La pretesa di avere figli favorisce pratiche immorali e disoneste
ALLA COPPIA DI SPOSI CHE SIA RICORSA ALLA MEDICINA PER RISOLVERE LA STERILITÀ, MA NON VI SIA RIUSCITA, LA CHIESA CONSIGLIA DI ACCETTARE LA PROPRIA CONDIZIONE, ANCHE SE PUÒ APPARIRE COME CROCE GRANDE
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Di Maria Luisa Donatiello
I figli sono doni e come tali non devono essere pretesi, ma soltanto accolti quando concepiti. Sebbene possa essere comprensibile la sofferenza di una coppia sterile ciò non giustifica l’utilizzo di pratiche e tecniche immorali e disoneste per fini di procreazione. In cosa risiede la disonestà e l’immoralità di pratiche come l’inseminazione artificiale, l’utero in affitto, la fecondazione eterologa?
La Chiesa cattolica, favorevole agli studi e alle ricerche finalizzate a ridurre la sterilità umana, si è espressa chiaramente a riguardo distinguendo, tra le pratiche volte alla procreazione, quelle omologhe (interne alla coppia) da quelle eterologhe (con il contributo di persone estranee alla coppia), ma dichiarandosi contraria ad entrambe.
Nel Catechismo della Chiesa cattolica (CCC) infatti si legge: “Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per l’intervento di una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito dell’utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio. Tradiscono il diritto esclusivo [degli sposi] a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro.” (CCC 2376)
E ancora viene dichiarato: “Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l’atto sessuale dall’atto procreatore. L’atto che fonda l’esistenza del figlio non è più un atto con il quale due persone si donano l’una all’altra, bensì un atto che affida la vita e l’identità dell’embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all’uguaglianza che dev’essere comune a genitori e figli. La procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell’atto coniugale, e cioè del gesto specifico dell’unione degli sposi […]; soltanto il rispetto del legame che esiste tra i significati dell’atto coniugale e il rispetto dell’unità dell’essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona.” (CCC 2377)
Alla coppia di sposi che sia ricorsa alla medicina per risolvere la sterilità, ma non vi sia riuscita, la Chiesa consiglia di accettare la propria condizione, anche se può apparire come croce grande, al fine di rendere la propria croce gloriosa come quella di nostro Signore Gesù Cristo “sorgente di ogni fecondità spirituale. Essi possono mostrare la loro generosità adottando bambini abbandonati oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo.” (CCC 2379)
Sarebbe auspicabile perciò che le adozioni venissero favorite e incentivate, anche semplificandone l’iter burocratico, consapevoli che non esiste un diritto a diventare genitori, ma esiste piuttosto un diritto del bambino ad avere un padre e una madre, diritto al quale corrisponde un dovere morale della società a garantire che padre e madre siano biologicamente uomo e donna uniti in matrimonio come la Parola di Dio comanda e il Magistero della Chiesa cattolica, in Verità, con immenso amore per l’essere umano e per il suo sommo bene, insegna e tramanda: “Dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.” (Mc 10,6-9).