Il Parlamento tra legittimitá e legittimazione e le mosse di Mattarella
Di Daniele Trabucco*
Mi é stato chiesto, in questi giorni, a seguito della vittoria del SÌ al referendum costituzionale avente ad oggetto la legge di revisione sulla riduzione del numero dei parlamentari, se l’attuale Parlamento puó, nell’anno solare 2022 ossia quando si conclude il settennato del Presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella, eleggere in seduta comune ed integrato dai delegati regionali, come stabilisce la Costituzione vigente ex art. 83, il nuovo Capo dello Stato.
A riguardo, mi pare doveroso distingure tra legittimitá e legittimazione. Il primo é un concetto che attiene alla sfera giuridica: essendo le Camere nel pieno delle loro funzioni, l’Assemblea legislativa riunita in seduta comune ed integrata dai delegati delle Regioni eleggerá il futuro Presidente in maniera pienamente legittima. Il secondo, invece, é di natura politologica: la vittoria del Sì, al di lá delle tempistiche di entrata in vigore della legge costituzionale di modifica, rende certamente i due rami del Parlamento italiano privi di autorevolezza.
Ora, il Capo dello Stato, per ricucire il rapporto tra rappresentanza e rappresentativitá spezzatosi dopo la consultazione referendaria, potrebbe (non sussiste alcun obbligo) sciogliere anticipatamente le Camere, sentiti i rispettivi Presidenti, ai sensi dell’art. 88 del Testo fondamentale.
Un’ipotesi di scuola, accolta da una parte della dottrina costituzionalistica minoritaria, ma non priva di fondamento soprattutto se, alla vittoria del Sí, si aggiunge l’irrilevanza politica del Movimento 5 Stelle confermata, dal 2018 ad oggi, in piu di una tornata elettorale.
Ovviamente Sergio Mattarella non lo fará mai: teme una maggioranza di centro-destra che esprima un Esecutivo di colore politico analogo.
* Costituzionalista