Le due colonne portanti della Dottrina sociale della Chiesa
Di Don Gian Maria Comolli*
La prima delle “colonne portanti” della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) è naturalmente la Bibbia, la radice, il punto di riferimento e la linfa vitale per il credente. Anche se non racchiude dottrine politiche o economiche e non propone soluzioni ai problemi della società o suggerimenti operativi o norme giuridiche ma unicamente indicazioni a volte generiche a volte universali, la Bibbia essendo un annuncio di salvezza è un faro per la DSC.
Dalla Scrittura va anzitutto colto che unicamente il rapporto con Cristo consente all’uomo e alle società di conoscersi e di realizzarsi. Da qui l’appello di San Giovanni Paolo II all’inizio del suo Pontificato: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna» (22 ottobre 1978).
La seconda colonna portante è la storia, costituita dall’evolversi degli avvenimenti determinati dalla libera volontà degli uomini, senza mai scordarsi però che il susseguirsi delle epoche, degli avvenimenti, delle guerre, delle dittature e dei grandi personaggi, e anche l’oggi è unicamente una cornice, poiché nella storia è presente, “qui” e “ora”, Dio.
Spesso discutendo della storia qualcuno la definisce “laica” o “profana”. In realtà la storia possiede un ampio e profondo “significato teologico”. Interessante per comprendere il concetto è il capitolo 3 del Vangelo di San Luca che presenta l’inizio della predicazione di Giovanni Battista. «Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa…» (vv.1-2). Il ricordo in poche righe di vari personaggi stupisce e interroga sull’avvenimento che sta per compiersi. Ma la risposta è semplice: «La Parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto». “Tutto qui”, afferma qualcuno. Tutto qui! Ma un “tutto qui” denso di significati poiché ci ricorda che la Parola si è incarnata e anche oggi si rivolge a ogni uomo, ed è la Parola che indirizza il mondo alla salvezza e insegna che nel tempo non tutto è passeggero poiché in esso si è inserito l’Onnipotente.
⃰ Don Gian Maria Comolli, ordinato sacerdote nel 1986, da trent’anni è cappellano ospedaliero. Dopo aver conseguito un dottorato in Teologia, una laurea in Sociologia ed aver frequentato diversi master e corsi di perfezionamento universitari, attualmente collabora con l’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano ed è segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia.
Testo pubblicato per gentile concessione dell’autore (tratto dal blog: www.gianmariacomolli.it).