Le esimie personalità parlamentari e gli atti di poltronistica responsabilità

Le esimie personalità parlamentari e gli atti di poltronistica responsabilità

OGGI NON C’È PIÙ VERGOGNA. INCAPACI DI ARTICOLARE UN DISCORSO ELEMENTARE IN LINGUA ITALIANA, SI LANCIANO DAVANTI ALLE TELECAMERE PER AVERE IL LORO MOMENTO DI GLORIA, CONTANDO SULLA COMPLICITÀ DI UN POPOLO CHE GIUDICANO INCONSAPEVOLE, DISTRATTO E, FORSE, INTIMAMENTE, SPERANO SIA PIÙ IGNORANTE DI LORO

Di Dalila di Dio

Si stima che se il Presidente della Repubblica sciogliesse oggi le Camere e si andasse a votare adesso invece che a scadenza naturale della legislatura, ogni parlamentare perderebbe oltre 300mila euro in emolumenti.

Per non parlare del potere, dei benefici indiretti, degli onori e dei privilegi riservati a chi ricopre cariche di siffatto prestigio in Italia.

Intendiamoci: per quanto ci riguarda, potremmo pure pagarli il doppio, questi Parlamentari, se solo fossero in grado di adempiere dignitosamente alla loro funzione e di dare lustro alla Nazione.

Non abbiamo mai subito la fascinazione delle lotte anticasta, dei dimezzamenti di stipendio, di tagli e ridimensionamenti vari.

A meno di non ridurre tutto ad un triumvirato Di Maio – Toninelli – Bonafede, la democrazia ha dei costi. E non dovrebbe conoscere spending review.

È doveroso remunerare adeguatamente il servizio di Senatori e Deputati che prestano servizio alla Nazione: dovrebbe esserlo, quantomeno.

Perché, idealmente, costoro dovrebbero essere la migliore espressione del Paese.

Giuristi, scienziati, economisti e letterati di chiara fama, in grado di comprendere il mondo e di operare scelte per il bene della collettività, ciascuno orientato dalla propria cultura ed ideologia politica.

Stipendi elevati e privilegi erano, infatti, originariamente finalizzati da un lato a ristorare queste eccellenze del Paese dalle perdite che avrebbero subito nel lasciare temporaneamente le loro professioni per servire la Repubblica, dall’altro a garantire che l’accesso alle alte cariche dello Stato non fosse riservato ai soli ceti abbienti.

E poi c’era l’altro aspetto: pagarli bene affinché fossero insensibili alle sirene della corruzione.

Qui qualcosa è andato storto, ammettiamolo!

Certo è che l’idea primigenia non fosse proprio quella di creare una casta di privilegiati.

Un lauto stipendio era il minimo che lo Stato potesse offrire alle migliori personalità del Paese, affinché si mettessero al servizio della Nazione.

Oggi che il Parlamento è divenuto un luogo per il collocamento di disoccupati e nullafacenti, le cose sono un po’ cambiate.

Quando scopri che la Camera dei Deputati è popolata da giovani, e meno giovani, che grazie alla lotteria delle elezioni hanno potuto per la prima volta nella loro vita, dichiarare un reddito, qualche domanda cominci a portela.

Che dire del trentacinquenne On.le Davide Aiello, passato da € 0 nel 2018 a € 98.884 nel 2020,  dell’On.le Amitrano, da € 0 a € 98.471, della MinistrA (ci tiene molto!) Azzolina balzata da € 9.514 ad € 96.275?

Che dire dell’On.le Ascari che nel 2018 dichiarava € 211,00 (duecentoundici) e nel 2020 100.018?

Quando sono queste le esimie personalità che popolano il Parlamento, quando sono questi gli interessi in gioco, è facile comprendere perché per la maggioranza dei partiti quella del voto non sia una soluzione praticabile alla crisi in corso.

Cosa andrebbe a fare il Senatore Ciampolillo? E la Senatrice Maria Rosaria Rossi nota per la sua indefessa attività parlamentare, avrebbe possibilità di essere rieletta?

Persino il povero Senatore Vitali, forzista da una vita, era stato sedotto dal Premier in pochette che lo aveva convocato a Palazzo Chigi per chiedergli un atto di poltronistica responsabilità.

Solo la chiamata di Silvio e la rassicurazione “Non si vota!” hanno ricondotto il figliol prodigo alla casa del padre.

Va bene tutto, purchè non si voti. Va bene tutto, purchè non si consenta al Popolo di giudicare quello che è stato fatto negli ultimi tre anni.

Può una democrazia che voglia definirsi tale piegarsi a simili logiche?

Mi si dirà che si è sempre fatto, che è sempre stato così.

Probabilmente è vero. Ma il fatto è che una volta certi ragionamenti, certi calcoli, rimanevano occulti. Venivano coperti con diffuse dissertazioni sull’interesse nazionale. Residuava una forma di timore per le reazioni dell’opinione pubblica alla quale, comunque, andava offerta una versione accettabile della storia.

L’indignazione del Popolo faceva paura. C’era un briciolo di vergogna.

Ecco, la vergogna. Oggi non c’è più vergogna.

Incapaci di articolare un discorso elementare in lingua italiana, si lanciano davanti alle telecamere per avere il loro momento di gloria, contando sulla complicità di un Popolo che giudicano inconsapevole, distratto e, forse, intimamente, sperano sia più ignorante di loro.

Così è consentito inscenare spettacoli pietosi, dilettarsi in giravolte e tripli salti mortali, tradire ogni promessa elettorale, perseguire solo l’interesse personale ed è consentito farlo apertamente. Impunemente.

I colpevoli di tutto questo siamo noi. Il Popolo.

Il Popolo che si lascia atterrire dalla paura, il Popolo che non studia, il Popolo che non distingue tra tifo calcistico e sentimento politico, il Popolo che non si ribella.

È solo per colpa nostra che il Paese è sprofondato in questo baratro.

L’auspicio è che, quando ci sarà consentito il lusso di votare, possiamo avere il coraggio di emendarci da una simile colpa.

 

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