La Chiesa italiana non viva la sudditanza al governo come la chiesa patriottica cinese
Di Diego Torre
La Messa non si tocca per monsignor Giovanni D’Ercole.
Di opinione opposta a quella di mons. D’Ercole qualche suo collega, che ha invece deriso il “fanatismo” di taluni fedeli, i quali, insensibili all’emergenza sanitaria in corso… desideravano Gesù.
Eppure non si è saputo di contagi nati nelle Messe, né di disobbedienza dei fedeli alle norme sanitarie del protocollo congiunto CEI-Comitato di Salute Pubblica.
Anzi, in nessuna altro luogo le misure vengono rispettate in modo così draconiano. Oltretutto il virus è ora fronteggiabile con i farmaci, il numero dei morti è calato enormemente, da marzo molte condizioni sono cambiate in meglio.
Perché allora subire, e quindi alimentare, la psicosi terroristica? Fifa per la propria pelle? Paura delle responsabilità di eventuali contagi? Compiacimento nel tiranneggiare i fedeli? Bisogno di dimostrare al “potere” politico di essere i primi della classe nell’applicare i dettami della dittatura sanitaria, anche in modo più zelante (e gretto) di quanto i protocolli richiedano?
Un atteggiamento di sudditanza per ben figurare nella sfilata del politicamente corretto (e non avere seccature con la legge), degno della chiesa patriottica cinese (quella creata e diretta dal partito comunista)?
E allora: c’è già un’ipoteca sul Natale? Ci arriveremo con le chiese aperte o no?
Non vorremmo che questo governo anticristiano approfittasse di una “seconda ondata” più o meno surrettizia per infliggere un altro durissimo colpo alle celebrazioni liturgiche e alla vita della chiesa. Come non vorremmo che in ambito ecclesiastico qualcuno dimenticasse l’ammonimento di S. Pietro. “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” (Atti 5,29).