L’on. Delmastro chiede chiarimenti sulla vicenda “mascherine FFP3”
SI TRATTA DI UNA FORNITURA DA 801 MILIONI DI MASCHERINE PAGATE DALLO STATO SENZA GARA (IN AFFIDAMENTO DIRETTO) A 1,25 MILIARDI DI EURO, COME DENUNCIATO IN UN’INTERPELLANZA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CONTE
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Di Angelica La Rosa
Lucia Annunziata ha dato prova del suo non essere super partes ma di apparire di parte (politicamente, s’intende!).
Il 10 gennaio 2020, nel corso della sua trasmissione pomeridiana domenicale Mezz’ora in più (vedi qui) ha usato due pesi e due misure con i suoi ospiti. Chi non le è politicamente gradito (leggasi Salvini) è stato pressato con domande anche provocatorie, come è giusto che sia.
Invece, ospitando il Commissario straordinario all’emergenza sanitaria Domenico Arcuri, il metro linguistico e giornalistico dell’Annunziata è cambiato. Accomodante, senza un briciolo di vis polemica (giocherellando sul riscaldamento in studio…), senza quel coraggio che trova, invece, nel porre certe domande scomode ad altri suoi ospiti.
Moltissimi telespettatori si sarebbero aspettati una domandina ad Arcuri sulla vicenda “mascherine” e su certi “affari” che lo riguarderebbero. Ma la Annunziata ha taciuto sulle inchieste del quotidiano La Verità.
Non così ha fatto il deputato di Fratelli d’Italia l’on.le Andrea Delmastro Delle Vedove.
L’esponente del partito guidato da Giorgia Meloni (guarda caso un’altra politica pressata con domande insistenti dall’Annunziata) ha presentato nei giorni scorsi al Presidente del Consiglio dei Ministri un’Interpellanza per chiedere dei chiarimenti su quella che ha tutta l’aria di essere una vicenda particolarmente incresciosa.
Riportiamo senza censure e tagli quanto scritto dall’onorevole Delmastro. Un documento pubblico che si può trovare facilmente sul web.
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Un articolo comparso il 9 gennaio sul quotidiano La Verità, racconta che i giornalisti hanno inviato alcune domande sulle mascherine FFP3 all’ufficio stampa di Invitalia e, invece dei chiarimenti ai quesiti richiesti, sia stata recapitata una risposta dallo studio legale Volo, già scelto da Arcuri per fare causa al medesimo giornale; gli avvocati hanno fatto sapere che non sarebbe stata fornita loro nessuna delle informazioni richieste poiché tra il giornale e il commissario vi è una causa in corso; tra i vari motivi che hanno indotto il commissario a citare la testata in giudizio c’è lo scoop giornalistico che ha portato la Procura di Roma ad avviare un’inchiesta sulla mega fornitura cinese di mascherine e che conta almeno otto indagati, di cui sei per traffico illecito di influenze; tali soggetti sono accusati di aver sfruttato per il proprio business la conoscenza personale con Arcuri; si tratterebbe di una fornitura da 801 milioni di mascherine pagate dallo Stato 1,25 miliardi di euro. Questi dispositivi sono arrivati in Italia attraverso una ben retribuita intermediazione intermediazione; Arcuri per approvvigionarsi di mascherine FFP3, non avrebbe acquistato protezioni tra le più quotate al mondo, bensì quelle portate in Italia da due piccole società cinesi di cui non si conoscono i produttori, una di queste nata cinque giorni prima della firma dei contratti: La Wenzhou light industrial products art & crafts import export co. Ltd e la Luokai trade co. Ltd; attraverso tre diverse forniture, le due opache aziende cinesi avrebbero garantito 231.617.647 di pezzi (al prezzo di 787,5 milioni di euro) su un totale di 238.717.647 di FFP3 giunte nel nostro Paese, ovvero l’incredibile percentuale del 97,03%. Il restante numero di mascherine (7,1 milioni) sono state fornite dall’italiana Gvs Spa attraverso tre diversi accordi, siglati ad aprile, maggio e settembre (l’ultimo prevedeva due milioni di pezzi); le mascherine cinesi sono costate 3,4 euro l’una, le italiane tra i 4,85 e i 4,61 euro per un totale di 33,6 milioni di euro (il 4,09 per cento della spesa complessiva); intanto, un servizio trasmesso nella rubrica “Tutto il bello che c’è” andato in onda nella serata di giovedì 7 gennaio e nell’edizione delle 13 del Tg2 dell’8 gennaio su Rai 2, l’amministratore della Dandy srl, un’azienda materana che aveva raccolto l’invito del governo a riconvertire parte della produzione in mascherine, denuncia che gran parte della produzione resta nei magazzini in quanto il Governo acquista mascherine dalla Cina, causando un danno economico alle aziende italiane come Dandy srl, che hanno investito in materia prima e impianti totalmente made in Italy; l’azienda, in un momento di crisi, ha investito circa 400 mila euro di fondi propri per creare una produzione di 2 milioni di pezzi al mese in un’area del Sud Italia; dal sito Internet della Protezione civile, i giornalisti hanno rilevato che, a fronte a una spesa di quasi 800 milioni, le mascherine sono ancora quasi tutte in deposito; dal cruscotto con i dati del materiale, nel 2020, risultano consegnate 64.843.951 di mascherine FFP3; l’atteggiamento del Commissario costituirebbe un gravissimo precedente qualora passasse inosservato, soprattutto in un momento storico in cui regna sovrana l’incertezza ed il dubbio attanaglia milioni e milioni di italiani, dalle categorie produttive agli studenti, dagli operatori sanitari alle famiglie; il commissario, libero di non concedere interviste, non può confondere la sua persona fisica con la
funzione pubblica nella scelta di comunicare eventuali dati richiesti, che sono di sicuro interesse pubblico e non patrimonio personale del commissario o della sua Struttura; per trasparenza, si ritiene necessario un chiarimento in merito alle seguenti domande -: 1) delle oltre 230 milioni di mascherine FFP3 provenienti dalle due ditte cinesi indicate in premessa, quante sono state già sdoganate o svincolate e quante sono ancora trattenute in dogana; 2) delle oltre 64 milioni di mascherine FFP3 già consegnate, quante provengono da forniture delle due ditte cinesi indicate in premessa e a chi sono state consegnate, e quante sono ancora nei depositi della struttura commissariale; 3) se il Commissario intenda rendere pubblica una copia delle certificazioni delle mascherine FFP3 delle due ditte cinesi indicate in premessa; 4) quali sono le ragioni che hanno spinto il commissario a concentrare il 97% degli ordinativi nell’ambito di due soli fornitori, riconducibili allo stesso intermediario, invece di spalmare il rischio di inadempienza su più possibili fornitori, come quelli italiani che hanno accolto l’invito a riconvertire parte della produzione per fronteggiare il fabbisogno nazionale e che ad oggi vedono giacere in magazzino i propri prodotti; 5) se lo studio Volo agisca su iniziativa della Presidenza del Consiglio dei ministri, della struttura commissariale o del signor Arcuri e se i costi legali nella causa civile e/o penale in corso con “la Verità” saranno sopportati dalla pubblica amministrazione o dal signor Arcuri.