse, il relativismo è una posizione filosofica, che nega l’esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Relativismo).
Quindi una conoscenza è “relativa” se questa dipende dall’osservatore e dal punto di osservazione (come in fisica), mentre di contro una conoscenza “assoluta” è indipendente dall’osservatore e il suo punto d’osservazione. Certo, tornando al nostro esempio, si potrebbe asserire che, l’asserzione dipende dall’osservatore e quindi sarebbe catalogabile come relativa, perché ognuno ha un soggiorno diverso e si rischia di non capirsi, ma normalmente un’affermazione di quel tipo avviene tra famigliari conviventi, ergo non c’è dubbio su quale sia il soggiorno, né quale sia il tavolo del soggiorno. Ci interessa sapere se questa affermazione è relativa o assoluta? Tendenzialmente no. Ci interessa sapere se è vera o falsa e se ci è utile o meno.
Comunque, la parola “assoluto”, a mio avviso è proprio quella che fa più confusione, in questa faccenda (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Assoluto), sia perché è legata all’idea negativa di potere assoluto, nella gestione del potere tirannico o dittatoriale, sia perché legata all’idea di Dio. L’assoluto è infatti ciò che ha l’essere in sé e per sé, essendo causa sui (causa di sé), cioè la causa ultima di tutto e quindi Dio.
A quest’altro tipo di assoluto si contrappone un’idea di “relativo” che è definito, secondo Platone, non come una conoscenza dipendente dall’osservatore, ma come ciò che non ha l’essere, bensì soltanto l’esistenza, ovvero è unicamente a partire da qualcos’altro; esistenza vuol dire infatti propriamente, in senso etimologico, “essere da”, cioè ricevere l’essere da un altro (dal latino ex + sistentia).
Quindi in filosofia le parole “assoluto” e “relativo” sono legate a diversi concetti. Per evitare confusioni meglio usare le parole “soggettivo” e “oggettivo”.
I relativisti molto banalmente ritengono, che siano possibili solo conoscenze soggettive, e nessuna oggettiva. Già Platone metteva in evidenza la contraddizione insista del relativismo, che ci vuole spacciar per verità oggettiva, l’idea che non esistono verità oggettive.
Fuori dall’assurdità teorica del relativismo, dovrebbero però spiegarci cosa c’è di soggettivo nell’espressione che abbiamo preso in considerazione: “sul tavolo del soggiorno c’è una bottiglia di vino rosso”.
In ogni caso i relativisti di tutti i tempi ci hanno allietato con “uscite” esilaranti, talvolta folli, talvolta strampalate, che in alcuni casi negano la conoscibilità della realtà, in altri casi negano la possibilità di poter disporre di conoscenze vere, in altri casi negano addirittura l’esistenza della realtà stessa. In altri casi asseriscono l’esistenza di più realtà.
Ecco un breve rassegna di alcune amenità relativiste:
secondo Roger Penrose (fisico teorico)«La realtà è una cospirazione creata dall’illusione dei sensi», quindi non esisterebbe la realtà, che sarebbe una mera illusione. Queste sono per lo più delle boutades ad effetto, ma rappresentano il negazionismo per antonomasia, negano infatti tutta la realtà. Se vi imbattete in uno di loro vi propongo di farvi dare da loro o il cellulare o il portafoglio (meglio se ben fornito) e poi dirgli che non glielo ridate più, perché tanto è solo un’illusione. Di colpo li vedrete tornare realisti per incanto.
Secondo Protagora, «l’uomo è misura di tutte le cose», a lui può essere fatto risalire il relativismo come orientamento filosofico, e sottolineò il ruolo ineliminabile dell’opinione nella conoscenza umana, negando la possibilità di conseguire una conoscenza oggettiva e immutabile. Questo fa subito pensare ai primi passi della Bibbia quando viene compiuto il peccato originale (Genesi 3:5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”). Nell’espressione di Protagora c’è implicita l’idea che l’uomo può determinare ciò che è bene e ciò che è male per lui. Se vi imbattete in uno di questi novelli sofisti, visto che possono determinare ciò che fa bene e ciò che fa male, proponetegli di accettare di farsi frustare, tanto possono determinare ciò che è un bene per loro. Temo che troveranno una scusa capziosa per non accettare la vostra proposta.
Secondo Paul Watzlawick, (La realtà della realtà)«Ogni cultura ha il suo proprio criterio, la cui validità comincia e finisce con esso. Non vi è alcuna morale umana universale», cioè propone un relativismo limitato alla morale. Questa posizione è ovviamente come le altre visioni relativiste contraddittoria in sé stessa, inoltre, se è sciocca la visione totalitaria del relativismo, lo è ancora di più una visione settaria, secondo la quale solamente in alcuni ambiti varrebbe il relativismo.
La visione relativista permea tutta la storia della filosofia, molte scuole di pensiero si sono abbeverate nello schema mentale relativista. Sofisti, idealisti, soggettivisti, costruttivisti e modernisti, per citarne alcuni, sono proprio accomunati da un’impostazione relativista.
I realisti di contro, non solo riconoscono l’esistenza di una realtà esterna a noi, nella quale siamo immersi, ma ritengono anche che questa sia conoscibile. Anche i realisti ovviamente sono ben coscienti, che ognuno ha una percezione della realtà diversa dagli altri. Un miope per esempio vede sfocato, ma sebbene le percezioni siano imprecise e diverse tra individui, questo non significa che non siano sufficienti per capirsi e per risolvere i problemi quotidiani. Se non fosse possibile conoscere la realtà non riusciremmo neanche ad alzarci la mattina dal letto ed andare in cucina per farci un caffè. Infatti, quando ci svegliamo apriamo gli occhi, anche se siamo miopi, ci facciamo un’immagine della realtà circostante sufficientemente buona, per riuscire ad arrivare in cucina senza andare a sbattere.
Il fatto che risolviamo problemi quotidiani e che possiamo dialogare capendoci, sono due prove concrete, che il relativismo è sciocco. La parzialità e l’imprecisione della nostra conoscenza, non dimostrano infatti l’inconoscibilità della realtà, né la completa soggettività della conoscenza.
Per vivere, manteniamo tutti una visione realista: tutti. Tutti diamo per scontato, che esiste una realtà circostante a noi, nella quale siamo immersi. Certo possiamo influenzare in parte la realtà, possiamo arredare casa nostra come ci piace, ma non possiamo modificare la stragrande maggioranza degli aspetti della realtà, cominciando dalla data e dal luogo della nostra nascita. Tutti comunichiamo proficuamente con altre persone, anche se non sempre il dialogo è semplice.
Più la visione del mondo si allontana dalla realtà, cioè più questa è falsata, più si rischia di prendere delle decisioni erronee ed andiamo a sbattere. Più la conoscenza è lontana dalla realtà e più è folle.
Il relativismo è folle, perché ci allontana dalla realtà, ci mette infatti in conflitto con quello che sperimentiamo quotidianamente, dandoci una visione schizofrenica del mondo.
Chi vuol fare il bene suo e degli altri è molto interessato conoscere e a dialogare con gli altri, per costruirsi una conoscenza del mondo vera. Non è infatti possibile fare il bene se non lo si conosce. Di contro chi sceglie di non perseguire il bene, non ha bisogno di una visione realista, ma può accontentarsi di quella relativista. Non è per niente un caso che molti relativisti, tendano anche a negare l’esistenza del bene e del male.
Un cristiano, che per definizione fa una scelta di campo e sceglie di perseguire il bene suo e degli altri, deve mantenere una visione realista, decisamente contro ogni visione relativista.
Il dialogo va inoltre educato e sostenuto perché ci permette di sviluppare delle conoscenze più adatte, cioè vere, utili e sufficientemente precise, per risolvere i problemi quotidiani.
La democrazia permette e difende la libertà di manifestazione del pensiero, perché questa è la base del dialogo, e il dialogo è la base per farsi un’immagine del mondo veritiera, che ci permette di prendere decisioni volte al bene.
Il relativismo è invece rende superfluo ogni dialogo, perché negandola possibilità di sviluppare delle idee vere, mette in condizione il relativista di pretendere, che la sua idea venga accettata e rispettata dagli altri senza metterla in discussione, perché anche se falsa, sarebbe valida come quelle vere. Tanto lui non ne riesce a distinguere la differenza, né vuole farlo.
Quindi il relativista, nella sua contradditoria follia, impone agli altri la sua falsata visione del mondo come un dittatore, e ci riesce perché uccide il dialogo.
Il relativismo è decisamente nemico della democrazia perché fa saltare le regole del dibattito e del confronto democratico, tutti i diritti umani e le libertà civili, mettendo le premesse per una deriva autoritaria.
Ecco perché papa Benedetto XVI ci aveva messo in guardia dal relativismo, che nel concreto diventa dittatura, cioè imposizione violenta di una concezione ideologica. Prima vittima: il dialogo.
Ovviamente più le concezioni relativiste sedimentano nella società e più le conseguenze deleterie di questa impostazione autoritaria si faranno vedere a tutti i livelli, anche in politica. L’attuale contrapposizione su tutti i valori non negoziabili, ne è un perfetto esempio.
Per difenderci da questa tendenza dovremmo avere il coraggio di criticare con maggiore decisione le filosofie relativiste.
Ottimo. Concordo pienamente.