Da oggi si prega per l’unità dei cristiani. “La divisione è frutto amaro del male”
LA RISPOSTA DI GESÙ NELL’ORA DELLA PROVA È TOTALMENTE DIFFERENTE… INDICA UNA STRADA INEDITA
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Di Maria Luisa Donatiello
La Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani verrà celebrata, come ogni anno, dal 18 al 25 gennaio.
A Roma “Papa Francesco presiederà i Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo in conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, lunedì 25 gennaio alle ore 17.30, presso la Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, alla presenza di rappresentanti delle altre Comunità cristiane residenti a Roma e in Italia. La partecipazione dei fedeli sarà riservata a un numero limitato di persone ma la celebrazione sarà trasmessa in diretta sul sito di Vatican News.”
Sul sito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani si legge che a causa della pandemia molte saranno le restrizioni rispetto agli anni precedenti, ma vengono riportate altre iniziative ecumeniche on line e in presenza alle quali si potrà partecipare durante la settimana di preghiera (consultabili qui).
Tra queste iniziative riportiamo l’appuntamento italiano di: “Mercoledì, 20 gennaio, 16,30 (ora di Roma) – Diocesi di Roma – Veglia ecumenica della Diocesi di Roma presso la Basilica di Santa Maria in Trastevere, presieduta da S.E. Mons. Paolo Selvadagi, Delegato diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.”
Il passo del Vangelo che ispira e guida la settimana di preghiera è tratto da Giovanni: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (Gv 15, 5-9).
Sono stati resi disponibili i testi di preghiera realizzati a supporto della settimana. Siccome però l’impegno a lavorare per l’unità dei Cristiani deve coinvolgere i fedeli per tutto l’anno i testi consigliati sono da intendersi validi per l’intero 2021 e non soltanto per la settimana di preghiera.
Inoltre è bene sottolineare che l’unità, che si ricerca tra i Cristiani nel mondo, deve essere motivo di profonda riflessione e perseguita prioritariamente tra i fedeli cattolici che, guidati dal Magistero e dalla Parola, devono restare uniti, saldi nella fede e fedeli al ministero petrino, così, in questa ottica, la moltitudine di carismi e movimenti, frutto del Concilio Vaticano II, non è che da intendersi come la manifestazione di una preziosa e meravigliosa pluralità nell’unità della Chiesa.
“Oggi l’umanità intera sta attraversando ancora una stagione di grande sofferenza, colpita nel profondo dall’epidemia di Covid-19 e dalle sue devastanti conseguenze sociali, economiche e morali. Non c’è stata nazione che non abbia avuto i suoi dolori ed anche coloro che sono stati risparmiati devono fare i conti con la crisi che ne è scaturita. Come reagire davanti a tutto questo? C’è ancora un futuro insieme? Potremo portare frutto? C’è chi ha scelto di ignorare le richieste di soccorso dei malati (pensiamo ai tanti anziani morti negli istituti!), chi ha deciso di chiudere ulteriormente i propri confini ed il proprio cuore, chi si è lasciato andare all’inerzia, chi ha espresso la propria frustrazione e rabbia incolpando gli altri. La risposta di Gesù nell’ora della prova è totalmente differente. Egli pronuncia un discorso carico di autorevolezza e allo stesso tempo di misericordia, indicando una strada inedita, che, allo stesso tempo, ha le sue radici più profonde nella Parola di Dio. ‘Io sono la vite, voi i tralci’ è la prima affermazione, che probabilmente sorprese i discepoli riuniti intorno alla tavola con lui. L’immagine della vite, lo sappiamo, non è nuova nel Primo Testamento: essa rappresenta il bene più prezioso per i contadini israeliti, fonte di sostentamento e di gioia, causata dalla produzione del vino. La vite coltivata compare significativamente per la prima volta nella Genesi (Gn 9,20), piantata da Noè proprio dopo il diluvio, quasi a marcare la chiusura del disastro e l’inizio di un’era diversa, in cui si può ricominciare a popolare la terra e a lavorare il suolo. Altrove, come nel Cantico dei Cantici o nei profeti, la vigna indica la sposa e diviene immagine del popolo di Israele in rapporto col Dio dell’Alleanza. Riprendendo questo sostrato della tradizione, Gesù opera un cambiamento inaspettato: Egli stesso diventa la vite del Padre, mentre i suoi discepoli sono i tralci. Si fa garante cioè di un rapporto con Dio stesso destinato, attraverso la sua morte e risurrezione, a rimanere stabile, saldo, portatore di vita e di speranza, come la linfa che scorre dal centro della pianta verso le sue estremità, senza escludere quelle più periferiche. È un’immagine chiara e rivoluzionaria, cui farà eco quella utilizzata in 1 Corinzi 12 dall’Apostolo Paolo, che presenta la Chiesa come il rapporto tra Cristo capo e le membra in un unico corpo. Gesù vuole rassicurare tutti noi tralci, ci chiede di non temere davanti alle difficoltà e ai tempi bui: la forza, l’energia vitale proviene da lui, non la dobbiamo cercare in noi stessi, o altrove. Il Signore non dimentica nessuno, neanche i rametti più piccoli e lontani, oppure quelli più nodosi e incalliti dal tempo; di tutti si prende cura. È un’indicazione davvero preziosa per noi, cristiani di diverse confessioni. Ogni fronda, ogni tralcio non è mai uguale all’altro, ha avuto un suo sviluppo, produce foglie e frutti in quantità diversa, ma non è questo che importa al Signore. L’importante, infatti, è rimanere in lui. E noi lo possiamo fare insieme, proprio in questo tempo difficile”.
Introducono così monsignor Ambrogio Spreafico (Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e Presidente della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della CEI), il Pastore Luca Maria Negro, Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Sua Eminenza Reverendissima il Metropolita Gennadios, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e di Malta ed Esarca per l’Europa Meridionale, il Sussidio che hanno preparato in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che comincia oggi, 18 gennaio e terminerà il prossimo 25 gennaio.
“Rimanere uniti in Cristo”, continuano i tre estensori dell’introduzione al testo. “C’è, in queste parole di Gesù, una precisa insistenza, un appello urgente rivolto ai suoi: ‘Rimanete in me’. Il verbo greco ménein è tipico del linguaggio giovanneo (su 118 occorrenze nel Nuovo Testamento, ben 40 sono nel quarto vangelo). Ha una valenza doppia, come ha ben evidenziato Bultmann: esso indica infatti la permanenza in un luogo, ma anche una stabile durata temporale. Qui si potrebbe tradurre con: ‘aderire fedelmente’. Il rapporto che il Signore chiede, e quasi esige dai suoi, è un rapporto di fedeltà stabile. Gesù chiede a ciascuno di noi di non fuggire via, arroccati sulle nostre posizioni, presi dalle nostre idee, dalla tentazione di ripiegarci e chiuderci in noi stessi. Ci chiede non un’agitazione sterile, un attivismo sfrenato, ma innanzitutto un rapporto saldo e vivificante con la sua Parola. ‘Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi…’. Rimanere discepoli del Risorto vuol dire meditare ogni giorno la Parola di Dio, origine di amore, di misericordia, di unità. Questo rapporto personale intenso con le Sacre Scritture è garanzia perché ogni nostra preghiera venga esaudita: ‘Chiedete quello che volete e vi sarà fatto’. E oggi la nostra preghiera sale intensa perché il Signore preservi l’umanità dalla forza del male, dalla divisione e ci doni l’unità tra noi. La preghiera stessa diventa a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: ‘Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede’. Rimanere in Gesù, infine, come ci svela Egli stesso, vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore ci fa uscire, ci spinge verso gli altri, specialmente verso i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato uscendo e percorrendo le strade del suo tempo”.
Monsignor Spreafico, il Pastore Negro, il Metropolita Gennadios, ricordano, in conclusione della loro introduzione, che il risultato della lotta per vincere il male e la divisione, rimanendo saldi in Gesù, “è portare frutti abbondanti. Quante volte abbiamo sentito, come Pietro dopo una notte di pesca infruttuosa (Lc 5) o come alcune donne della Bibbia, come Sara (Gn 17), Anna (1 Sm 1) o Elisabetta (Lc 1) il peso della sterilità nella nostra vita quotidiana o nella missione che il Signore ci ha affidato! La divisione, frutto amaro del male, vanifica gli sforzi per ottenere risultati concreti. Da soli, non possiamo nulla! In questo tempo abbiamo scoperto quanto siamo connessi, quanto davvero apparteniamo tutti all’unica famiglia umana, pur nelle nostre differenze. Già nei vangeli sinottici un raccolto sovrabbondante è il segno dell’efficacia della Parola di Dio in quanti la accolgono, come nella parabola del seminatore. Qui il frutto abbondante è la manifestazione della gloria divina, cioè della presenza tangibile e vittoriosa del Signore in mezzo all’umanità. Sì, noi possiamo vedere la sua gloria, la sua presenza di vita, che ci fa guardare al futuro con speranza nonostante le avversità e la paura che ancora sembra opprimerci. ‘Rimaniamo’ in lui e troveremo ristoro e pace per la nostra vita e potremo comunicare questo tesoro prezioso al mondo intero, perché possiamo ‘tutti essere una cosa sola in lui’ (Gv 17, 21)”.
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