Esclusivo. Il neuroscienziato Serpelloni: “è una grave responsabilità morale accettare i mercanti di cannabis light come sponsor”
Di Matteo Orlando
Un’azienda che non citiamo (per non pubblicizzarla), impegnata nella commercializzazione dei prodotti a base della cosiddetta “cannabis light”, con la scusa di sostenere il mondo del calcio in un periodo delicato, ha deciso di sponsorizzare le società di serie A Udinese, Hellas Verona e Sampdoria. L’impresa, con sede a Milano, farà naturalmente tutto in regola ma l’iniziativa non è piaciuta a tanti, soprattutto per il messaggio che veicola e per come lo sport è un mezzo semplice per arrivare a giovani e giovanissimi.
Nei giorni scorsi abbiamo sentito in merito l’onorevole Vito Comencini della Lega (vedi qui). Oggi sentiamo l’autorevole riflessione di uno che di droghe se ne intende, perché ha dedicato la sua vita a portare fuori dal tunnel della droga migliaia di persone, il neuroscienziato Giovanni Serpelloni.
Anche il calcio cede alle sirene del mondo della Cannabis cd. Light. Da neuroscienziato qual è la sua reazione?
“Accettare una sponsorizzazione da parte dei mercanti di cannabis light da parte di società sportive è una grave responsabilità morale che trovo assolutamente inaccettabile sotto tanti punti di vista. Prima di tutto quello educativo per le giovani generazioni che dovrebbero avere dallo sport lezioni e stimoli di promozione della salute e di comportamenti preventivi e non di incentivi verso l’uso di sostanze stupefacenti. La cosa è ancora più grave se si pensa che molti ragazzi idealizzano ed emulano proprio i calciatori ed un messaggio come quello mandato con questa irresponsabile sponsorizzazione è veramente negativo. Io invito i responsabili, che sicuramente avranno anche loro figli, a ripensare su questa loro scelta scellerata che porta con se tutto ciò che lo sport non dovrebbe mai portare e cioè un idea ed un comportamento che è esattamente l’antitesi di ciò che si dovrebbe insegnare ai nostri giovani. Questa sponsorizzazione è un proprio e vero disvalore”.
Durante un incontro pubblico ha parlato di enormi interessi economici Nordamericani nel campo della cd. Cannabis light. Può spiegarci meglio?
“Questo commercio è il preludio, ricercato e ben programmato, alla legalizzazione della cannabis a più alto potenziale. La rete commerciale costruita con molta sapienza ed iniziativa manageriale per la cannabis’s light vuole predisporre una rete di vendita che serva in futuro a commercializzare, con maggiori profitti, il mercato della cannabis potenziata. Non è un caso che chi ha messo in piedi questa rete di vendita sia anche politicamente impegnato a portare avanti nelle sedi parlamentari le proposte di legalizzazione. Come non è un caso che una delle più potenti multinazionali canadesi abbia investito milioni di dollari per promuovere la rete commerciale italiana della cannabis light. Queste potenti organizzazioni hanno visto un grande affare investendo in Italia con la complicità di imprenditori senza scrupoli e alcuni politici conniventi. Dietro a questo mercato sta solo una forte e ipocrita spinta al profitto ad ogni costo. Il tutto sulla pelle dei giovani e sopratutto dei più fragili d vulnerabili che dovrebbero essere quelli da proteggere maggiormente”.
Se non abbiamo capito male, in Italia registriamo l’ambiguità di negozi autorizzati a vendere cannabis light (e strumenti annessi) per collezionisti ma per i giovani ciò è diventato sinonimo di legalizzazione “della Cannabis”. È così?
“La confusione nella testa dei ragazzi che l’apertura di questi negozi ha prodotti è massima. Molti di loro, come dimostrato anche da una ricerca da noi fatta lo scorso anno proprio su questo aspetto, ha erroneamente inteso l’apertura di questi negozi sia conseguenza di una vera e propria legalizzazione della cannabis. Il meta messaggio che è passato anche con la sola visione delle vetrine di questi negozi che espongono espliciti immagini di foglie di cannabis, è molto subdolo e pervasivo. Una pubblicità ingannevole che con la sola presenza nelle vie delle nostre città porta messaggi devianti e molto pericolosi. I comuni potrebbero intervenire con propria regolamentazione a vietare queste insegne esposte al pubblico. Speriamo che qualche sindaco responsabile prenda i dovuti provvedimenti”.
Un’ultima domanda. Cannabis light, Cannabis “tradizionale” e Hashish. Quali sono gli ultimi dati sull’uso di queste sostanze in Italia?
“Dall’ultima relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2019 (con dati riferiti al 2018) emerge che in Italia la cannabis si conferma la sostanza più diffusa sul mercato illegale. Gli indicatori descrivono un quadro stabile del mercato con una spesa stimata intorno ai 4,4 miliardi di euro l’anno e una percentuale di purezza alta, del 12% in media per la marijuana e del 17% per l’hashish. La diffusione della cannabis risulta evidente anche dal posto che occupa nelle azioni di contrasto: il 58% delle operazioni antidroga, il 96% dei quantitativi sequestrati, l’80% delle segnalazioni per art. 75 DPR n. 309/1990 (Condotte integranti illeciti amministrativi) e il 48% delle denunce alle Autorità Giudiziarie sono relative ai cannabinoidi (marijuana, hashish e piante di cannabis). Dati questi che danno la misura delle dimensioni della domanda di cannabis in Italia, soprattutto se letti insieme alla diffusione della sostanza anche fra i giovanissimi: un terzo degli studenti delle scuole superiori l’ha utilizzata almeno una volta nella vita e per oltre la metà di questi l’età di iniziazione è stata intorno ai 15-16 anni. Nel corso degli ultimi 10 anni risultano diminuiti i giovani che, in termini percentuali, hanno iniziato ad utilizzare la sostanza a prima dei 13 anni, passando da quasi il 5% degli anni 2009-2011 all’attuale 3%. Un quarto degli studenti superiori riferisce l’uso di cannabis nel corso dell’anno 2018 e la quasi totalità di questi la consuma in modo esclusivo, senza cioè associarla ad altre illecite, a differenza di quanto succede per le sostanze. Per 1 giovane consumatore di cannabis ogni 4, senza sostanziali variazioni negli ultimi anni, il consumo della sostanza può essere definibile “rischioso”: sono circa 150.000 gli studenti tra i 15 e i 19 anni che sono risultati positivi al CAST – Cannabis Abuse Screening Test e che, per le quantità e le modalità di utilizzo della sostanza, potrebbero necessitare di un sostegno clinico per gestire le conseguenze del consumo. Vi invito a leggere tutta la Relazione annuale al Parlamento 2019 sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia” (vedi qui).