Covid, in molte parrocchie musicisti professionisti a servizio della liturgia

Covid, in molte parrocchie musicisti professionisti a servizio della liturgia

Di Maria Luisa Donatiello

In questo momento di crisi del mondo dello spettacolo le chiese aperte e le liturgie sono il luogo e l’occasione per tendere concretamente una mano al prossimo.

Un “prossimo” anche altamente qualificato, come nel caso di tanti bravi musicisti che attualmente versano in difficoltà lavorative.

Il sostegno e l’aiuto alla musica arriva in questo senso da parte di alcune parrocchie romane, che hanno dato luogo ad un’iniziativa rilanciata recentemente anche dall’Osservatore romano.

Questa esperienza romana, la cui idea si deve al poeta Nicola Bultrini, potrebbe essere d’esempio per altre città e diocesi italiane, cominciando dal coinvolgimento dei musicisti dell’Orchestra di Piazza Vittorio, che animeranno la liturgia in diverse chiese di Roma.

Le proposte potrebbero essere estese ai tanti ensemble musicali e cori di cantanti professionisti, con giovamento della qualità della musica liturgica, un aspetto, questo dalla qualità dell’esecuzione musicale durante la Santa Messa, da non sottovalutare.

L’unico nodo da chiarire resta quello che in questi casi il musicista deve essere al servizio della liturgia, come spiega magistralmente Benedetto XVI nel libro “Lodate Dio con arte” (Marcianum Press, 2010).

Chi esegue musica sacra durante la liturgia deve essere innanzitutto consapevole che è «incompatibile con le direttive bibliche quell’estetismo ibrido che esclude dall’arte ogni funzione ausiliaria e dunque vuol vedere l’arte solo come scopo e criterio di sé stessa» (p.82).

Ne deriva che una concezione puramente estetica della musica in Chiesa è incompatibile con il contesto e le intenzioni in esame. Non si tratta quindi di eseguire concerti e autocelebrativi o far assistere un pubblico a magistrali esecuzioni musicali, ma di svolgere una funzione, un compito, un servizio in comunione con l’assemblea liturgica. Le modalità di retribuzione dei musicisti sarebbero poi da concordare tra le maestranze e ciascuna Diocesi.

Una fruttuosa relazione tra musicisti e liturgia, ha sostenuto sempre Papa Ratzinger, si ottiene solo comprendendo che la musica sacra è «atto liturgico nella sua essenza, ma è nella stessa misura un atto musicale. […] La professione di musicista sacro è perciò una professione veramente liturgica e pastorale» (pp.158-159).

La musica sacra, che va eseguita con competenza tecnica musicale e con partecipazione spirituale, è quindi funzionale alla liturgia e mai fine a sé stessa. È musica carica di spiritualità per la quale non è sufficiente essere soltanto bravi strumentisti ed esecutori, ma trasformarsi in promotori di preghiera e della sua forma più alta e solenne, quella cantata.

Chissà che questa ulteriore apertura della Chiesa al mondo dei musicisti-professionisti non possa supportarli concretamente e almeno favorire, anche nei più lontani, un avvicinamento ai sacramenti e alla Parola. Questo connubio tra Fede e arte potrebbe magari fruttare nuove conversioni, perché le strade di Dio sono tante, tutte diverse e tracciate ognuna personalmente.

A ragion veduta, secondo il parere di molti, si potrebbe insomma immaginare che la musica potrà tornare ad essere strumento privilegiato di speranza e di vita nuova per molti.

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