L’eutanasia sui bambini smaschera la menzogna dell’autodeterminazione

L’eutanasia sui bambini smaschera la menzogna dell’autodeterminazione

SIAMO ARRIVATI AL PUNTO CHE IL “BEST INTEREST” È SEMPRE PIÙ LA MORTE…

Di Emmanuele Di Leo

Come è noto lo scorso 13 ottobre il governo olandese ha approvato i piani per consentire l’eutanasia ai bambini di età compresa tra uno e dodici anni. In Olanda la legge sull’eutanasia era già in vigore dal 2002 e consentiva di eutanasizzare i bambini al di sotto dell’anno e oltre i 12 anni con il consenso del paziente, nei casi che lo consentano, e dei genitori.

Il ministro della Salute Hugo de Jonge ha affermato in quell’occasione che, in seguito alla decisione dell’esecutivo, apporterà cambiamenti all’attuale regolamento per impedire ad alcuni bambini di “soffrire disperatamente e in modo insopportabile”.

Le leggi attuali non avrebbero bisogno di essere cambiate, ha detto il ministro, ma i medici hanno bisogno di più tutela legale. E’ questo evidentemente necessario per garantire l’impunità ad una parte di medici che sarebbe perseguibile per aver effettuato l’eutanasia su pazienti in questa fascia di età, interrompendo terapie, nutrizione o idratazione assistita, accelerandone così la morte agendo al di fuori della legge vigente.

Condizioni necessarie per poter accedere all’eutanasia sono l’assenza di prospettiva di guarigione o di cura efficace, sofferenza intollerabile e malattia terminale. Ed è subito chiaro come questi requisiti siano e saranno sempre legati ad una interpretazione soggettiva. Il dolore, la sua intollerabilità, possono essere oggetto di valutazioni soggettive da parte del medico, del paziente o del tutore che sta chiedendo l’eutanasia per conto del minore, che potrebbero essere tutte diverse tra loro.

Inoltre, nessuno si augura che un essere umano, a maggior ragione un bambino, soffra pene indicibili, anzi. Chiediamo con forza che sempre più vengano implementati gli accessi alle cure palliative e alla terapia del dolore. Infatti con gioia avevamo appreso, lo scorso 29 giugno, dell’istituzione della “Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative” per i laureati in medicina e chirurgia. E’ il dolore che deve essere eliminato, non il sofferente.

In questa legge ravvisiamo poi un cortocircuito di idee da parte dei pro-eutanasia, fanatici dell’autodeterminazione, che si autodefiniscono pro-choice. Se “choice” significa scelta, qui non c’è né scelta né autodeterminazione. Qualcun altro sceglierà per il minore che spesso, per età o malattia, non è in grado di decidere per la propria vita. Il genitore, il tutore o il medico stesso, come nel caso della donna olandese affetta da demenza avanzata ed eutanasizzata nonostante avesse detto di no più volte, si arrogano il diritto di interrompere la vita altrui.

Attraverso le storie dei piccoli Charlie, Isahia e Alfie abbiamo imparato che il rispetto della volontà del genitore è preso in considerazione solo se chiede la morte per il proprio figlio.

L’amore, la cura, l’accettazione della malattia e, di conseguenza, una vita da dedicare al proprio figlio non sono degne di attenzione.

Il “best interest” è sempre la morte e se il genitore non è in grado di capirlo gli si toglie la patria potestà per ridargliela poco prima della morte del figlio così da potervi assistere inermi.

È questo il futuro che vogliamo?

Un destino in cui i nostri amati figli possono essere sacrificati perché considerati un peso per la società o vogliamo lottare affinché la società lavori per integrare questi figli?

Continueremo a denunciare questa deriva che snatura la natura stessa dell’essere umano.

 

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