La scelta di Salvini (appoggiare Draghi) è l’unica possibile?

La scelta di Salvini (appoggiare Draghi) è l’unica possibile?

L’EVENTUALE AVENTINO DELLA LEGA DETERMINEREBBE UNA MAGGIORANZA POLITICA SPOSTATA A SINISTRA E FAREBBE VENIR MENO LA TREGUA SUI TEMI SENSIBILI: SI DIVENTEREBBE COMPLICI DELLA RIVOLUZIONE ANTROPOLOGICA CHE INEVITABILMENTE SEGUIREBBE A LIVELLO NORMATIVO.

Di Gianfranco Amato (Avvocato)

La scelta della Lega di appoggiare Mario Draghi nel suo tentativo di approntare un governo ha lasciato l’amaro in bocca a diversi militanti del mondo pro-life e pro-family italiano.

Cercherò di spiegare perché la scelta di Salvini non solo era obbligata e l’unica possibile, ma rappresenta anche un vero colpo di genio dal punto di vista politico. Lo farò in sei punti.

1) Occorre considerare la natura del partito Lega. Per non apparire di parte, citerò le parole di un insospettabile filosofo di sinistra: Massimo Cacciari. In una recente intervista rilasciata al “Giornale” il filosofo veneziano ha spiegato che «la Lega è l’unico partito in Italia che ha forza, ossia ha un autentico radicamento sociale nelle Regioni chiave di questo Paese, il Nord» e «non ha qualche voto d’opinione raccattato un po’ a caso». Per Cacciari, infatti, «la Lega è l’unica forza politica, tutto il resto oggi c’è e domani non c’è più». Nella scelta (obbligata) di sostenere Draghi proprio la base sociale di riferimento del Carroccio ha giocato un ruolo fondamentale: imprenditori piccoli e grandi, artigiani, commercianti, professionisti e partite IVA del Nord hanno preteso da Salvini che partecipasse attivamente ad un governo in grado di dare risposte concrete alle loro esigenze, e che non si rifugiasse in un inconcludente Aventino. Interessante, per esempio, è la dichiarazione rilasciata da Alberto Baban, imprenditore veneto, ex presidente nazionale della Piccola Industria di Confindustria: «La Lega sarà obbligata a sostenere un governo Draghi, altrimenti perderà la sua base, che è fatta di piccole e medie imprese, di partite Iva, di gente che sta sul mercato e ha bisogno di un governo serio. Se la Lega vuole affossare l’Italia solo per una questione ideologica o di convenienza politica, la pagherà». Da questo punto di vista, quindi, non vi erano molte alternative.

2) Il colpo geniale è stato quello di far implodere l’accrocco giallo-rosso e di scatenare un vero e proprio psicodramma dentro il PD. I democratici, infatti, erano convinti che l’opzione Draghi avrebbe riproposto la formula politica prevista per il Conte Ter, o al massimo un governo “Ursula”, ovvero la stessa formula allargata alla parte liberal di Forza Italia. Nessuno si aspettava un sì incondizionato da parte di Salvini.

3) L’imprevista adesione della Lega, senza veti e pregiudiziali nell’interesse superiore del Paese, non ha soltanto avuto l’effetto deflagrante di una bomba nel campo avversario, ma ha accreditato lo stesso partito, anche a livello internazionale, come soggetto politico responsabile e titolato a governare. Salvini in un colpo solo ha fatto venir meno l’unico collante che teneva insieme l’armata Brancaleone giallo-rossa – ovvero l’odio nei suoi confronti – e ha fatto uscire dal lazzaretto degli appestati la stessa Lega. Quest’ultimo in realtà è l’elemento che più ha destabilizzato i piddini. Il Carroccio, a livello nazionale ed internazionale, non ha più il marchio d’infamia degli impresentabili, ma è tornato in partita. La mossa a sorpresa ha dimostrato urbi et orbi che la Lega ha tutti i titoli per governare l’Italia.

4) Non occorre rispolverare il noto aforisma del “Divo Giulio” («il potere logora chi non ce l’ha») per comprendere che l’opposizione o, peggio, l’Aventino non paghi mai in termini elettorali. Basta ricordare che Salvini ha raddoppiato i consensi della Lega quando era Ministro degli Interni, e proprio la sua politica sul controllo dell’immigrazione, checché se ne dica, è stata determinante per catalizzare voti addirittura da sinistra. L’opposizione di questo anno e mezzo, invece, non ha assolutamente pagato in termini di consenso. Anzi. Da questo punto di vista Fratelli d’Italia rischia di commettere un grosso errore strategico. Non appare, infatti, una grande prospettiva quella di ripetere – mutatis mutandis – l’esperienza del M.S.I. ghettizzato fuori dal cosiddetto “arco costituzionale”. Pensare che questa scelta paghi in termini di voti è un errore già rilevabile. Giorgia Meloni potrebbe dare un’occhiata ai sondaggi che vedono la maggioranza degli elettori di Fratelli d’Italia propendere per il sostegno al governo di “solidarietà nazionale” di Draghi. O potrebbe, più concretamente, dare un’occhiata alla fila degli amministratori locali di Fratelli d’Italia che in queste ore stanno bussando alla porta della Lega. Nell’attuale contesto storico l’isolamento per ragioni ideologiche è fuori tempo. La società oggi chiede risposte concrete non posizioni ideali di bandiera, e queste risposte si possono dare solo se si ha la possibilità di incidere. Salvini ministro degli interni docet!

5) Mostrano un’ingenuità naïf tutti quelli che pensano che l’alternativa all’appoggio a Draghi siano le elezioni. Un senso di bismarckiana Realpolitik induce a ritenere che le elezioni restino per il momento un’ipotesi dell’irrealtà, non foss’altro che per il noto principio di autoconservazione dei numerosi deputati e senatori “miracolati” che oggi godono – e domani mai più – di uno scranno in parlamento. Tralasciando ogni considerazione nel merito della scelta di Mattarella, il fatto che non si voti resta un dato ineludibile con il quale occorre fare i conti. È pericoloso, quindi, inseguire l’illusione delle elezioni e scherzare col fuoco. Se la verifica coi partiti dovesse dare esito negativo, Mario Draghi sarà costretto a tornare da Sergio Mattarella per rifiutare l’incarico. A quel punto, però, il Presidente della Repubblica non si rimangerebbe pubblicamente la parola e non scioglierebbe le camere ma sarebbe costretto a giocare “obtorto collo” l’ultima carta che non vorrebbe mai giocare: spedire il governo dimissionario di nuovo in parlamento. E di fronte ad uno scenario da “last call” – o fiducia o caduta – i peones di tutti i partiti (trasversalmente), per il citato principio di autoconservazione e nel segreto dell’urna, voterebbero il Conte Ter. Serva da lezione quanto è accaduto nell’agosto 2018.

6) Un’ultima riflessione di carattere etico-morale. Un governo istituzionale di unità nazionale presuppone per sua natura che i temi divisisi – soprattutto quelli eticamente sensibili e ad impronta ideologica – vengano tolti dal tavolo della discussione. Fonti autorevoli ed accreditate confermano che già esiste, come è ovvio che sia, un accordo in tal senso. Ciò significa non solo lo stop all’approvazione definitiva della famigerata Legge Zan in tema di “omolesbotransginecodisabilofobia”, ma anche all’avanzamento dell’iter della legge sull’eutanasia, sull’utero in affitto, sulla legalizzazione della cannabis, evia elencando. La Lega tornerebbe a svolgere la funzione di “diga” che ebbe durante il governo giallo-verde. Ricordiamo che la conclusione di quella esperienza ebbe, tra gli altri, anche l’effetto deleterio di far approvare alla Camera il citato DDL Zan. Dal punto di vista etico-morale ci si deve, quindi, porre il problema che l’eventuale Aventino della Lega determinerebbe una maggioranza politica spostata a sinistra e farebbe venir meno la tregua sui citati temi sensibili. In questo caso il mancato sostegno a Draghi significherebbe essere conniventi se non complici della rivoluzione antropologica che inevitabilmente seguirebbe a livello normativo.

Concludo con una considerazione generale. Comprendo come accademici, tecnici, scienziati, abbiano poca dimestichezza con le dinamiche politiche. Del resto, il grande Bismarck nel suo discorso alla Camera Prussiana il 18 dicembre 1863, ricordò che «die Politik ist keine exakte Wissenschaft», la politica non è una scienza esatta. Anzi, in quell’occasione precisò che la politica più che una scienza è «eine Kunst», un’arte, fatta di intuizione, di istinto, di estro, di genio, di improvvisazione, di sorpresa. Lo ha imparato a sue spese l’accademico Prof. Giuseppe Conte. Lui era convinto che la politica fosse una Wissenschaft, e Matteo Renzi gli ha dimostrato, invece, che è una Kust. A ciascuno il suo mestiere.

 

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