L’ultima follia: l’Azzolina vuole eliminare l’immagine della “povera donna oppressa” a casa a cucinare

L’ultima follia: l’Azzolina vuole eliminare l’immagine della “povera donna oppressa” a casa a cucinare

Giorgia Brambilla

Con la sua ultima perla sui libri scolastici, l’Azzolina crede di onorare il mostro sacro della parità di genere e così si prodigherà, insieme alla Boldrini, affinché sia eliminata l’immagine della povera donna oppressa a casa a cucinare e venga invece inclusa l’ideologia GENDER, con tanto di “osservatorio” ad hoc.

Questo sì che è educativo! O dovremmo dire RIEDUCATIVO…

Sappiamo bene che posizioni di questo tipo originano dall’idea sorta verso la fine degli anni Settanta, secondo cui lavorare fuori casa era per una donna segno di cultura, di dignità, di rispettabilità, a confronto con chi “faceva solo la mamma”, cosa peraltro considerata così svilente da essere pensata come qualcosa di subìto e quasi mai di scelto. Si proponeva e assolutizzava, in altre parole, il modello della donna “impegnata”, ovunque ma non nella e per la famiglia; l’idea cioè che una donna per essere felice debba necessariamente lavorare.

Peccato, però, negli anni a venire, mentre rincorreva ancora l’inganno di un utopistico livellamento di genere, la donna ha via via cominciato a scoprire che anche “il mondo del lavoro” poteva essere fonte di sfruttamento e di frustrazione.

Il progressivo impegno sociale e produttivo della donna, corroborato dalle varie spinte del femminismo, hanno finito per allontanare la donna da questo legame atavico con la vita e con l’accoglienza dell’altro. La “donna nuova” prodotta dal femminismo radicale e relativistico ha via via rifiutato le parti più profonde della femminilità, quelle legate ad esempio alle missioni di essere il focolare domestico e di essere madre. La donna lavoratrice ha iniziato a vedere nell’alto numero di figli un ostacolo alla carriera e a mettersi in competizione con l’uomo, pretendendo gli stessi spazi e sacrificando spesso, consapevolmente o no, la vita famigliare.

Non si vuole proprio capire che parità di dignità per la donna non significa essere la stessa cosa dell’uomo. Questo appiattimento delle differenze non può che portare a un impoverimento della donna e di tutta la società, con la deformazione o la perdita di quella ricchezza unica e di quel valore propri della femminilità. Tra questi, il più importante è senza dubbio la maternità.

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