Nel campo dell’educazione non riusciamo più a raggiungere risultati apprezzabili, perché?

Nel campo dell’educazione non riusciamo più a raggiungere risultati apprezzabili, perché?

Di Nicola Sajeva

Liberare nell’aria un po’ di polline elaborato durante gli anni di insegnamento,  dare sfogo alla voglia di partecipare alla definizione di metodiche miranti al miglioramento della convivenza civile, affidare alla riflessione degli eventuali lettori qualche profondo convincimento, sono i motivi che mi spingono a focalizzare un tema così importante.

Dall’osservazione di comportamenti che caratterizzano le nuove generazioni emerge, in tutta la sua urgenza, la necessità di scegliere nuove strategie in grado di mettere in discussione gli approcci che oggi vanno per la maggiore.

Demonizzare tutto, non saper riconoscere più le radici che ci permettono di ricevere la ricchezza dell’esperienza passata, rende il nostro cammino incerto, difficile perché mancante di punti di riferimento capaci di testare obiettivi e di controllare risultati.

Oggi nel campo dell’educazione non riusciamo più a raggiungere risultati apprezzabili perché i motivi che abbiamo appena accennato dominano il campo e, inoltre,  il tutto è appesantito dall’incertezza di individuare il momento giusto per iniziare, con buone prospettive,  l’azione mirante alla formazione della personalità.

Quando incominciare? E’ questo il problema sul quale desidero soffermarmi perché ritengo importante stabilire con estrema chiarezza “Quando” intervenire per non compromettere definitivamente un risultato che tutti ci auguriamo ottimo.

La sapienza contadina al riguardo mette a nostra disposizione un insegnamento tenuto in grande considerazione dalle generazioni di ieri: l’agricoltore, al momento della messa a dimora di una piantina ha cura di sistemarvi accanto un robusto tutore in grado di garantirne al massimo la giusta crescita e il portamento. Ieri l’educatore, genitore o insegnante, parente o vicino di casa, teneva presente questo insegnamento e, nei confronti anche dei più piccoli, si comportava di conseguenza. Invece nei fotogrammi che compongono la realtà che ci circonda non riusciamo più ad individuare questi saggi comportamenti. Ai bambini viene concesso tutto e subito perciò il richiamo, la puntualizzazione, ogni tentativo di mantenere un certo stile, ogni stimolo alla comprensione dell’errore, tutte le metodiche per far crescere la consapevolezza, i percorsi per potenziare la capacità critica, vengono considerati lesivi della personalità.

La superprotezione dei genitori, inconsapevolmente, determina una serie di barriere dissuasive in grado di rallentare e spesso di compromettere definitivamente ogni programmazione educativa. Se ci avviciniamo ai tanti capannelli dove gli insegnanti si scambiano sogni e perplessità, delusioni e speranze, amarezze e gratificazioni, molto spesso i toni risultano alquanto scoraggianti:  si parla di genitori critici delle sollecitazioni di un maggiore impegno richiesto ai loro figli; si parla di bambini non più rimproverabili perché a rischio di depressione.

Quando incominciare? Subito, è la risposta; dove subito coincide con i primi mesi di vita, con l’inizio della scuola materna. Se l’amore non andrà in ferie, i genitori prima e gli insegnanti dopo, sapranno richiamare senza offendere, sostenere senza creare dipendenza, essere sempre ombra luminosa, seminare fiducia per far germogliare autonomia.

Queste brevi argomentazioni chiamano a raccolta principalmente i genitori, proprio sulle loro responsabilità. Mi auguro trovi accoglienza feconda  quel polline che, con tanta fiducia, continuo ad affidare alle ali del vento.

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