Shemà. Commento al Vangelo del 26 ottobre della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà. Commento al Vangelo del 26 ottobre della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

 

***

IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: Lc 13,10-17

Lunedì 26 ottobre 2020

Oggi la liturgia ci fa iniziare questa settimana con la gioia della lode che ci apre allo stupore, alla meraviglia delle opere che il Signore ha compiuto e continua a compiere nella nostra vita. Nella prima lettura, tratta  dalla lettera di San Paolo agli Efesìni (Ef 4,32 – 5,8), ci viene ricordato: “Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce.” Ecco l’opera meravigliosa che Dio ha compiuto: eravamo tenebra, eravamo nelle tenebre, ora siamo luce, ora vediamo la luce! E’ ciò che è successo alla donna di cui ci racconta il Vangelo, una donna di cui non conosciamo il nome, ma della quale conosciamo lo stato di oppressione alla quale era costretta da 18 anni. Ora, poichè La donna nella Sacra Scrittura è sempre simbolo del popolo, possiamo affermare che oggi ci viene annunciato che il popolo di Dio, grazie all’iniziativa di Gesù, viene riabilitato, rialzato dalla sua prostrazione, dalla sua umiliazione e perfino dall’afflizione che lo curva, un’umiliazione alla quale solo Satana e il suo potere di morte può costringere l’uomo. Gesù stesso ce lo fa notare:” E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?. Certamente il capo della sinagoga si accorge dell’apparente disobbedienza di Gesù al comandamento dello Shabbat, ma per il Signore riabilitare la donna, e quindi il popolo, e perciò ciascuno di noi,  viene prima di ogni  comandamento. A cosa servono i comandamenti se non possiamo neppure stare in piedi con dignità? Il Signore desidera la nostra risposta libera, e se ci sono condizionamenti alla nostra libertà desidera toglierci ogni impedimento perché possiamo amare in pienezza la vita che Lui stesso ci ha donato. Eppure noi spesso siamo così bravi a complicarci l’esistenza che pensiamo addirittura, come questo capo della sinagoga, che gli animali, che comunque gli erano utili per fare dei lavori pesanti, abbiano la precedenza rispetto alle persone! non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?, chiede Gesù a quel capo della sinagoga accecato dal giudizio, dal sistema che Gesù, liberando quella donna, aveva ormai turbato. Tutti erano meravigliati, tutti avevano il cuore in festa, tutti lodavano Dio, tranne il capo della sinagoga, che non riesce a vedere l’evidenza: nel giorno di Shabbat il Signore ci rialza, ci libera, ci ridona dignità! Allora oggi stiamo attenti a non impedirci di vedere le opere meravigliose di Dio! Gesù desidera liberare anche noi oggi dal potere del male per rimetterci in piedi, come ha fatto con questa donna!  E c’è un rapporto tra la possibilità che il Signore ci offre di stare in piedi e il lodare il Signore. Stare in piedi, infatti, è l’atteggiamento della lode, perché chi loda è solo colui che  è passato dalle tenebre alla luce. Chi loda Dio è testimone dell’opera di liberazione di Gesù sulle opere di Satana, sulle tenebre. La lode è dichiarazione della vittoria dell’amore di Gesù che libera l’uomo e la donna, facendoli passare dalla schiavitù del peccato al servizio di Dio e del prossimo. La liturgia ci mostra quindi che la lode è il servizio più efficace che possiamo offrire alla  Chiesa ogni giorno, perché è un servizio di luce, che porta la luce, perché ci fa proclamare la nostra dignità di figli amati da Dio, sempre e comunque, di Shabbat in Shabbat, ogni giorno possiamo contemplare l’opera più grande del Suo immenso amore per noi: “eravamo tenebra, ora siamo luce nel Signore“. Buona giornata!

Lc 13,10-17

 In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

 

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments