Il Natale fa vibrare le corde più intime del nostro sentire

Il Natale fa vibrare le corde più intime del nostro sentire

Di Nicola Sajeva

Il Natale fa vibrare le corde più intime del nostro sentire e potenzia gli slanci emotivi che affondano le loro radici nel fertile terreno formatosi durante la nostra infanzia quando, con gli occhi pieni di stupore, riuscivamo a sognare, a fantasticare, a sintonizzarci con gli angeli che cantavano il loro Gloria a Dio nell’alto dei cieli.

Il Natale deve costituire un momento di riflessione, una riflessione che deve interrogarci, invitarci a guardare attorno per sapere vedere, al di là dei nostri ristretti egoismi, le realtà che, inevitabilmente, mettono in discussione il nostro stile di vita, le nostre sicurezze. i nostri traguardi raggiunti.

Una breve poesia sul Natale, della quale non ricordo né il titolo né l’autore, concludeva: “ma se penso ai poverelli il mio cuore resta muto”.

Far nostra la conclusione del poeta, prendere coscienza dei problemi che riguardano il Terzo Mondo non basta, dobbiamo andare oltre, dobbiamo lasciare alle nostre spalle la conclusione del poeta, dobbiamo fare qualcosa, operare delle scelte, intraprendere sentieri più faticosi, ma anche più esaltanti, cercare di incrociare lo sguardo di Giuseppe che, ritornando sui propri passi, senza parole, trasmetteva a Maria la risposta dell’albergatore. Dopo ogni rifiuto Maria e Giuseppe sentivano crescere nel proprio cuore quei sentimenti di non accoglienza che li avrebbero portati a dirigere i propri passi verso una grotta o una capanna abbandonata.

Attraverso le false luci natalizie, che il mondo della civiltà dei consumi si affanna ad accendere, cerchiamo di incrociare, oggi, lo sguardo dei tanti bambini che, dal Terzo mondo, ci tendono le loro mani alla ricerca di un abbraccio che spesso non si realizza, cerchiamo di incrociare lo sguardo dei nostri missionari, di tutti i volontari laici che operando nei tanti deserti che l’egoismo dell’uomo Si ostina a mantenere, cercano di far sbocciare o di calda fratellanza.

I loro occhi tentano di trasmetterci la loro preoccupazione e la loro delusione di non poter far fronte a tutte le richieste. A noi il compito, oggi, di realizzare la moltiplicazione del pane, del riso, dei medicinali, delle scuole.

L’invito di Gesù a Pietro costituisce, oggi, l’invito più pressante del Papa a tutti noi: Duc in altum (prendi il largo).

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