Si blocchino le pubblicità dell’utero in affitto. L’AgCom si svegli!
Di Angelica La Rosa
“Ricercando con motori di ricerca su Internet termini quali ‘maternità surrogata’ o ‘utero in affitto’, i primi risultati che appaiono sono inserzioni pubblicitarie […]. Ci sembra paradossale che si ritenga ‘incompetente’ l’AgCom, che vigila sulle comunicazioni e si occupa di pubblicità di gioco d’azzardo e di copyright, come pure di comunicazioni informative sanitarie. Riterremmo più corretto che fosse l’Autorità preposta a garantire i diritti nelle comunicazioni e in Internet a fare i passi previsti dalla legge”.
Lo si legge in una lettera inviata al premier Conte dal “Forum delle associazioni familiari” e di “Scienza e Vita”.
Alberto Gambino e Gigi De Palo (rispettivamente presidenti di “Scienza e Vita” e del “Forum delle associazioni familiari”) hanno chiesto all’AgCom di oscurare in Italia i siti web che pubblicizzano la pratica dell’utero in affitto (punito penalmente dalla legge 40 del 2004).
“Il capo dello stato Mattarella ha ricordato che la violenza sulle donne può essere anche di tipo economico e psicologico, sullo sfondo c’è un tema sociale aberrante, donne che vengono a volte addirittura schiavizzate per prestarsi a questa pratica che consiste nel mettere un ovulo fecondato nel loro utero, farlo crescere per nove mesi e poi una volta nato il bambino sradicarlo dall’alveo naturale del seno materno per darlo alla coppia committente”, ha dichiarato a Vatican News il cosi il presidente di Scienza e Vita Alberto Gambino (qui l’audio della sua intervista).
Quello della contrarietà all’utero in affitto è un tema di civiltà che dovrebbe stare a cuore a tutti, credenti e non credenti. “C’è lo sfruttamento della donna come tema sociale e poi tanti esperti hanno dimostrato che nel grembo materno si attivano delle relazioni psicologiche e biologiche tra il feto e la mamma che creano un legame indissolubile, quindi c’è una doppia violenza sulla madre e sul bambino”, ha spiegato Alberto Gambino.
Intanto due mesi fa, presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati sono stati depositati due disegni di legge, a firma Carfagna-Meloni, tesi a sancire la punibilità del reato di maternità surrogata anche se compiuto da un italiano all’estero e orientati a mettere un freno alla giungla giurisprudenziale dei tribunali locali che, da anni, stanno formulando sentenze spesso in contrasto l’una con l’altra, a volte in base all’orientamento politico dei giudici e in contrapposizione alla Corte Costituzionale che ha riconosciuto come la surrogazione della maternità offenda “in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.