Vandalizzata chiesa e insultato il Papa perché si oppone all’aborto
Di Emanuela Maccarrone
In Argentina, la lotta in difesa del diritto alla vita non si ferma neanche davanti alle spiegazioni del Presidente Alberto Fernández.
“E non so quante donne, quante decine di migliaia di donne là fuori siano rimaste sterili a causa di un aborto mal fatto, non so quale sia il danno alla loro salute dovuto ad aborti mal eseguiti. Ma quello che dobbiamo fare è risolvere questo problema di salute pubblica (…). Sono cattolico, ma devo risolvere un problema nella società argentina”.
E’ quanto ha dichiarato il Presidente durante un’intervista del 22 novembre pubblicata sul sito ufficiale del Governo.
Il presidente ha sostenuto la necessità di legalizzare l’aborto per combattere quello clandestino, causa dei problemi di salute per molte donne perché eseguito in assenza di condizioni igieniche adeguate.
Guarda caso la stessa scusa usata in altri paesi del mondo dove il delitto di aborto è stato legalizzato.
L’appello del Presidente non è stato, naturalmente, accolto dalla popolazione pro-vita e come annunciato nei giorni precedenti, sabato 28 novembre si sono svolte diverse manifestazioni.
La ‘ Marcia per la Vita’ ha invaso più di 400 città dell’Argentina per ‘ dire di no’ all’aborto. Una folla di cittadini è scesa in piazza sbandierando fazzoletti, bandiere e manifesti con lo slogan #LaMayorÍaCeleste, ossia la maggioranza celeste dice di sì alla vita.
Alla marcia hanno aderito più di 150 organizzazioni pro-vita insieme alla Conferenza episcopale Argentina (CEA) e all’Alleanza Cristiana delle Chiese Evangeliche della Repubblica Argentina (Aciera).
“La maggioranza celeste uscirà tante volte quanto necessario per garantire i diritti alla vita di tutti gli argentini”, ha dichiarato Memé Moscoso, avvocato di Portal de Belén, una delle organizzazioni partecipanti.
Purtroppo non sono mancate le violenze degli abortisti.
La Cattedrale di Nostra Signora del Rosario è stata vandalizzata, infatti, dai militanti abortisti che hanno macchiato le mura dell’edificio con della vernice verde mentre sul marciapiede hanno lasciato la scritta: ‘Né Fernández né Bergoglio. Aborto legale’.
Il fatto è successo prima che la marcia iniziasse ed è stato il vescovato di Merlo-Moreno a darne notizia, ma l’inutile blasfemia non ha scoraggiato i manifestanti.