Le deprimenti cronache giornaliere dei mass media seminano impotenza e assuefazione
Di Nicola Sajeva
Il problema non c’è, è molto semplice, è un altro: sono queste le espressioni che spesso riscontriamo in ogni conversazione scaturita dalla ricerca di qualche formula magica destinata a risolvere una situazione controversa o, quanto meno, ad immetterla nella giusta direzione.
Tra le righe della quotidianità è facile scoprire infinite forme di arroganza, celati tentativi di carpire la nostra libertà, di deviare le nostre convinzioni, di disorientare le nostre conquiste culturali. Tutto ciò trasforma un giardino in una giungla, la pacifica convivenza in piattaforma di lotta.
Il malessere che ammorba la nostra esistenza deve pur avere una fonte. una radice, un ambiente, un terreno di coltura favorevole alla sua levitazione!
Tutte le deprimenti cronache che giornalmente i mezzi di comunicazione sciorinano, a volte anche sadicamente, non raccolgono altro risultato se non quello di seminare impotenza, assuefazione, soglie di reazione deboli e insufficienti.
Ad attaccare questi demoniaci avamposti ritroviamo una scuola irriconoscibile nella sua componente educativa e una famiglia ridotta a specie in via di estinzione. Manca spesso la capacità, la voglia, la determinazione di trasmettere modelli positivi: ascolto e dialogo sono da ricercare in qualche preziosa teca di un museo destinato alla salvaguardia di reperti caratterizzanti un impianto sociale considerato oggi retrogrado e lesivo del valore della “libertà” della persona umana. Le virgolette ad indicare chiaramente quanto impreciso risulta il termine di libertà nell’odierno agone esistenziale.
Vittime inconsapevoli di questa “libertà” sono i bambini, i ragazzi e, senz’altro ancor di più, i giovani: assorbono, respirano l’atmosfera di sopraffazione, di mancanza di rispetto, di disordine spirituale, di mancanza di delicatezza che circola senza difficoltà in tutte le infrastrutture sociali primarie e secondarie.
Proviamo ad esprimere una nota di dissenso sul comportamento di un giovane, di un ragazzo, di un bambino e raccoglieremo la netta sensazione di scoprire un vuoto educativo molto preoccupante. Tutti pronti a contestare un così vile attentato alla libertà.
Purtroppo i giovani sono ciò che noi adulti siamo, sono il riflesso di una realtà che andiamo costruendo così irresponsabilmente: non ascoltano perché noi non siamo disposti ad ascoltare, disconoscono l’enorme potenziale del sacrificio perché noi siamo i primi a demonizzarlo, evitano il dialogo perché offriamo senza risparmio esempi di arroccamento, di difesa ad oltranza, di autoaffermazione.
Il problema non c’è, il problema è molto semplice, il problema è un altro…
Tre perle molto trasparenti: nella prima notiamo molta superficialità; nella seconda tracotanza, sufficienza, superiorità irrispettosa; nella terza l’inibizione di ogni possibilità di dialogo. La conversazione da momento esplicativo di diversi punti di vista, da ossigeno vitale per tutti i rapporti interpersonali diventa pedana di lotta, scontro, fiore senza profumo.
Non ci meravigliamo più di tanto se le varie manifestazioni di bullismo riempiono negativamente la cronaca, se la determinazione ad averla sempre vinta hanno il nulla-osta per imperversare impunemente.
Il problema è un altro… tra le pieghe di una semplice espressione possono nascondersi insidie e conseguenze disastrose.
L’atmosfera di materialismo, di grossolana impostazione di ogni problematica, di superficiale indifferenza, di voluttuosa conflittualità, rende difficoltoso, se non impossibile, ogni percorso di elevazione spirituale. Risonanze di quanto detto li riscontriamo sulla scena della politica contemporanea: tutti pronti a stabilire i contorni di un problema e a darne una personale soluzione; tutti pronti a formare non una corrente pronta a dialogare, ma un movimento, un partito, un gruppo autonomo sempre pronto poi ad accettare il compromesso più conveniente.
Risonanze nello sport: tutti ci sentiamo commissari tecnici con mille assi nella manica; risonanze nel campo della… potremmo continuare puntando i riflettori indagatori su altre realtà.
Il problema non c’è, è molto semplice, è un altro… Rispettare l’altrui opinione non è segno di debolezza, ma servizio umile e fecondo alla verità.