Vescovo denuncia una deriva anti-umana nella gestione di questa epidemia
Di Umberto Spiniello
Nel dibattito in corso sulla pandemia spesso sentiamo ripetere dai nostri governanti che: “occorre una visione globale”, ma di quale visone si tratta?
Certo risulta difficile credere che si alluda ad una visione globale in materia di assistenza sanitaria nel nostro paese, dato che in alcuni casi sono le regioni che hanno sopperito alle mancanze del governo centrale, mettendo in atto politiche specifiche e mirate sul territorio. Inoltre anche considerando lo scenario europeo ogni nazione ha un contesto socio/sanitario differente. Anche la visione economica e del welfare nel nostro Paese non sembra essere frutto di una visione globale, data la disparità creata tra alcuni settori produttivi, ad esempio tra pubblico e privato, causata da assistenze finanziare insufficienti e norme inadeguate.
Forse quello che manca è proprio una visione globale sull’uomo e la vita.
In questo dibattito che vede coinvolta l’Europa ed il mondo, si inserisce Mons. Marc Aillet, vescovo di Bayonne in Francia. Mons. Aillet, già noto per le forti prese di posizioni in difesa della Libertas Ecclesiae nel suo Paese, ha rilasciato in questi giorni una lunga dichiarazione per la rivista diocesana Notre Eglise .
Alcuni passaggi sono degni di nota e rivelano una lucida analisi sul fine ultimo di ogni politica che si ponga come obbiettivo il bene comune:
“La paura, che si è impossessata di molte persone, è alimentata dal discorso ansiogeno e allarmista delle autorità, rilanciate dalla maggior parte dei grandi media. Ne deriva una difficoltà crescente a riflettere, una mancanza di reazione in rapporto agli eventi, un consenso quasi totale dei cittadini alla perdita di libertà fondamentali. In seno alla Chiesa, si osservano reazioni quanto meno inattese: coloro che denunciano sempre l’autoritarismo della gerarchia e contestano il magistero in modo sistematico, in particolare sui temi morali, si sottomettono oggi senza protestare allo Stato e sembrano aver perso ogni spirito critico, (…) La paura non è buona consigliera: essa conduce ad atteggiamenti sconsiderati, aizza le persone le une contro le altre, genera un clima di tensione o di violenza.”
In merito a questo particolare punto sarebbe interessante chiedere a mons. Aillet come giudica la recente dichiarazione di un noto ministro Italiano che si arroga il diritto di stabilire orari a norma covid per le celebrazioni della veglia natalizia!
Continua Aillet: “L’epidemia di Covid-19, è vero, ha causato soprattutto durante la prima ondata delle situazioni drammatiche e ha sfinito il personale sanitario. Ma come non relativizzare la sua gravità, guardando in modo prospettico gli altri disagi che troppo spesso vengono passati sotto silenzio? Ci sono innanzitutto le cifre, che vengono presentate come rivelatrici della gravità inedita della situazione: dopo il conteggio quotidiano dei decessi durante la prima ondata, c’è ora l’annuncio dei casi “positivi”, senza che si possa distinguere tra coloro che sono malati e coloro che non lo sono.”
Il vescovo francese denuncia una deriva anti-umana nella gestione di questa epidemia, frutto di una visione puramente materialistica della vita umana, dove non esistono vincoli morali o familiari, l’unico dato che conta è l’immanente e l’individualismo:
“Ci è voluto del tempo prima che si parlasse del trattamento disumano che è stato imposto nella case di riposo alle persone anziane, talvolta chiuse a chiave nelle loro stanze, con il divieto di ricevere visite dai familiari: le testimonianze sui problemi psicologici e i decessi prematuri dei nostri anziani abbondano. Si parla poco dell’aumento degli stati depressivi in soggetti non predisposti: gli ospedali psichiatrici sono sovraccarichi, le sale d’attesa degli psicologi piene, segno che la sanità mentale dei francesi peggiora in modo inquietante e questo il ministero della Salute lo ha riconosciuto pubblicamente. Si denuncia un rischio di “eutanasia sociale”, quando si stima che 4 milioni di cittadini sono in una situazione di solitudine estrema, senza contare i milioni di francesi che, dal primo confinamento, sono scivolati al di sotto della soglia di povertà.”
Queste considerazioni risultano incontestabili specie alla luce delle recenti derive in zone come il nord Europa o il Canada, dove sempre più persone avendo perso non solo il potere economico ma anche la perdita di senso esistenziale, chiedono l’eutanasia piuttosto che vivere un lockdown.
Infine mons. Aillet tocca il punto della situazione, un vero e proprio nervo scoperto per la politica progressista, una visione globale dell’essere umano, che rimane valida anche al di fuori del contesto cristiano: “Il divieto di celebrare il culto, anche quando vengono prese misure sanitarie ragionevoli, con le Messe ridotte al rango di attività “non essenziali”: questo non si è mai visto in Francia, salvo che a Parigi sotto la Comune! Giudicare, cioè valutare la realtà alla luce dei grandi principi che fondano la vita sociale. Poiché l’uomo è “unità di corpo e anima”, non è giusto fare della salute fisica un valore assoluto (…) Poiché l’uomo è sociale per natura e aperto alla fraternità, è insostenibile spezzare le relazioni familiari e amicali e condannare le persone più fragili all’isolamento e all’angoscia della solitudine.” In conclusione questa lucida analisi di mons. Aillet, risulta non solo essere un illuminante chiave di lettura del drammatico tempo che l’umanità sta attraversando ma è chiaramente anche uno sprone per tutti i governanti (e prìncipi della chiesa) a non rinnegare il sistema di valori fondati l’occidente cristiano a favore di un nichilismo mondano privo di speranza. E’ utopistico considerare una visione globale dell’uomo se si rinnega la sua intrinseca natura spirituale e trascendentale.