Shemà. Commento al Vangelo dell’8 febbraio della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà. Commento al Vangelo dell’8 febbraio della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

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IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: Mc 6,53-56
lunedì 8 febbraio 2021

Nel Vangelo di oggi osserviamo come tante persone accorrevano da Gesù e soprattutto i malati e i sofferenti cercavano di toccare almeno il lembo del suo mantello per essere guariti. Interessante questo particolare perché toccare il lembo del mantello, che sicuramente era il mantello che Gesù usava per la preghiera, il Tallit o Talled, come lo chiamano gli ebrei, significa toccare la protezione di Dio che copre ogni ebreo e lo riveste come presenza viva della Parola di Dio. La folla aveva compreso che Gesù non è un uomo ebreo come tutti gli altri e su di Lui la protezione di Dio agisce in modo unico. Oggi tutti noi sappiamo perché: solo Gesù è il Figlio Unigenito del Padre e solo Lui può davvero guarire totalmente le persone, in modo integrale, ridonando alla persona una vita sana, anzi, risanata dalla radice. Ne è testimonianza la santa che oggi ricordiamo nella liturgia, una donna che ha tanto da insegnarci con la sua vita. Per questo voglio raccontarvi, anche se molto velocemente, la sua storia. Santa Giuseppina Bakhita, onorata dalla Chiesa Cattolica come vergine, nacque nel 1869 nel Sudan e soffrì molto nella sua infanzia, perché fu rapita dall’età di 7 anni.  Il suo nome, Bakita, che vuol dire “fortunata” le venne dato dai suoi rapitori. Di lei sappiamo che fu venduta più volte come schiava e che visse soprusi e violenze fisiche e morali. Nel 1882 viene comprata a Kartum dal console italiano che la portò in Italia, dove, per le meravigliose vie della Provvidenza, venne accolta in una una ricca famiglia italiana per svolgere la mansione di balia per la bambina di questa nobile famiglia, che, secondo il racconto della santa, le portò rispetto e fiducia, affidandole la bambina che ogni giorno accompagnava nella scuola dalle Canossiane. Bakita quindi, pian piano, conobbe la fede cristiana e il 9 gennaio 1890 venne battezzata col nome di Giuseppina. Dopo tre anni dal battesimo, decise di farsi suora canossiana. Divenuta suora, venne trasferita a Schio (Vicenza) dove muore l’8 febbraio del 1947. Questa santa, dicevo, è una vera maestra di vita perché arriva a riconoscere con le sue stesse parole: “Sono stata davvero fortunata nella vita. Se oggi incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché, se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa”. Di fronte a questa testimonianza tanto forte, non possiamo non affidarci alla preghiera di questa santa perché anche noi oggi possiamo toccare con la fede la grazia che abita la persona di Gesù, la grazia che guarisce e risana ogni piaga, ogni ferita, ogni male che può ricevere la nostra umanità. Il Signore oggi ascolti le nostre preghiere, che oggi uniamo a quelle di tutta la Chiesa italiana che, ricordando santa Bakita, ci fa pregare per tutte quelle persone che ancora oggi, purtroppo, subiscono la tratta o arrivano commettere soprusi contro altre persone. Preghiamo insieme: Signore, è scritto in questo brano del Vangelo di oggi, “tutti quelli che lo toccavano venivano salvati”, concedici di tendere le nostre mani verso di Te e di toccarti, Signore, di avere un contatto con Te perché anche oggi questa nostra umanità ferita e piagata possa essere salvata. Buona giornata!

MC 6,53-56 

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

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