Shemà. Commento al Vangelo del 9 febbraio della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà. Commento al Vangelo del 9 febbraio della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

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IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: martedì 9 febbraio 2021

Il brano del Vangelo che oggi ci viene presentato dalla liturgia non intende mostrare un atteggiamento di Gesù contrario alle osservanze religiose perché non era l’intenzione di Gesù mettersi in disaccordo con l’osservanza della Legge di Dio, altrimenti non sarebbe il Figlio di Dio obbediente al Padre, e quindi obbediente anche alla sua Legge. Il punto su cui Gesù discute, e vorrei precisare che la discussione, lo studio e il dialogo sono elementi necessari nel mondo giudaico per praticare l’obbedienza della Legge, è il fondamento profetico che si può applicare all’osservanza dei precetti, come fa notare proprio Gesù che, lo notiamo, cita le parole di  Isaia. Ora, se nel testo del Vangelo,  la citazione è sintetizzata, in realtà il brano profetico a cui Gesù si riferisce è quello di Isaia 29,13-14 “Perciò il Signore dice: «Poiché questo popolo si avvicina a me solo con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me, e il loro timore di me è solo un comandamento insegnato da uomini, perciò, ecco, io continuerò a fare meraviglie in mezzo a questo popolo, sì, meraviglie e prodigi; la sapienza dei suoi savi perirà e l’intelligenza dei suoi intelligenti scomparirà». La questione che Gesù, quindi, lascia emergere con la citazione del profeta Isaia è l’annullamento dell’intelligenza dei sapienti, o di chi si sente tale, di fronte alle opere di Dio. La questione della purità rituale, quindi, che ricadeva nelle piccole azioni quotidiane, non viene eliminata da Gesù, ma superata da un’intelligenza più profonda che viene espressa dal rito stesso dell’abluzione. In poche parole la risposta di Gesù sposta l’attenzione sulla qualità profetica che il rito dell’abluzione manifesta e, in questo modo Gesù non giustifica chi non compie questo rito, perché Gesù non dice: “i miei discepoli fanno bene a non lavarsi le mani”. Quindi, se proprio vogliamo scorgere un rimprovero di Gesù ai farisei, non è rivolto al rito di purificazione in sè, né alla legge di Mosè, ma allo sguardo interiore, allo sguardo del cuore, di quegli uomini di fede, non solo sui seguaci di Gesù, ma sullo stesso rito e sulla legge.  Gesù pone la questione in senso profondo, denunciando uno sguardo impuro, superficiale, non sapiente, non profetico sulla questione rituale e sulla legge. Ciò che Gesù chiede non è di non compiere il rito dell’abluzione, ma di non compierlo in un certo modo, cioè senza accorgersi che le mani, che vengono purificate in quel gesto rituale, sono simbolo del cuore e delle azioni compiute per gli altri e quando si purificano le mani nel rito di abluzione, in realtà si purificano gli occhi del cuore, la fonte degli atti di carità. E questo lo dice Gesù stesso, i Profeti lo avevano già predicato prima di lui, perché chi è vicino a Dio sa bene che Dio guarda il cuore, ma il cuore si allontana, anche solo semplicemente guardando gli altri in modo superficiale. Allora oggi ringraziamo il Signore che in questa liturgia ci dona il criterio per continuare a vivere nella carità: l’umiltà di Gesù, il suo modo di vivere profondamente ogni atto in relazione col Padre. Sant’Agostino ha scritto nel commento al Prologo del quarto Vangelo (In Ioan. II,16), che l’umanità di Gesù ci purifica. Ecco le sue parole:«Con la sua nascita (col suo corpo) (Gesù) ci ha procurato il collirio con cui ripulire gli occhi del nostro cuore, onde potessimo, attraverso la sua umiltà, vedere la sua maestà. Per questo il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi. Ha guarito i nostri occhi». Chiediamo oggi al Signore Gesù la grazia di saper vedere ciò che facciamo, noi o gli altri intorno a noi, non con superficialità, ma con gli occhi del cuore, purificati dal collirio della Sua umiltà. Buona giornata! 

Mc 7, 1-13

 

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”. Ed egli rispose loro: “Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.
E diceva loro: “Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte”.

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

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