“Costo standard” di sostenibilità per allievo è strada per libertà di scelta educativa di cittadini e famiglie
Di Suor Anna Monia Alfieri
Come riconoscere la titolarità, in ambito educativo e formativo, della persona e della famiglia? Anzitutto diciamo che una tale titolarità si esercita attraverso la “libertà di scelta educativa” che va garantita a tutti, superando gli attuali ostacoli economici e sociali che ne impediscono di fatto l’esercizio ai meno abbienti. Il “costo standard” di sostenibilità per allievo costituisce, da questo punto di vista, una “quota capitaria” spettante all’alunno, che lo assegna poi alla scuola prescelta. Come dire che il finanziamento spetta alla famiglia e, di conseguenza, viene assegnato alle scuole pubbliche (statali o paritarie), in quanto servizio scelto dalla famiglia stessa. Bisogna infatti ricordare che “pubblico” non è sinonimo di “statale”, ma si richiama al principio del pro populo.
Il costo standard di sostenibilità non è una delle soluzioni ma è la soluzione, che potrà rivestire tutte le leve fiscali che si vorranno, detrazione, quota capitaria, convenzione. In merito un approccio che voglia essere obiettivo e scientificamente corretto impone di ripetere (come ampiamente argomentato nel saggio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento. Ed. Giappichelli 2015) che il costo standard di sostenibilità per allievo si declina operativamente in svariate leve fiscali quali la convenzione, la detrazione, il buono scuola, il voucher. Non è questione di essere liberali o conservatori, radical chic o estremisti: si tratta di porre al centro lo studente e creare le condizioni perché i genitori di quello studente possano essere liberi di scegliere quale scuola fargli frequentare. Tutto qui.
Il problema è che negli anni, perdendo tempo in dissertazioni sterili, si è impedito in Italia il completamento del percorso di realizzazione dell’autonomia, della parità e della libertà di scelta educativa. E insisto col dire che il costo standard di sostenibilità per allievo è l’unica via per poter finalmente realizzare la libertà di scelta educativa della famiglia, diritto previsto dalla Costituzione ma mai realizzato concretamente. L’introduzione del costo standard non è un percorso complicato. Alternative come le convenzioni, le detrazioni, il buono scuola non sono concretamente realizzabili senza la domanda fondamentale previa: quanto costa un allievo? Solo a partire da questa domanda di fondo è possibile rivedere nel complesso le linee di finanziamento del sistema scolastico italiano.
A 20 anni dalla legge sulla parità e con il rischio reale del monopolio educativo, è doveroso affrontare il tema scuola in modo scientifico, dati alla mano, perché la confusione legittima l’inerzia politica. Ecco allora definire il costo di un allievo a 5.500 euro: ciò consente di superare le attuali discriminazioni economiche che colpiscono i cittadini e le famiglie. Spetta al Governo di turno decidere se assegnare un voucher, un buono scuola, o una convenzione economica etc. Fatto sta che il diritto garantito è quello della famiglia e la scuola statale e paritaria risultano garanzia di pluralismo.
Ora, a vent’anni dalla parità, arriva anche il Covid-19. L’emergenza epidemiologica squarcia il velo dei costi, con la scuola statale che costa 8.500 euro per alunno alle famiglie italiane contribuenti (esclusi i più poveri e i disabili) e la scuola paritaria che presenta rette che vanno tra i 4.000 e i 5.500 euro annui.
Con la chiusura più lunga d’Europa (18 settimane), il Governo Conte bis mette a rischio la tenuta non solo della scuola paritaria ma anche della scuola statale. A settembre la scuola non è ripartita per tutti, e non solo perché sono mancate le aule e i banchi a rotelle ma anche per ragioni ben più profonde. Ragioni che affondano le radici proprio nella particolare iniquità del sistema scolastico italiano. In questo il Covid non ha fatto altro che portare alla luce tutti i limiti dell’ordinamento scolastico nazionale. Ne ho parlato approfonditamente nel Focus pubblicato il 1° ottobre 2020 sul sito dell’Istituto Bruno Leoni (IBL): “La scuola del futuro: una scuola per tutti. La scuola di oggi: una scuola d’élite”. Ho tentato di spiegare i motivi per i quali, nel corrente anno scolastico, sono stati di fatto esclusi i poveri e i disabili, soprattutto gli studenti delle periferie e del Centro Sud. Con la rilevante eccezione della Regione Lombardia. Qui la scuola è ripartita e sembra che il pluralismo stia reggendo, parola di dossier dell’Ufficio scolastico per la Regione Lombardia. Il sistema scolastico si conferma regionalista: in Lombardia e Veneto i dati ci descrivono una realtà ben diversa rispetto a quella osservata in Regioni come la Sicilia e la Campania. Teniamo in primo luogo conto che la scuola paritaria che in Lombardia ha retto ha delle rette che vanno dai 3.500 euro annui della scuola per l’infanzia ai 5.500 del liceo. In pratica una famiglia con due figli a Milano può scegliere un liceo e a Bari no. Come mai? Non sarà un caso che il pluralismo in Italia esiste ancora e solo in Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto dove sono presenti delle politiche che lo sostengono e sia gravemente compromesso in Sicilia, Campania e Puglia? Ci sarà un collegamento tra i dati e le politiche che garantiscono il pluralismo educativo?
Domande alle quali il Focus IBL risponde con dovizia di dati. E qui si fa un passo avanti significativo: il Covid ha dimostrato chiaramente che 8.500 euro sono sprecate nella scuola statale che non riparte per tutti e in sicurezza; quindi non è questione di danari ma di spenderli meglio. E spendere meglio non vuol dire tagliare in maniera indiscriminata i costi e gli stipendi ai docenti. Lo hanno capito anche i sindacati. Occorre spendere meglio e smettere di promettere posti di lavoro per fare le proprie campagne elettorali sulla pelle della povera gente che ci crede. La scuola italiana non ha posto per tutti i docenti che aspettano di essere collocati nel posto sicuro. Mancano docenti di Matematica, abbiamo le cattedre vuote e ne abbiamo troppi di Lettere. Mancano i docenti a Milano e ne abbiamo troppi a Palermo. È elementare il ragionamento. Occorre un censimento ed una mappatura di cattedre e docenti disponibili, tutto su un asse cartesiano di domanda e offerta. Un ragionamento semplice che il Covid ha riportato sul tavolo in maniera semplice e drammatica.
La proposta del costo standard renderebbe il sistema-scuola efficiente: spendere 5.500 invece di 8.500 non significa tagliare fondi, tutt’altro! Il Covid ha dimostrato che lì dove sono presenti politiche di spessore la scuola è ripartita. Quindi lo Stato ha la prova provata che scuole statali e le scuole paritarie servono, insieme, al bene dei giovani, della società, della nazione. Tutto qui.
In Italia, per una famiglia che ha due figli e un Isee pari a 30 Mila euro annui, la scuola paritaria è inavvicinabile. Ma occorrono dei distinguo: dipende dalla Regione in cui si vive, a conferma che il sistema scolastico è regionalista, oltre che classista e discriminatorio. Quindi il Governo, oltre a guardare all’Europa, ha proprio in Italia delle ottime pratiche gestionali.
Se con la prossima legge di bilancio non ci si decide a rivedere le linee di finanziamento del sistema scolastico italiano, il futuro prossimo vedrà una scuola statale sempre più fallimentare, che con 8.500 non riparte, e una scuola paritaria che – per esercitare il suo ruolo pubblico – dovrà chiedere rette non inferiori a 5.500 euro. Le famiglie le sceglieranno con enormi sacrifici pur di dare una possibilità ai loro figli. Oppure non le sceglieranno perché non possono permettersele. Risultato: avremo il diritto all’istruzione come un lusso. Il tutto senza una ragione di diritto e di economia, ma per pura ideologia o carenza culturale.
Se non si abbassa la bandiera dell’ideologia, non ci sarà alternativa per la scuola. O meglio, l’alternativa c’è ed è in atto: il diritto all’istruzione è divenuto un privilegio con tutti i problemi connessi che fanno rima con monopolio, burocrazia, assistenzialismo, discriminazione, deprivazione culturale, intolleranza, futuro di stenti. Creiamo le condizioni affinché la scuola sia veramente buona per tutti? Ma per farlo occorre chiarire quale rapporto vuole avere lo Stato italiano con la scuola. Questo è un punto imprescindibile. Garante? Controllore? Gestore unico? Non nascondiamoci dietro i banchi a rotelle, i concorsi e i concorsoni: è fumo che distoglie l’attenzione dal cuore del problema.
Ecco perché sono fortemente convinta che il percorso di chiarezza che abbiamo compiuto su temi come scuola, famiglia, libertà, autonomia, parità, pluralismo educativo sia ormai ad un punto di NON ritorno. Il Covid ha abbattuto il muro dell’ideologia. Non c’è più spazio per rispondere con slogan del tipo “senza oneri per lo Stato”, “la scuola privata dei ricchi per i ricchi”, “la scuola confessionale” e sciocchezze simili. Oggi il mondo politico, i sindacati e le associazioni, i cittadini sono di fronte alla realtà, così com’è. Il diritto all’istruzione già oggi è divenuto un privilegio. I disabili ed i poveri sono i grandi esclusi.