Pandemia e schizofrenia l’Epifania non se le porta via

Pandemia e schizofrenia l’Epifania non se le porta via

LA MALATTIA MENTALE NON SI VEDE, QUINDI NON ESISTE. E’ QUESTO PENSA IL GOVERNO CONTE?

Di Barbara Appiano

L’epoca del coronavirus, vista come una delle pagine più oscure della nostra civiltà ci rimanda a pensare ai pazienti psichiatrici e alla loro sofferenza pre-Covid e attuale.

Chi scrive ha un fratello schizofrenico e autistico che vive la sua condizione di “malato psichiatrico” in uno stato di grazia, come se la malattia non lo tenesse occupato a pensare allo stigma che vive quotidianamente perché, Mario, mio fratello è un’anima bella, un’anima che non si preoccupa della ricchezza, dell’apparenza, vive possiamo dire in una sua dimensione spirituale che non lascia posto a vittimismi e pietà.

La situazione di questi malati, e più in generale delle loro famiglie, in Italia è a dir poco da “emarginati”, perché la malattia mentale non si vede, quindi non esiste. Potremmo dire come direbbe Cartesio “Cogito ergo sum” (Penso dunque sono), malato per gli altri ma non per me stesso”, pensando che Cartesio si stia occupando dei malati mentali collocati presso le loro famiglie in Italia.

La legge Basaglia che chiuse i cosiddetti manicomi, tuguri dove la pazzia diventava spesso alienazione, dal 1978 ad oggi non ha fatto molti progressi se pensiamo che l’idea di istituire case famiglie, un progetto sulla carta bellissimo, non trova ancora oggi quello spazio culturale e di realizzazione che merita, essendo lo stesso termine “casa famiglia” una parola che dà luogo ad abbandoni (pensiamo agli affidi dei minori per esempio). Ma sappiamo ormai da tempo che il nostro Parlamento è bravo a scrivere le leggi, meno bravo a farle mettere in pratica.

Le Regioni hanno poi i loro problemi di bilancio (e chi non ne ha?), ed alla domanda “che si fa per questi pazienti e per le loro famiglie?”, interviene il gergo della burocrazia: “stiamo facendo”, “stiamo progettando”, “stiamo pianificando”, etc. Nel frattempo le famiglie, soli “care giver”, sono abbandonate a sé stesse con i malati da accudire. Situazioni che affossano impegno, entusiasmo e speranze di coloro che rendono gratuitamente un autentico servizio sociale sostituendosi allo Stato, come sorelle, fratelli, genitori e parenti vari che con tutto l’amore possibile rendono questo mondo più accogliente per questi malati che non hanno scelto loro la malattia…

Nessuno parla di base genetica per quanto riguarda la schizofrenia e l’autismo, pensando spesso (e chi scrive lo vive quotidianamente colloquiando con le istituzioni preposte) che siano capricci, mancata volontà di fare.

Spesso i malati psichiatrici vengono catalogati come “fannulloni” che non hanno voglia di lavorare… È stata data una grande enfasi al Reddito di cittadinanza che “avrebbe ammazzato la povertà”, ma lo stesso impegno ad ammazzare la povertà non lo si vede nel trattare la delicatissima situazione dei pazienti psichiatrici e delle loro famiglie e nemmeno i vari DPCM legati ai provvedimenti per porre freno alla pandemia da Covid illustrano soluzioni migliorative per la dignità di queste persone. A livello mediatico, poi, il microfono è spento, muto, senza che qualcuno ogni tanto lo accenda.

Le Regioni con delibere ad hoc (sulla carta) finanziano progetti di integrazione nei quali alla base c’è il malato “da integrare”, con piani finanziari che erogano però molto dopo che hai portato una montagna di carta e certificati vari dei fondi tagliati prima che arrivi il tuo turno in graduatoria. La graduatoria, poi, dura mediamente dai due ai tre anni senza che tu possa in nome della c.d. privacy consultare chi c’è prima di te e chi c’è dopo di te… Un elenco di persone che non sai chi sia ma che prima di te deve ricevere dai 400 ai 300 euro al mese per avere l’assistenza del care giver (che di solito è il familiare che ha lasciato il lavoro per stare vicino al proprio familiare).

E così si resiste, si aspetta con il Covid che senza fissa dimora entra nelle case, nelle menti dei più fragili senza che qualcuno si ricordi che i malati psichiatrici sono persone che hanno pari diritti come coloro che soffrono di Sars-Cov-2, con l’aggravante che queste persone spesso soffrono di claustrofobia, di ansia e attacchi di panico. E sentire in televisione tutti i momenti l’elenco di morti, dei feriti, dei contagi e restrizioni certamente non aiuta la mente… Una mente che percepisce il negativo e ricorda l’incubo e non il ricordo, perché la nostra psiche ricorda di più il dolore che la gioia. E questo significa isolare chi è già culturalmente isolato, perché non è la malattia che isola ma è la società e la cultura dei disvalori che ci vuole ricchi, sempre giovani e di successo. Una “cultura dello scarto” che induce a rifiutare l’esistenza di persone che in fondo si accontenterebbero di poco, perché basterebbe ricevere un po’ di amore…

Infine, sorge la problematica che non lascia fuori da questo recinto: “che cosa succederà se al paziente psichiatrico vengono a mancare la sorella, il fratello, la mamma o il familiare che se ne prende cura?

Si apre lo scenario dell’Istituto e quindi ritorniamo al punto di partenza, qual è lo stato dell’arte della casa-famiglia? Chi pensa al caso di decesso dei familiari diretti che assistono questi malati? Affinché venga impedito lo sradicamento dal loro ambiente evitando ogni forma di apartheid ed emarginazione che li ucciderebbe consumandoli a poco a poco?

Il Vangelo ci insegna che nessuno dovrebbe essere lasciato indietro (oggi è una frase molto di moda a cui non segue alcun esempio pratico), ma la domanda è: l’attuale compagine governativa (preceduta dalle precedenti) come pensa di risolvere questa problematica esistenziale di persone condannate alla solitudine e all’abbandono?

Le associazioni di volontariato spesso fondate da familiari di questi pazienti fanno molto, sollecitando progetti di legge che spesso finiscono in un cassetto o a prendere polvere, ma quello che più importa è che sono le famiglie stesse a sobbarcarsi il peso massimo di essere “care giver”, letteralmente “portatori di cure”. Senza nessun riconoscimento da parte di chi discetta o legifera su bonus vari.

 

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