È urgente convertirsi alla solidarietà tra le persone e tra i popoli
Il 30 dicembre di trentatré anni fa usciva l’enciclica sociale Sollecitudo Rei Socialis
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Di Don Gian Maria Comolli*
Il 30 dicembre di trentatré anni fa, nel 1987, per commemorare i vent’anni dell’enciclica di Paolo VI Populorum Progressio (Lo sviluppo dei popoli), Giovanni Paolo II decise di pubblicare la Sollecitudo Rei Socialis.
In tale documento il Papa approfondì i contenuti sviluppati nel 1967 da Montini, declinandoli però nell’allora mutata situazione mondiale. Infatti, come ricordò Wojtyla, se «è vero che deve esserci continuità con tutta la precedente Dottrina Sociale riguardo ai principi di riflessione, i criteri di giudizio, le direttrici di azione e, soprattutto, nel suo vitale collegamento col Vangelo del Signore», i grandi cambiamenti economico-sociali esigono pure degli «opportuni adattamenti suggeriti dal variare delle condizioni storiche e dall’incessante fluire degli avvenimenti, in cui si muove la vita degli uomini e delle società».
L’enciclica Sollecitudo Rei Socialis è composta da cinque parti: Novità dell’enciclica Populorum Progressio; Panorama del mondo contemporaneo; L’autentico sviluppo umano; Una lettura teologica dei problemi moderni; Alcuni orientamenti particolari.
Tre sono i punti della Populorum Progressio che san Giovanni Paolo II evidenzia:
1) lo sviluppo dei popoli,
2) la questione sociale che ha assunto una dimensione mondiale,
3) lo stretto rapporto tra pace, giustizia e sviluppo.
Nella prima parte del documento Papa Wojtyla condanna il progressivo distanziamento tra il Nord del mondo sviluppato e il Sud povero o in via di sviluppo; di conseguenza moltitudini di uomini vivono nella povertà sia economica che culturale. Ciò è dovuto alla carenza di aiuti delle nazioni ricche e ai meccanismi economici, finanziari e sociali perversi, supportati da politiche che hanno smarrito le evidenze etiche.
Il Papa avverte che l’arricchirsi danneggiando i Paesi del Terzo Mondo si ritorcerà a lungo termine su tutte le nazioni. Il Pontefice prosegue l’analisi del mondo contemporaneo scandagliando lo scenario europeo ancora distinto in due “blocchi”, condannando sia il capitalismo liberista che provoca povertà sia il collettivismo marxista che sopprime le libertà e reprime le creatività. Di conseguenza, ambedue le situazioni, richiedono radicali correzioni. Inoltre, i due “blocchi”, inducono la corsa al riarmo.
L’ultima osservazione, Giovanni Paolo II, la riserva all’aspetto demografico, dove si nota un Nord con una rapida diminuzione della natalità e un Sud in veloce incremento. Ciò, però, non giustifica campagne per il controllo delle nascite, mezzi di ricatto per gli aiuti umanitari.
La parte termina con la sottolineatura di alcuni segnali di speranza: l’incremento della mentalità a favore della dignità e dei diritti della persona, la preoccupazione per la pace, la sensibilità ecologica.
Un punto sostanziale da chiarire per Giovanni Paolo II è il “concetto di sviluppo”. Quando è tale? Allorché oltrepassata la configurazione economica si apre alla dimensione umana considerando gli aspetti fisici e spirituali dell’uomo, poiché unicamente così la persona può coronare l’autentico desiderio di felicità.
Per maturare questa visione serve il rispetto dei diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi quelli delle Nazioni e dei popoli oltre che la tutela del creato, consci che «non si può fare impunemente uso delle diverse categorie di esseri viventi e inanimati […]. Occorre tener conto nella natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato che è il cosmo».
Un altro movente del fallito sviluppo è «l’assenza di un’efficace volontà politica». Tutte queste negatività sono sostenute dalle “strutture di peccato”, alimentate sia dai comportamenti individuali ma pure dalle Istituzioni e dalle Nazioni che impongono la propria volontà guidate dalla brama di profitto e dalla sete di potere, pregiudicando l’impegno per il bene comune e per il benessere della persona.
È urgente, quindi, convertirsi alla solidarietà tra le persone e tra i popoli. Un impegno che chiama a raccolta tutti, così declinato da Giovanni Paolo II: «Chi conta di più si senta responsabile dei più deboli, i quali, a sua volta, non devono accettare un atteggiamento distruttivo della struttura sociale, ma, pur rivendicando i loro legittimi diritti, facciano quanto loro spetta per il bene di tutti».
La Chiesa, ricorda il Papa, non possiede soluzioni tecniche non essendo quello economico un settore di sua competenza. Di conseguenza, la Dottrina Sociale, non è una “terza via” tra capitalismo e collettivismo, ma una riflessione teologica e morale sulle varie realtà mondane e ciò rientra totalmente nella missione evangelizzatrice di questa Istituzione. Il tema, in questa particolare situazione, deve avere come centro la scelta preferenziale per i poveri e la destinazione universale dei beni che nel progetto della creazione dovevano essere distribuiti tra tutti. Ecco alcune “riforme” irrimandabili: quella del sistema internazionale di commercio, quella del sistema monetario e finanziario mondiale, quella della struttura delle Organizzazioni Internazionali.
In conclusione, Wojtyla rinnova il suo appello ai “laici” ed al loro impegno nella solidarietà e nell’amore per i poveri. Questa loro sollecitudine, infatti, può essere inizio e anticipazione del Regno di Dio.
*Don Gian Maria Comolli, ordinato sacerdote nel 1986, da trent’anni è cappellano ospedaliero. Dopo aver conseguito un dottorato in Teologia, una laurea in Sociologia ed aver frequentato diversi master e corsi di perfezionamento universitari, attualmente collabora con l’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano ed è segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia.
Testo pubblicato per gentile concessione dell’autore (tratto dal blog: www.gianmariacomolli.it).