Per le conseguenze economiche della pandemia non si dimentichi l’art. 3 della Costituzione
Di Emanuela Maccarrone
“Rigenerare la società e non ritornare alla cosiddetta ‘normalità’, che è una normalità ammalata” sono state queste le parole usate da Papa Francesco durante l’udienza tenutasi il 30 settembre nel cortile di San Damaso.
Il Santo padre ha spronato a migliorare le condizioni socio-economiche invitando a dimenticare quella normalità pre-covid, per creare una società basata sull’uguaglianza, quella vera.
In un articolo pubblicato il 25 settembre dalla Coldiretti, la Confederazione avverte che il numero dei poveri è salito a 4 milioni; cittadini che per avere un pasto spesso sono già costretti a contare sulla solidarietà.
C’è un ‘Italia che combatte anche le conseguenze economiche causate dalla pandemia: è l’Italia dei cittadini che deve scontrarsi con la mancanza del lavoro, le condizioni precarie e i rincari, un’Italia sofferente che vive sulla ‘propria pelle’ i disagi e le preoccupazioni.
‘Il bene comune richiede il benessere sociale e lo sviluppo del gruppo stesso. Certo, spetta all’autorità farsi arbitra, in nome del bene comune, fra i diversi interessi particolari. Essa però deve rendere accessibile a ciascuno ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana: vitto, vestito, salute, lavoro, educazione e cultura, informazione conveniente, diritto a fondare una famiglia ecc’. È questo l’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica che, in uno Stato laico, è un utile giudizio morale quando si tratta di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo.
In un momento d’incertezza come quello che si sta vivendo si spera che l’art. 3 della Costituzione italiana, che racchiude il principio di uguaglianza e che riguarda tutti i cittadini, venga davvero preso in considerazione. È questione anche di etica e non solo di comportamento legittimo.