Vita e fede espressi con un linguaggio semplice e mai banale
A cura di Angelica La Rosa
Che cos’è la fede? Si può credere nei miracoli? Dio parla nella Bibbia? C’è una vita dopo la morte? Che cosa significa redenzione?
Tutti noi abbiamo domande che riguardano la nostra vita e la fede che la può guidare o meno; ci interroghiamo sulla possibilità di guardare oltre il quotidiano così da intravedere speranze che superano gli orizzonti brevi del nostro esistere; desideriamo non arenarci su un’esistenza dal respiro corto che, spesso, rischia di renderci aridi. Interrogarsi sulla fede è un modo per non dimenticare che si può vivere con gli occhi proiettati verso l’eterno.
Tutti ci siamo costruiti, durante la nostra vita, una serie di risposte alle grandi questioni che ci assillano e Anselm Grün, in “75 domande sulla vita e sulla fede” (Edizioni San Paolo 2020, pp. 208, euro 16) ci offre le sue, replicando in modo molto personale e concreto a 75 domande che Winfried Nonhoff (germanista e teologo, che ha lavorato per molti anni come editor e direttore editoriale) gli ha posto, consentendo alle lettrici e ai lettori di entrare in profondità nel suo mondo e mostrando come il cristianesimo possa essere molto più concreto di quel che spesso ci si immagina e di grande aiuto proprio per la vita di ciascuno.
Anselm Grün (1945) è un monaco benedettino dell’abbazia di Münsterschwarzach. Dopo aver compiuto studi filosofici, teologici e di economia aziendale, dal 1977 per trentasei anni è stato “cellerario”, ossia responsabile finanziario e capo del personale dell’abbazia di Münsterschwarzach. Con numerose pubblicazioni e conferenze raggiunge milioni di persone in tutto il mondo. Apprezzato consigliere e guida spirituale, è attualmente tra gli autori cristiani più letti al mondo.
“Il numero 75 è stato scelto perché per me i numeri hanno sempre un significato simbolico. 7 è il numero della trasformazione. La fede non vuole cambiare la nostra vita, ma trasformarla. Non dovremmo fare tutto in modo diverso, ma lasciarci sempre più trasformare nell’immagine unica che Dio ha previsto per noi. Lo scopo della trasformazione è diventare sempre più sé stessi. Quindi, le domande e le risposte vogliono aiutare a trovare la propria identità, il Sé vero e unico che costituisce il centro di ogni persona. Nell’antichità, il numero 5 indicava l’amore. Veniva attribuito ad Afrodite, la dea dell’amore. La fede vuole metterci in contatto con l’amore che in ogni persona costituisce il fondamento dell’anima, dal quale però molti sono tagliati fuori. Per me, il 5 significa anche che guardo in modo amorevole alle persone per le quali scrivo. Voglio dare non risposte autoritarie, ma risposte per persone alle quali voglio bene. Il termine “risposta” deriva dal latino responsus, il participio passato del verbo respondere, composto da re (ossia: di nuovo) e spondere (ossia: promettere, ricambiare la promessa). Una risposta è una parola che pronuncio di fronte a qualcuno, che quindi non rimane astratto, ma rivela una relazione umana. Se pronuncio parole di fronte a qualcuno, vorrei farlo solo per amore. E se guardo con amore alle persone con cui parlo, riesco a pronunciare parole di cui mi assumo la responsabilità”, ha spiegato nell’introduzione al libro l’autore.