Pio XII: uomo di pace, Papa di guerra

Pio XII: uomo di pace, Papa di guerra

Di Don Gian Maria Comolli*

Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli, fu Papa dal 1939 al 1958. Lasciamo al cardinale Domenico Tardini (1888-1961), suo stretto collaboratore dal 1939 come Sostituto Segretario di Stato e dal 1944 Pro-Segretario una breve descrizione di Papa Pacelli. «Quando Eugenio Pacelli fu assunto al supremo Pontificato, circolò la voce (forse una di quelle ciarle che girano sempre in certi momenti) che alcuni Eminentissimi si erano, da principio, mostrati un po’ restii a dargli il voto perché, considerando la minacciosa situazione internazionale, osservavano: “Il cardinale Pacelli è un Uomo di pace e il mondo ha ora bisogno di un Papa di guerra”. Umanamente parlando, il giudizio era esatto. Eugenio Pacelli era veramente un uomo di pace; la finezza dei suoi sentimenti, la sua innata gentilezza, la sua mitezza indulgente lo portavano a vincere le difficoltà con la pazienza e la perseveranza, evitando parole forti, frasi aspre, gesti bruschi. Tutto questo lo disponeva ad amare, desiderare e procurare la pace. Eppure proprio a quest’uomo, pacifico per temperamento, per educazione, per convinzione, toccò un pontificato che potremmo chiamare di guerra. Calda o fredda, mondiale o locale, ma sempre guerra. Accettò dal Signore la sua croce pesante: soffrì, soccorse, parlò e agì» (Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1960, pp. 37-38).

Per il nostro discorso è importante il verbo “parlare”, poiché Pio XII non scrisse encicliche sociali ma ne parlò attraverso i radiomessaggi avendo compreso, concretando il suo motto “Non nova sed noviter” (tradotto letteralmente, significa “presentazione nuova”) che non erano necessarie cose nuove ma “forme nuove”; ad esempio, il rinnovamento del linguaggio, vecchio e inadeguato alle mutate situazioni della società. Accenni alla Dottrina sociale sono presenti in vari radiomessaggi trattando della persona umana come fondamento della vita sociale, soggetta di diritti inalienabili, inviolabili e universali. Interessanti sono il Radiomessaggio della Pentecoste del 1941 e quello natalizio del 1942. In quello del 1941, in occasione del 50° anniversario della Rerum Novarum, Pio XII s’intrattenne su tre argomenti: l’utilizzo dei beni materiali, il lavoro e la famiglia. In quello del 1942 riguardante l’ordine interno delle nazioni, il Papa dichiarò che lo Stato non ha il compito di assicurare il bene delle persone ma unicamente il bene comune, cioè «quelle esterne condizioni, le quali sono necessarie all’insieme dei cittadini per lo sviluppo delle loro qualità e dei loro uffici, della loro vita materiale, intellettuale e religiosa», riaffermando nuovamente il primato della persona sulla società che deve essere posta al centro delle istituzioni ma protetta da ogni invadenza compresa quella dello Stato. Ciò significa che uno statalismo esasperato, come è avvenuto nel passato, produce disumane e impietose burocrazie, inflessibili amministrazioni e un debito pubblico inarrestabile.

*Don Gian Maria Comolli, ordinato sacerdote nel 1986, da trent’anni è cappellano ospedaliero. Dopo aver conseguito un dottorato in Teologia, una laurea in Sociologia ed aver frequentato diversi master e corsi di perfezionamento universitari, attualmente collabora con l’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano ed è segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia.

Testo pubblicato per gentile concessione dell’autore (tratto dal blogwww.gianmariacomolli.it).

 

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