Arrivano i figli in comproprietà
ANCORA UNA VOLTA IL BAMBINO VIENE FATTO OGGETTO DI UN CONTRATTO
–
Di Emmanuele Di Leo
E’ un fenomeno in crescita dal 2015, secondo The Guardian, quello dell’adesione a siti di incontri dove il fine ultimo degli iscritti non è la ricerca di una relazione romantica, ma la fecondazione naturale di un figlio e la stipulazione di un contratto che renda quest’ultimo una comproprietà al 50 per cento tra i due.
The Guardian definisce questo fenomeno come “co-genitorialità platonica”.
Basta investire un centinaio di pounds all’anno per l’iscrizione a siti come Modamily.com o Coparents.co.uk, si entra in contatto con la persona che si ritiene idonea ad essere il padre o la madre del proprio figlio e a contribuirne al mantenimento, senza la responsabiltà di un rapporto di coppia.
L’operazione è di gran lunga più economica rispetto all’acquisto del seme, dell’ovulo o di un utero.
La professoressa Susan Golombok, direttrice del Center for Family Research dell’Università di Cambridge e autrice del libro We Are Family, studia dagli anni ’80 nuove “forme di famiglia”, create tramite fecondazione in vitro, donazione di sperma e ovuli, maternità surrogata, così come “famiglie” di madri lesbiche, di padri gay e madri single per scelta.
Il team di Golombok ha rivolto la sua attenzione alla co-genitorialità e ora sta seguendo 50 famiglie in quello che crede essere il primo studio al mondo a considerare l’impatto dell’accordo sui bambini.
Inizialmente il team ammette: “i primi risultati suggeriscono che il modo in cui i genitori comunicano tra loro e collaborano alla cura dei bambini sembra fare una grande differenza”, poi però ritratta: “È possibile, tuttavia, che portare via il bagaglio romantico possa persino creare un ambiente più stabile”.
Coppie come Jenica Anderson, 38 anni del Montana, e Stephan DuVal, 37 canadese, possono giustificare questa scelta ricordando le innumerevoli coppie che, dopo un figlio, si separano, magari con brusche controversie legali. Concordare la gestione di un figlio a priori, senza la complicazione di sentimenti, può essere la soluzione.
Noi diciamo di no. Innanzitutto per il bambino che viene obbligato a dividersi tra mamma e papà, tra luoghi e abitudini diversi, non per la fine di una relazione non voluta, ma per una decisione presa consapevolmente a priori. No perchè riteniamo, a differenza delle conclusioni dello studio di Golombok, che l’amore e l’affetto tra mamma e papà siano ingredienti fondamentali per una crescita felice del bambino e non è lecito creare di proposito una situazione diversa.
Ancora una volta il bambino, desiderato a tutti i costi, viene fatto oggetto di un contratto, come per la maternità surrogata, dove la suddivisione delle spese con il co-genitore, come ammette Golombock, tutto sommato non guasta.