Ecco perché un importante obiettivo dell’ONU per il 2030 è inaccettabile!
ALCUNI OBIETTIVI NON VANNO NELLA DIREZIONE DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E DELLA LEGGE NATURALE
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Di Matteo Castagna
Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU per il 2030 sono la chiave di lettura degli stravolgimenti che stanno avvenendo, così in fretta, sotto i nostri occhi e parallelamente ad una pandemia che sta mettendo in ginocchio l’ossatura economico-sociale del Vecchio Continente.
Stefano Fontana mette in guardia da molti elementi che costituiscono quegli obiettivi perché troppe cose non vanno nella direzione della Dottrina Sociale della Chiesa e della legge naturale.
Ad esempio, soffermiamoci su quanto dice il punto 3.7 dell’obiettivo salute: “garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa pianificazione familiare, l’informazione, l’educazione e l’integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali”. L’Obiettivo è poi ripetuto al punto 5.6 sull’uguaglianza di genere.
Continua, ragionevolmente, Fontana: “Sappiamo tutti che dietro queste melliflue parole c’è l’aborto universalizzato, la contraccezione finanziata o imposta, la negazione della vita e della famiglia. Quest’ultima parola – famiglia – non appare mai in tutti i 169 Traguardi ONU“.
Il documento approvato dall’Assemblea Generale dell’ONU dice che gli Obiettivi sono “interconnessi” e “indivisibili”, ossia si prendono come un unico “pacchetto”.
Su questo non ci possono essere dubbi dato che l’azione degli attori dei “Diritti sessuali e riproduttivi” – l’allora segretario generale Ban Ki-moon e i vari Comitati di alto livello via via istituiti -, hanno lavorato per garantire la trasversalità di questi diritti, collegandoli con la salute, l’educazione, la povertà, il clima, la salute degli adolescenti e dei giovani, la scuola e così via. Non è quindi assolutamente possibile disgiungerli dagli altri.
Al vertice ONU su popolazione e sviluppo del Cairo nel 1994 erano stati coniati i concetti di “salute riproduttiva”, “diritti riproduttivi”, “diritti sessuali e riproduttivi” ed era stata approvato una piattaforma d’azione lautamente finanziata.
Nel 2015 questo programma venne unificato con quello degli Obiettivi di sviluppo del Millennio che nel frattempo erano stati prorogati dal 2000 al 2015.
In questo modo i diritti sessuali e riproduttivi venivano inseriti tra gli altri diritti umani come l’acceso all’istruzione, all’acqua potabile, alla sanità… In questo modo furono consacrati e universalmente proposti come diritti umani.
Nel 1994 al Cairo e nel 1995 a Pechino, il Vaticano, nella persona di Renato Martino, Osservatore all’ONU, si era opposto contro gli obiettivi contrari alla vita e alla famiglia che là erano stati proposti, proponendosi come guida dei molti Paesi in via di sviluppo contrari a questo nuovo colonialismo. Perché mai nel 2015 non è più stato così e ora, a dieci anni dal 2030, si appoggia quanto allora osteggiava?
La dottoressa belga Marguerite Peeters, direttrice di Dialogues Dynamics di Bruxelles, ha documentato che i fautori internazionali dei Diritti sessuali e riproduttivi avevano predisposto un piano d’azione per il post-2015 che comprendeva quattro linee d’azione: ampliare l’accesso a questi diritti, favorire la loro approvazione da parte degli Stati, aumentare la loro trasversalità con altri e – questo è il punto centrale – cambiare dall’interno le religioni.
Al lettore le proprie conclusioni.
Là realtà è attentare al cuore del cristianesimo nei ai suoi imprescindibili valori e principi …
Ci provano da 2000 anni. Non praevalebunt!!!