È vantaggioso o autolesionista per un cristiano sostenere una visione laicista?
A PRIMA VISTA, SEMBREREBBE CHE IL CONCETTO DI LAICITÀ SIA IN GRADO DI AIUTARCI NEL TENERE SEPARATO POLITICA E RELIGIONE. MA HA ANCORA SENSO PARLARE DI STATO LAICO?
–
Di Giuseppe Degradi
La laicità viene ancora adesso considerata come un grande valore, per certi versi giustamente.
Anche i cristiani considerano un valore la suddivisione tra Stato e Chiesa e a prima vista, sembrerebbe che il concetto di laicità sia in grado di aiutarci nel tenere separato politica e religione.
Ma ha ancora senso parlare di stato laico? È vantaggioso o autolesionista per un cristiano sostenere una visione laicista?
Secondo il vocabolario Treccani, i laici sono coloro che non appartengono allo stato clericale, quindi nella Chiesa cattolica sono i fedeli che non sono né chierici né religiosi, ossia tutte le persone battezzate che non hanno alcun grado nella gerarchia ecclesiastica.
Uno Stato si può dire laico, se riconosce l’eguaglianza di tutte le confessioni religiose, senza concedere particolari privilegi o riconoscimento ad alcuna di esse e se riafferma la propria autonomia rispetto al potere ecclesiastico.
Il laicismo è invece l’atteggiamento di coloro che sostengono la necessità di escludere le dottrine religiose, e le istituzioni che se ne fanno interpreti, dal funzionamento della cosa pubblica in ogni sua articolazione.
Il laicismo si contrappone nel linguaggio politico contemporaneo al confessionalismo e al fondamentalismo, secondo i quali le istituzioni politiche devono essere collegate al rispetto obbligatorio per tutti, credenti e non credenti, dei principi religiosi della Chiesa dominante.
La separazione tra la sfera pubblica della politica e la sfera privata della fede religiosa è quindi un elemento essenziale del laicismo, che riconosce in questa separazione una condizione necessaria per il benessere dell’uomo, per il rispetto della sua dignità e per il libero sviluppo delle sue capacità.
Tutto apparrebbe coerente e necessario per la corretta vita democratica di una moderna democrazia liberale.
Tuttavia se approfondiamo il concetto di religione, rileviamo che il laicismo è incongruente
Possiamo dare una definizione funzionale della religione, nella quale potremmo precisare quale sia il suo scopo.
Secondo il sociologo americano John Milton Yinger la religione è “un sistema di credenze e pratiche con cui un gruppo di persone lotta con i problemi della vita umana”.
Ma come si manifesta la religione? Secondo M. Spiro (1966) la religione sarebbe “un’istituzione consistente in una interazione, con esseri sovraumani culturalmente postulati”. Partendo da queste due definizioni si è arrivati a questa ulteriore definizione di religione: la religione è un insieme di credenze riguardanti il trascendente, che si accompagnano a pratiche di vita e rituali, che si esprimono in forme sociali più o meno organizzate e che in ogni società svolgono funzioni psicologiche e socio-culturali.
Trascendente significa tutto ciò che va al di là della nostra esperienza sensibile (tutto ciò che si può dimostrare con i sensi). Ci sono due aspetti di trascendenza: dimensione intellettuale, consiste nel fatto che non riusciamo a conoscere le realtà trascendenti e una dimensione pragmatica, non possiamo controllare né intervenire sulle realtà trascendenti. Pensiamo che siano trascendenti tutte le domande fondamentali riguardanti l’esistenza, sia che si riferiscano all’origine della vita o del creato, sia che riguardino il senso della nostra permanenza terrena (scopo), le fonti di felicità, la realizzazione della nostra esistenza, e soprattutto riguardo la morte, cioè cosa succederà dopo la fine della nostra esistenza terrena.
Di fatto una religione è l’insieme delle risposte che vengono date a queste domande fondamentali e che vanno a costituire il credo di una religione, cioè il suo punto di partenza.
I comportamenti, i riti, le pratiche, le tecniche di crescita individuali e di gruppo, scuole di pensiero filosofico, le scuole, ospedali, sono una conseguenza del credo.
Un cattolico crede che la vita e l’universo siano stati creati da Dio, che la vita sia una prova, lo scopo della vita sia la santificazione (cioè l’avvicinarsi a Dio), la fonte di vita e di salvezza sia Dio stesso e che una volta morti ci sarà una vita eterna da spendere o all’inferno o in paradiso, in base a come ci siamo comportati durante l’esistenza terrena.
Un buddista invece, non si pone grandi domande sull’origine di vita ed universo (molti storici sostengono che il Buddha rifiutò di pronunciarsi sulla natura esterna del mondo e della sua formazione), ritiene che la vita sia sofferenza, la fonte felicità sia da trovare in noi stessi distaccandoci dalle passioni, che lo scopo della vita sia l’illuminazione e che una volta morti ci sarà una nuova vita terrena da spendere che sarà migliore o peggiore di quella precedentemente vissuta (samsara), in base a come ci siamo comportati durante la precedente esistenza terrena.
Siccome il buddismo classico non si esprime sulla figura divina ed è perciò atea (sebbene ci siano correnti teiste e panteiste), si comprende che anche l’ateismo può essere una religione, d’altronde anche l’ateismo da delle risposte molto chiare alle domande fondamentali, prendendo posizione su argomenti trascendentali.
Per esempio, un ateo ritiene che la vita si sia originata ed evoluta per caso, che l’universo è scaturito dal big bang (prima non è dato sapere), che la vita sia assurda, che la fonte felicità sia da trovare in noi stessi scoprendo e realizzando ciò che più ci provoca piacere, che lo scopo della vita sia godersela finché è possibile e che una volta morti il soggetto conoscente torna al nulla insieme alla vita corporale.
Similmente anche l’illuminismo ed il comunismo, potrebbero essere considerate delle religioni, perché forniscono delle risposte molto simili a quelle dell’ateismo, differenziandosi però per struttura valoriale, con profeti e maestri di riferimento, una visione escatologica, ideali, riti e pratiche. Il filosofo russo Nikolaj Berdjaev ha ben descritto questa aspetto religioso del comunismo russo che, pur esplicitando un tratto anti religioso, nel corso del tempo è andato assumendo una connotazione palingenetica, salvifica e pseudo-religiosa.
Tutti hanno una propria religione, non solo gli atei ma anche gli agnostici, o coloro che fanno una composizione sincretica di aspetti di diverse religioni. Anche il solo dire “non so” come fanno gli agnostici, o ignorare la domanda come fanno i superficiali, sono delle prese di posizione molto chiare, da cui dipendono le scelte valoriali e comportamentali di ogni individuo. Per esempio, soprattutto nel mondo occidentale si trovano persone che compongono la propria religione mettendo insieme valori cristiani (come l’amore) con l’idea orientale della reincarnazione e pratiche consumiste di ricerca della felicità dell’ateismo occidentale.
Ma una visione sincretica a collage di varie tradizioni, rimane una religione, cioè una visione dell’esistenza da cui dipendono conseguentemente il sistema valoriale, i comportamenti, l’etica e le eventuali pratiche.
Ora, mentre nel caso del cristianesimo c’è una chiamata alla separazione netta tra stato e religione, in tutte le altre non c’è alcuna separazione chiara, anzi, nel caso dell’islam così come nel caso di illuminismo e comunismo, c’è una sovrapposizione tra stato e religione. Per l’islam la legge islamica (sharia) è parte integrante della loro fede poiché scritta direttamente da Allah.
Per il comunismo chiaramente, il paradiso in terra è uno stato dittatoriale comunista, dispensatore dei diritti dei lavoratori e garante dell’eguaglianza tra i cittadini, la guerra non è aborrita, ma ritenuta un valido strumento per la costituzione di uno stato comunista, di fatto la guerra santa comunista è la rivoluzione proletaria armata. Anche l’illuminismo moderno, che si esprime non solo attraverso partiti politici tendenzialmente di sinistra, che richiamano gli ideali rivoluzionari francesi (pensiamo a LEU, partito di estrema sinistra italiano, che raccoglie molti ex comunisti e marxisti, si denomina “Liberi” ed “Uguali”, cioè richiama direttamente nel suo nome gli ideali illuministi), ma anche attraverso le logge massoniche (il clero illuminista) e moltissimi intellettuali, non distingue chiaramente tra stato e religione, anzi è fortemente presente in politica e ritiene lo stato, lo strumento fondamentale per potersi realizzare nell’esistenza (nel rapporto del 2020 il CENSIS dice che lo Stato si è palesato come il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo).
Il laicismo dunque, è l’atteggiamento di coloro che sostengono la necessità di escludere le dottrine religiose, dal funzionamento della cosa pubblica, ma in realtà presenta delle enormi debolezze. Sicuramente se lo stato deve presentarsi come un’entità super partes, deve porsi come apartitico e aconfessionale però, come si potrà porre un laicista di fronte ad un partito politico islamico che vorrà implementare la sharia nella repubblica italiana?
Come si può pretendere da un comunista di tener fuori la sua dottrina religiosa dallo stato, quando lo stato è un elemento essenziale della sua visione salvifica?
Cioè cosa si può pretendere da religioni che non separano stato e dottrina, come per esempio l’islam che non si capisce se sia più una religione con annessa una legge divina o un’ideologia politica con annesse delle credenze religiose?
Come si comporta il laicista nei confronti di una religione non strutturata, cioè senza clero, come per esempio l’islam sunnita od il buddismo?
Dato che il sistema valoriale di un individuo è dipendente dalla sua visione religiosa, ne consegue che è impossibile fare politica senza poter far riferimento alla religione, così come un ateo deve poter parlare di un “caso” creatore, i cristiani devono poter parlare di Dio anche in politica.
L’impostazione francese che di fatto esclude Dio dalla politica è contradditoria in sé stessa, perché volendo porsi come arbitro tra religioni in realtà tende a preferirne quelle atee. A questa impostazione, molto massimalista e contradditoria, è preferibile quella americana, che liberamente permette e accetta che nei comizi politici ci siano riferimenti a Dio.
Finora il laicismo si è palesato in una campagna per mettere a tacere la chiesa cattolica e farla uscire dalla vita politica pubblica, ma non bisognerebbe applicare lo stesso principio agli iscritti alla massoneria?
Secondo il laicismo la sfera pubblica dovrebbe essere della politica mentre la fede religiosa deve essere relegata alla sfera privata, ma alla luce di quanto fin qui espresso, riteniamo questo aspetto del laicismo estremamente lontano dalla realtà: sicuramente le grandi religioni hanno dei riti pubblici, ma in ogni caso senza false ipocrisie o stupidi dogmatismi deve essere possibile parlare liberamente ai politici anche di aspetti religiosi, perché saranno poi i cittadini elettori a valutare.
In sintesi riteniamo abbia ancora senso parlare di stato laico, perché lo stato deve presentarsi come arbitro super partes, ma un ripensamento e una rielaborazione di alcuni aspetti del laicismo sono decisamente doverosi per evitare le contraddizioni francesi.
Se coloro che si definiscono cristiani abbracciano acriticamente la visione laicista rischiano di fare autogol, perché il laicismo è spesso stato usato strumentalmente solo in chiave anticristiana, a vantaggio di altre visioni religiose soprattutto quelle atee.