L’Epifania si avvicina… ma bisogna comprenderla meglio per viverla bene

L’Epifania si avvicina… ma bisogna comprenderla meglio per viverla bene

ALLA VIGILIA DELLA FESTA DELL’EPIFANIA RIPERCORRIAMO IL BRANO DEL VANGELO DI MATTEO CHE NARRA LA SUGGESTIVA E PREZIOSA VICENDA DEI RE-MAGI (2,1-12). IL LORO CAMMINO, INFATTI, OFFRE UNO SPACCATO SIGNIFICATIVO DELLA COLLABORAZIONE UMANO-DIVINA CHE PERCORRE LE TAPPE DELLA VITA DELL’UOMO DI TUTTI I TEMPI

Di Sara Deodati*

L’Epifania si avvicina e, quindi, cosa di meglio per comprendere e per vivere meglio questa meravigliosa festa dell’analisi testuale del brano di Matteo sulla nascita di Gesù a Betlemme?

I primi aspetti che analizzerò di Mt 2,1-12 sono il contesto storico e letterario della vicenda di questi Re orientali diretti verso la santa grotta e, successivamente il messaggio teologico di questo testo evangelico.

Il Vangelo dell’infanzia di san Matteo è raccontato nei capitoli 1 e 2 e si articola in cinque episodi preceduti da una introduzione che riferisce la genealogia di Gesù (1,1-17). Segue la narrazione della nascita di Gesù (1.18-25), dell’omaggio dei pagani al re bambino (2,1-12), la fuga in Egitto (2,13-15), l’uccisione dei bambini di Betlemme (2,16-18) e, infine, il ritorno a Nazaret (2,19-23). In tutti questi episodi emerge una caratteristica precisa, ossia l’organizzazione del racconto attorno alla pertinente o alle pertinenti citazioni veterotestamentarie. Unica eccezione Matteo 2,19-23 che, alla fine, non presenta una citazione esplicita, bensì la formula indiretta “di rinvio”: «perché si adempisse ciò che era stato detto ai profeti» (Mt 2,23). Apparentemente anche la genealogia sembrerebbe priva di citazioni ma, a ben vedere, tutta la ricapitolazione della storia di Israele da Abramo a Cristo è da intendersi per l’evangelista come la prima, grandiosa e onnicomprensiva citazione di adempimento proposta ai lettori: Cristo è la compiuta risposta di Dio all’attesa di Israele e, per il tramite del Popolo di Dio, di tutta l’umanità.

Per molto tempo i capitoli 1-2 di Matteo sono stati letti come un resoconto storico, sebbene con il metodo della “storia delle forme” ci sia stato nel secolo scorso un tentativo d’indirizzare l’esegesi verso la loro considerazione nei termini della leggenda. Un cambiamento di paradigma letterario si ha a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, quando si inizia a parlare di midràsh, termine che in ebraico significa “investigare”.

Il midràsh spiega l’avvenimento per mezzo della Scrittura ed è un metodo rabbinico che ricerca nella stessa testi che servono a interpretare il presente e la situazione storico-contingente. Si tratta in pratica di un genere popolare che ha uno specifico intento edificante. Più di recente si è preferito parlare di derash, metodo sempre fondato sulla Scrittura considerata come un’unità.

Il derash più che un vero e proprio genere letterario è un metodo interpretativo tramite il quale i fatti non sono romanzati bensì collocati nel loro contesto. In definitiva, esso lega ciascun testo ad un altro, cercando il filo conduttore nel piano di Dio. Ovviamente il derash presuppone un evento storico e, quindi, esso opera in conclusione una rilettura-attualizzazione di Matteo 1-2 alla luce delle Scritture.

Riguardo alla contestualizzazione storica, seguendo la sua abituale concisione, san Matteo si limita a collocare la nascita di Gesù al tempo del re Erode il Grande, il quale regnò in Palestina dal 37 al 4 a.C. L’evangelista lo dipinge come tiranno sanguinario nel racconto della strage degli innocenti (Mt 2,16-18).

Come detto, prima del brano in oggetto, è narrata la nascita di Gesù (Mt 1,18-25) e, successivamente, la fuga in Egitto (Mt 2,13-15). Il racconto dell’infanzia di Matteo sembra quindi costituire quasi una narrazione a parte, slegata da quanto viene prima (Mt 1,20) e quanto segue dopo (Mt 2,13 e 2,19). Il carattere di “inserzione” di questo brano è dimostrato dal fatto che risulta perfettamente agevole leggerlo e capirlo senza bisogno di conoscere il contenuto del brano precedente e successivo (“avvertiti in sogno…”). In generale, si può affermare che il cap. 2,1-12 sia il completamento della rivelazione dell’identità di Gesù.

Il cap. 2 di Matteo si può suddividere in due grandi atti: il primo (vv. 1-12), dominato dai Magi provenienti dall’Oriente, racconta della loro risposta positiva alla rivelazione della nascita del re dei Giudei. Sullo sfondo vi è Erode, con il suo piano malvagio, circondato da sacerdoti e scribi.

Il secondo atto (vv. 13-23) vede invece i Magi uscire di scena, la fuga in Egitto, la strage degli innocenti ed il ritorno della Sacra Famiglia a Nazaret.

Più specificatamente il brano Mt 2,1-12 si potrebbe anche suddividere in due parti secondo il luogo in cui si svolge l’azione: Gerusalemme (2,1-6) e Betlemme (2,7-12).

Il brano 2,1-12 mostra come Gesù sia il Messia atteso dalle nazioni, contrapposto a Erode re della Giudea che, per il suo crudele e inqualificabile comportamento, è temuto e odiato da tutti.

Nel versetto 1 si legge come dopo la nascita di Gesù dei Magi d’Oriente siano arrivati a Gerusalemme per trovare il re dei Giudei con lo scopo di adorarlo. Matteo non indica però il luogo preciso nel quale avvenne la nascita del Salvatore, ma il successivo versetto 11 suggerisce che esso sia la casa dove Maria e Giuseppe abitavano. Per l’identificazione della Giudea occorre risalire alla tendenza presente nell’Antico Testamento di specificare “Betlemme di Giudea” per distinguerla, probabilmente, da “Betlemme di Zabulon” (Gs 19,15).

Per quanto riguarda i protagonisti di questa prima scena, lo storico greco Erodoto informa che i Magi (magoi) costituivano una casta sacerdotale del VI secolo del regno dei Medi, che durante la conquista persiana abbracciarono la dottrina di Zoroastro. Nei secoli successivi e poi fino al Nuovo Testamento il termine includeva una vasta gamma di uomini interessati all’interpretazione dei sogni, alla magia, all’astrologia e alla politica. Matteo non ne indica il numero, i mezzi di trasporto e i nomi.

Il versetto 2 fa riferimento a quella credenza comune nel mondo antico che, alla nascita di grandi personaggi, associava sistematicamente fenomeni astrali particolari come ad esempio la nascita di una nuova stella in cielo. Nello stesso verso la circostanza della ricerca da parte dei Magi del Re dei Giudei fa dedurre che essi non fossero originari della Giudea, sebbene non sia consolidata la traduzione di siamo venuti con en tē anatolēda Oriente. I Magi comunque giungono a Betlemme per adorare Gesù e per rendergli omaggio. Il verbo proskynein, che ricorre ben tre volte in Mt 2,1-12, implica un gesto di prostrazione, descrivendo l’omaggio reso a un dignitario o ad una autorità come pure l’adorazione o atto di culto verso una divinità e che prelude all’adorazione di colui che attraverso la sua risurrezione otterrà da Dio autorità su tutte le nazioni.

Nel prossimo articolo, che sarà pubblicato domani, 5 gennaio 2021, continueremo l’esegesi di questo testo evangelico partendo dal “turbamento” di Erode dopo aver sentito dai Magi del sorgere della stella, di cui parla il versetto 3.

 

* Laureata in Scienze Religiose
nella Facoltà di Teologia della
Pontificia Università della Santa Croce (Roma)

 

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