Ciò che conduce a posizioni estreme cova in sé il germe dell’isolamento esistenziale e spirituale
Di Nicola Sajeva
Dedicare all’incomunicabilità qualche riflessione ritengo non sia idea tanto peregrina. Scoprire qualche ingranaggio perverso e procedere e prospettare qualche antidoto è il modesto traguardo che tutti dovremmo cercare di raggiungere.
“Assolutamente si’!”, “assolutamente no!”, sono due espressioni oggi molto in uso che, spesso secondo me, generano incomunicabilità e nelle quali possiamo intravedere anche una delle tante sfumature dell’arroganza che sempre tenta di trovare ospitalità all’interno del dialogo interpersonale. Il malessere che tende a contraddistinguere i rapporti umani non è tra le cose ancora da scoprire. E’ un fenomeno purtroppo così diffuso da seminare diffidenza e chiusura psicologica.
Le ubertose valli della tolleranza spesso non presentano sentieri praticabili: le spine dell’arroccamento egoistico impediscono o rendono molto difficoltoso il procedere sereno verso la scoperta di una pacifica convivenza.
Ogni esperienza di rapporto interpersonale nasconde insidie, trabocchetti, porta il veleno del compromesso, tende con molta naturalezza a chiudere il suo bilancio in negativo e consiglia chiusure più sicure per il cassetto dove stazionano i nostri sogni. Le prime vittime di questa tendenza sono l’amicizia, il rapporto confidenziale, la possibilità di condividere con il nostro prossimo gioie e dolori, la speranza di costruire un domani dove la fiducia reciproca sia il collante più evidente. Il bilancio tra le parole dette e quelle che la virtù della prudenza consiglia di non esprimere è, senz’altro, a favore della seconda. Tutto quanto rimane inespresso viene tristemente ricoperto dalla polvere del risentimento, dalla ruggine del rancore, dalla nebbia della sfiducia. Tutto ciò è in grado di alimentare solo il male oscuro della nostra società: l’incomunicabilità.
Assolutamente sì! Assolutamente no! Queste espressioni diventano armi messe in campo per difendere le nostre posizioni, per consolidare le nostre pseudo-sicurezze.
Se guardiamo il nostro dirimpettaio che ha tentato di dialogare con noi lo vediamo impossibilitato a riprendere fiato per abbozzare una risposta o tentare di esporre un punto di vista alternativo al nostro.
Assolutamente sì! Assolutamente no! Resta chiuso ogni spiraglio, tutto si congela e cadono in frantumi tutti i tentativi di speculazione, tutte le possibilità di ulteriore indagine supplementare. E così le nostre convinzioni restano le sole ad essere pronte a mettere le loro radici nel vissuto quotidiano.
Assolutamente sì! Assolutamente no! Rimangono espressioni non proponibili in un contesto dove ciò che oggi viene affermato, domani è ragionevolmente messo in discussione; dove l’approfondimento e la ricerca, sia nel campo scientifico che in quello dell’animo umano, spesso approdano a posizioni contraddittorie con il già acquisito; dove risulta chiaro che la verità non è patrimonio esclusivo di una o di un gruppo di persone; dove il saggio per sostenere le proprie convinzioni ritiene conveniente pizzicare le delicate corde dell’umiltà, della delicatezza psicologica, della pacatezza spirituale, della serena accettazione di altri punti di vista.
Cerchiamo allora altre espressioni per riaffermare un punto di vista, una conquista conoscitiva: forme più dialogiche, più rispettose, rivestite sempre dalla convinzione che l’ipotesi di sbagliare può facilmente trovare posto nella nostra esperienza.
Anche la nostra supposta buona fede non può giustificare qualsiasi assolutismo perché quanto oggi abbiamo considerato come definitivo può trovare domani motivi ineccepibili di annullamento.
Tutto quanto interrompe un dialogo è da mettere alla porta; tutto quanto conduce a posizioni estreme cova in sé il germe dell’isolamento esistenziale e spirituale.